un gioielliere ebreo, in Francia, coi nazisti, deve fuggire.
la famiglia parte, lui deve restare, nascosto nella cantina del suo negozio, ceduto a un dipendente, con la promessa di riaverlo dopo la guerra.
ma l'avidità, come sempre, è in agguato.
ottimo regista e ottimi, come sempre, Daniel Auteuil e Sara Giraudeau.
buona (seminterrata) visione - Ismaele
…La sceneggiatura che il regista ha scritto con Sarah
Kaminsky restituisce impeccabilmente e minuziosamente la trasformazione di un
uomo senza talento e con una gran voglia di riscatto (è poliomielitico) che,
ubriaco per l'incredibile opportunità ricevuta, scende nei più sordidi
bassifondi morali, stringe un'amicizia putrida con l'ufficiale della Gestapo
che gli ha procurato numerosi clienti tra i nazisti occupanti (interpretato da
Nikolai Kinski, il figlio di Klaus), il tutto sotto lo sguardo attonito di una
moglie in equilibrio precario tra l'amore per il consorte e il senso di
giustizia nei confronti di quell'uomo semirecluso che ha fatto la loro fortuna.
Nota a parte per la prova miracolosa dei due protagonisti, che conferma Daniel
Auteuil come uno dei migliori attori al mondo.
A Parigi, durante l'occupazione nazista, per evitare il
sequestro del negozio, un gioielliere ebreo lo vende fittiziamente a un suo
lavorante con il patto che questi lo restituirà alla fine della guerra...
Spunto non nuovo ma sviluppo originale per questo dramma che si svolge quasi
interamente in interni contrapponendo l'umanità umiliata ma sempre salda del
primo con l'incarognimento progressivo del secondo causato dall'avidità e dalla
voglia di rivalsa sociale. In un film che conserva l'impostazione teatrale di
origine, gli attori sono fondamentali e qui offrono prove eccellenti.
scrive Mauro Gervasini:
Parigi, 1942, tedeschi dappertutto. Mercier è un
umile artigiano orafo innamorato della moglie Blanche, senza ambizioni che non
siano quelle strettamente familiari. Ma il suo principale, il gioielliere ebreo
Haffmann, gli propone un patto che potrebbe evitare a lui la deportazione e
assicurare all’altro un futuro radioso. Da un testo teatrale pluripremiato di
Jean-Pierre Daguerre, Fred Cavayé, autore di una memorabile trilogia polar (Pour elle, Point Blank, Mea culpa, gli ultimi due su Prime Video), modifica sguardo e
personalità di Mercier (Gilles Lellouche) diminuendone l’ambiguità e aumentando
l’involuzione morale, come a ritornare al noir intimo dell’esordio. Un uomo
ordinario che la condizione straordinaria cambia nel profondo, e non in meglio.
Il lato oscuro di L’ultimo metrò, il capolavoro (per chi scrive) di Truffaut la
cui eco, qui, è fortissima; non c’è il teatro ma ci sono i sotterranei e i
bassifondi della civiltà. Blanche (Sara Giraudeau) è il deus ex machina, Haffmann (Daniel Auteuil) la vittima designata
ma non scontata, e l’ufficiale della Gestapo Jünger (Nikolai Kinski, figlio di
Klaus) il quarto incomodo. Prova d’attori superba, in particolare quella di
Giraudeau, anche lei figlia d’arte (il babbo è il mitico Bernard Giraudeau),
scissa tra l’amore dubitante per Mercier e la preoccupazione per Haffmann.
Montmartre al servizio degli scenografi trasformata in piena pandemia (il
confinamento ha conferito un tono ancora più spettrale agli esterni) e riprese con
lenti anamorfiche in CinemaScope, ad aumentare la qualità di immagini nate per
il grande schermo. Cavayé è uno bravo, qui lo dimostra alla grande.
Nessun commento:
Posta un commento