la madre di Fausta prima di morire canta una parte terribile della sua vita (e di quella di molte altre donne).
Fausta è una ragazza che evita qualsiasi relazione con gli uomini, e usa un anticoncezionale diverso dal solito.
vive (naturalmente) in qualche favela dell'enorme periferia di La Paz e trova un lavoro presso una famiglia di ricchi, la padrona di casa è una musicista in crisi d'ispirazione che si abbevera ai canti di Fausta.
in quella casa Fausta conosce un giardiniere, una persona buona e gentile e...
un film (che merita) dell'altro mondo che nel 2009 aveva vinto l'Orso d'Oro al festival di Berlino.
buona (faustiana) visione - Ismaele
I traumi
delle madri ricadono sulle figlie. Fausta, nel Perù di oggi, è terrorizzata da
ciò che ha vissuto la generazione precedente la sua. Dalla violenza diffusa nel
Paese, dagli stupri ricorrenti. Per scampare a un analogo destino, mantiene la
massima distanza possibile dagli uomini, vivendo con una patata inserita nella
vagina. Un film furbetto e morboso? No, la storia di un travaglio esistenziale,
di una giovane donna che vive con la morte nella sua vita (quella della madre,
con cui mantiene idealmente una comunicazione anche successivamente al di lei
decesso) e nella sua testa, mentre la comunità circostante continua a celebrare
matrimoni. Una vicenda raccontata con il massimo riserbo, e con un approccio
non convenzionale, fatto di allusioni, contrappunti, metafore, dove grande
importanza è attribuita alle musiche (struggenti i brani in colonna sonora,
variazioni sul tema principale comprese), mai ingombranti: al canto, utilizzato
da Fausta come un veicolo per essere trasportata fuori dai suoi momenti più
dolorosi, al ruolo simbolico assegnato agli strumenti musicali. L'indagine,
inoltre, di ciò che del passato rimane nel presente: non tanto la memoria,
quanto piuttosto le conseguenze sociali…
…almeno una cosa buona
capita alla ragazza: conosce il giardiniere, l’unico uomo che con lei non sia
brutale ma rispettoso, con le persone come con le piante e i fiori. Lui le
parla in quechua, la sua lingua, quella in cui le parlava la madre, e poi la
raccoglie svenuta; la fa finalmente operare e si intuisce che quella patata sia
finalmente rimossa. Alla fine Fausta trova comunque un pugno di perle gettate
via o perse dalla signora e sarà grazie a quel piccolo tesoro che potrà portare
la madre verso il suo ultimo viaggio, in uno scenario da sogno ma anche da
incubo, dove le onde spumeggianti dell’oceano si infrangono contro una costa di
dune sabbiose e deserte…
Tutto ciò che Fausta vive lo spettatore lo coglie dai suoi sguardi, dai gesti, dalla luce del suo volto, spesso accostato al contrasto dei colori forti dei fiori o della terra che ne risaltano ancora di più la bellezza intensa, utilizzata per addolcire quel dolore di cui comunque il film non manca di farsi carico, seppur con una delicatezza insolita e fortemente femminile.
Fausta è un personaggio dall'assoluta originalità. Non
poteva essere altrimenti visto che la regista è Claudia Llosa che già
in Madeinusa, mai distribuito in Italia,
aveva dato prova di altrettanta originalità. In quel caso in un paesino
disperso sulle cime delle Ande il carnevale si celebrava negli ultimi giorni
della Settimana Santa partendo dal principio che ogni sregolatezza in
quelle ore è permessa perché 'Dio è morto e non vede i peccati degli uomini'.
L'estetica al femminile del cinema latino contemporaneo trova in questo film una realizzazione meticolosa, volta a potenziare per immagini e atmosfere il realismo magico di un Paese sconosciuto ai più, e soprattutto trova un’opera complessivamente poco ammiccante verso le aspettative del pubblico: una virtù non da tutti, oggi. Teta asustada ovvero Il canto di Paloma ha incantato la Giuria all’ultima Berlinale decretandolo Orso d'Oro all'unanimità: è la prima volta per un film peruviano.
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