Tony Kaye è un grande regista che gira film poco adatti agli indifferenti.
ottimi attori in una storia di prigione e scuola, di violenza e riscatto.
un bellissimo film
sulla denazificazione, che non passa mai di attualità.
non perdete questo gioiellino, se vi volete bene.
buona (denazificata) visione - Ismaele
…Scritto da David McKenna, American
History X è un film che non può lasciare indifferenti: per
l’intensità della storia che racconta, e per la gravità dei temi che
affronta. Tony Kaye, regista britannico che era qui alla
sua opera prima, ha scelto una tecnica di ripresa nervosa proprio per
descrivere la tensione che si può percepire continuamente durante il film, a
ogni azione dei personaggi in scena. Lo sviluppo dell’opera si può
comunque considerare su due piani incrociati ma distinti.
La narrazione procede infatti tra il presente e il
passato, innanzitutto con il nuovo Derek ma anche con quello di prima. I
flashback lo mostrano quando guidava spedizioni “punitive” contro negozianti e
individui, quando sfidava e batteva gli afro-americani per scacciarli dalle
zone che frequentava, per cercare una rivalsa dopo che il padre, pompiere (e
anch’egli razzista), era stato ucciso da uno spacciatore nero.
E questo aveva scatenato l’odio razziale dell’uomo,
assunto a capo di una gang come moltissime che la cronaca statunitense descrive
di continuo. E certamente il film attinge dalla realtà, in particolare dai
fatti che accadono nel profondo Sud degli USA dove i residui della mentalità
razzista contro ispanici e neri si mescolano con derive neonaziste, rendendo
invivibili le città per le minoranze perseguitate e disprezzate.
…American History X è
un film del 1998 diretto da Tony Kaye. Il
tema principale è il razzismo, con il rischio di scivolare nel banale dietro
l’angolo; d’altronde basta farsi un giro su internet per capire come
“didascalico” sia uno degli aggettivi più utilizzati per criticare
negativamente questa pellicola. È proprio da questa critica mossa nei suoi
confronti che voglio ripartire, in quanto, sebbene a tratti il film si dimostri
zelantemente istruttivo, lo fa senza essere quasi mai scontato o melenso.
In un territorio abitato da innumerevoli popoli, i colori della pelle
appaiono come divise sportive per cui giocare partite al veleno contro chiunque
non indossi la stessa casacca. Un match continuo carico di odio verso il
prossimo e senza alcuna esclusione di colpi per cui sono convocate tutte le
comunità presenti, da quella nera a quella neonazista, da quella asiatica a
quella ebrea, passando per l’ispanica.
Un clima di estrema tensione sociale in cui tutti sembrano avere
valide ragioni per odiare il diverso, rendendo perciò difficile capire che si
sta combattendo per una causa fasulla.
Bianchi, neri o gialli, i razzisti saranno sempre una razza a parte:
quella degli stronzi.
…What
we get, finally, is a series of well-drawn sketches and powerful scenes, in
search of an organizing principle. The movie needs sweep where it only has
plot. And Norton, effective as he is, comes across more as a bright kid with
bad ideas than as a racist burning with hate. (I am reminded of Tim Roth's
truly satanic skinhead in “Made in Britain,” a 1982 film by Alan Clarke.) Kaye wanted
to have his name removed as the film's director, arguing that the film needed
more work and that Norton re-edited some sequences. We will probably never know
the truth behind the controversy. My guess is that the post-production repairs
were inspired by a screenplay that attempted to cover too much ground in too
little time and yet hastens to a conventional conclusion.
Still, I must be clear: This is a good
and powerful film. If I am dissatisfied, it is because it contains the promise
of being more than it is.
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