domenica 1 maggio 2022

Non buttiamoci giù - Pascal Chaumeil

tratto da un romanzo di Nick Hornby girano un film così così, meglio se restava romanzo.

attori bravini, ma non si crea l'alchimia per un film come si deve.

qualche anno fa avevo visto un altro film con dei suicidi, niente di speciale anche allora.

buona (suicida) visione - Ismaele


 

 

 

 

….Tratto direttamente dall’omonimo bestseller della star inglese Nick Hornby, il film mi sembra riuscito solo a tratti. Mi spiego meglio. Alcune delle fasi della storia sono ben costruite e si sviluppano in maniera leggera e coinvolgente, è invece il legame tra queste che non funziona: a volte sembra non esserci proprio, mentre altre, anche se se ne percepisce la presenza, questa è davvero poco tangibile e comunque non in maniera sufficiente da poter essere funzionale e addirittura centrale nello sviluppo della trama e nella percezione da parte dello spettatore dei suoi significati. La commedia è comunque garbata e si fa apprezzare per alcuni spunti, in particolare da parte di Pierce Brosnan e soprattutto di Imogen Poots, con un futuro radioso davanti nel mondo del cinema a patto che sappia evitare di svendersi per portare a casa dei soldi che, oggettivamente, non sono ciò a cui un talento puro come il suo può e deve aspirare. Buona la fotografia e interessante la grafica usata per i contenuti testuali presenti in alcuni momenti nella pellicola. Adatto a tutta la famiglia e in particolare alle persone di età più elevata proprio perché in grado di sopperire con una forte immedesimazione alle lacune presenti nella storia. Gradevole.

da qui

 

Adattato da un romanzo di Nick Hornby questo film di Pascal Chaumeil sembra rendere il servizio peggiore alla parola dello scrittore inglese, abitualmente saccheggiato dal cinema, presentandosi immediatamente come il peggior adattamento da una sua opera. Goffo nel procedere e puerile nello sviluppare personaggi incoerenti che si muovono in situazioni strabiche, Non buttiamoci giù non solo non serve il suo intento ma riesce a cadere in tutte le trappole più rischiose di un argomento spinoso. Raccontare il suicidio (o meglio l'istinto suicida) in una commedia non è cosa facile e Non buttiamoci giù ne è la perfetta dimostrazione. I quattro protagonisti, stretti tra loro dal legame creato dalla comune volontà di farla finita in una notte di capodanno, si comportano come vecchi amici in libera uscita, felici e spensierati attraversano piccoli drammi o storie d'amore e tradimento ricordando solo a tratti, in stonati momenti drammatici, di essere degli ex-suicidi. La contaminazione della commedia non riesce a bilanciare il sottofondo serio e drammatico, snaturandolo ogni 5 minuti, in una costante incapacità di mescolare i toni e i registri.
In questo non aiuta per niente l'idea di dividere il film in capitoli, ognuno con il nome di un personaggio e lasciando ad esso la narrazione di quel tratto. La suddivisione infatti è solo una facciata che regge i primi 5 minuti dopo la comparsa del nome del capitolo, passato quell'attimo il film continua a procedere come nulla fosse, senza aver cambiato punto di vista e senza porre maggior attenzione su quel personaggio, come se si trattasse di una frammentazione posticcia, aggiunta a film ormai terminato. Sensazione che ben descrive anche il resto delle soluzioni del film…

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… I tempi comici/drammatici, schedati dalla colonna sonora insignificante, dal montaggio televisivo e dalla regia anonima, sono tutti completamente sballati anche prendendo come riferimenti gli standard medio-bassi della roba proprinataci in televisione, perché né si ride né si piange né si prova alcunché. Ci si chiede piuttosto dove va a parere simile dispiego di attori di solito bravi (da Rosamund Pike a Sam Neill) in bassezze cinematografiche del genere. 
Se poi nel romanzo l'ironia era abbastanza acida, per non dire macabra, essendo in stretto contatto con i protagonisti (tanto da prenderli sul serio solo relativamente) e la loro depressione, qui il sarcasmo non scalfisce nemmeno da lontano il politically correct, e non bastano i vezzi di Imogen Poots per dare al film un aspetto biricchino, tutto è già sepolto come terra arida e inerte. Non siamo nemmeno nell'insulso, nel ridicolo involontario o in qualcosa di essenzialmente sbagliato: è semplicemente tutto un trionfo di banalità e di ingenuità, né più né meno. L'invadenza mediatica rappresentata non sembra nemmeno da lontano un vero problema, e la simpatia nei confronti dei personaggi non attacca nemmeno un attimo, forse perché alla fine sono tutti dannatamente buoni anche se sono pedofili, drogati o semplicemente soli. Didascalico piattume, siamo immersi in una drammatica indifferenza.

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Una visione di "Non buttiamoci giù" per me era in un certo senso "obbligatoria" perché qualche anno fa avevo letto il libro omonimo di Nick Hornby: senza volerne fare una critica letteraria, potrei dire che il romanzo lascia trasparire una forte personalità di scrittore, è molto ricco di riferimenti artistici e soprattutto musicali e tratta con disinvoltura temi difficili come la depressione e il fallimento in chiave di "black comedy", ma è anche piuttosto faticoso nella narrazione che segue i pensieri dei quattro protagonisti e si perde in alcune divagazioni superflue. Purtroppo, il film sembra ereditare soprattutto i difetti del testo, perdendo per strada pure l'ironia spietata che risulta una delle arme vincenti di Hornby. La storia dei quattro aspiranti suicidi che si aiutano a vicenda in un patto di mutuo soccorso sembra piuttosto forzata fin dall'inizio, con situazioni e snodi narrativi che restano in superficie, anche se non manca qualche discreta intuizione qua e là (l'ansia materna di Toni Collette verso il figlio disabile è resa in maniera convincente). La narrazione a focalizzazione multipla del libro è appena accennata e la parte della vacanza in una località tropicale occupa fin troppo spazio; buono però il finale con l'idea della chat su internet. Nel cast Pierce Brosnan è scipito, la Collette ripete il suo solito personaggio di sfigata, Aaron Paul bamboleggia mentre Imogen Poots riesce a dare un po' di pepe al personaggio di Jess. Non il disastro totale riportato da molti critici, ma comunque una delusione.

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Il gruppo di misfits con le sue singole problematicità messe in campo, non riesce a trovare un afflato comune ma è utilizzato per mischiare due registri, quello comico e quello più drammatico che complessivamente stona e confonde la reale portata della volontà del gesto. Lo spettatore fino all’ultimo non percepirà mai a fondo le cause, i tormenti, le circostanze esistenziali o mentali dei quattro. Un po’ di rimmel che cola dagli occhi di Jess, le fatiche e la routine dedicata ad un figlio disabile, uno scandalo giudiziario e un mal de vivre mai catturato da una telecamera impersonale (che ripiega in sequenze intime e riflessive con accompagnamento musicale) imbastiscono un affresco sulla possibilità e la speranza non toccando veramente e profondamente le corde morali e intime di chi di quel dolore dovrebbe percepirlo e dunque comprenderlo.

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