venerdì 27 maggio 2022

American History X - Tony Kaye

Tony Kaye è un grande regista che gira film poco adatti agli indifferenti.

ottimi attori in una storia di prigione e scuola, di violenza e riscatto. 

un bellissimo film sulla denazificazione, che non passa mai di attualità.

non perdete questo gioiellino, se vi volete bene.

buona (denazificata) visione - Ismaele

 

 

Scritto da David McKennaAmerican History X è un film che non può lasciare indifferenti: per l’intensità della storia che racconta, e per la gravità dei temi che affronta. Tony Kaye, regista britannico che era qui alla sua opera prima, ha scelto una tecnica di ripresa nervosa proprio per descrivere la tensione che si può percepire continuamente durante il film, a ogni azione dei personaggi in scena. Lo sviluppo dell’opera si può comunque considerare su due piani incrociati ma distinti.

La narrazione procede infatti tra il presente e il passato, innanzitutto con il nuovo Derek ma anche con quello di prima. I flashback lo mostrano quando guidava spedizioni “punitive” contro negozianti e individui, quando sfidava e batteva gli afro-americani per scacciarli dalle zone che frequentava, per cercare una rivalsa dopo che il padre, pompiere (e anch’egli razzista), era stato ucciso da uno spacciatore nero.

E questo aveva scatenato l’odio razziale dell’uomo, assunto a capo di una gang come moltissime che la cronaca statunitense descrive di continuo. E certamente il film attinge dalla realtà, in particolare dai fatti che accadono nel profondo Sud degli USA dove i residui della mentalità razzista contro ispanici e neri si mescolano con derive neonaziste, rendendo invivibili le città per le minoranze perseguitate e disprezzate.

Padri che inculcano teorie distorte ai figli che a loro volta le trasmetteranno ai propri, così come per il più giovane Danny, plagiato da gente miserevole e spregevole. Ma la successiva redenzione di Derek, che tenterà di salvare il fratello, è quel barlume di speranza che qualcosa potrebbe cambiare, dopo tanta cieca violenza, verso un mondo dove il perdono per i carnefici e l’integrazione apparirebbero possibili. Nonostante le carenze delle famiglie, delle strutture scolastiche, e di una società posseduta dai demoni neri
dell’intolleranza…

da qui

 

American History X è un film del 1998 diretto da Tony Kaye. Il tema principale è il razzismo, con il rischio di scivolare nel banale dietro l’angolo; d’altronde basta farsi un giro su internet per capire come “didascalico” sia uno degli aggettivi più utilizzati per criticare negativamente questa pellicola. È proprio da questa critica mossa nei suoi confronti che voglio ripartire, in quanto, sebbene a tratti il film si dimostri zelantemente istruttivo, lo fa senza essere quasi mai scontato o melenso.

In un territorio abitato da innumerevoli popoli, i colori della pelle appaiono come divise sportive per cui giocare partite al veleno contro chiunque non indossi la stessa casacca. Un match continuo carico di odio verso il prossimo e senza alcuna esclusione di colpi per cui sono convocate tutte le comunità presenti, da quella nera a quella neonazista, da quella asiatica a quella ebrea, passando per l’ispanica.

Un clima di estrema tensione sociale in cui tutti sembrano avere valide ragioni per odiare il diverso, rendendo perciò difficile capire che si sta combattendo per una causa fasulla.

Bianchi, neri o gialli, i razzisti saranno sempre una razza a parte: quella degli stronzi.

da qui

 

What we get, finally, is a series of well-drawn sketches and powerful scenes, in search of an organizing principle. The movie needs sweep where it only has plot. And Norton, effective as he is, comes across more as a bright kid with bad ideas than as a racist burning with hate. (I am reminded of Tim Roth's truly satanic skinhead in “Made in Britain,” a 1982 film by Alan Clarke.) Kaye wanted to have his name removed as the film's director, arguing that the film needed more work and that Norton re-edited some sequences. We will probably never know the truth behind the controversy. My guess is that the post-production repairs were inspired by a screenplay that attempted to cover too much ground in too little time and yet hastens to a conventional conclusion.

Still, I must be clear: This is a good and powerful film. If I am dissatisfied, it is because it contains the promise of being more than it is.

da qui

 

 

 

 


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