martedì 10 maggio 2022

Suspiria – Dario Argento

quando Dario Argento era giovane faceva film come questo, come una fiaba nerissima, coloratissima, con molto rosso sangue, in un complotto di streghe ai danni della giovinezza.

anche se si guarda più di una volta il film non stanca mai, promesso.

buona visione - Ismaele


 

 

 

 

L'inizio è fulminante per la scelta delle atmosfere, la rapidità dell'azione e la capacità di introdurre in modo efficace e visualmente straordinario un clima enigmatico, surreale e minaccioso. Si vede subito la mano di un autore in stato di grazia che azzecca tutte le mosse, realizzando un film che diventa un classico istantaneo, un paradigma influente per molto dell'horror successivo. Caratteristico è l'uso del colore, che ha chiare ascendenze baviane (da Mario Bava), ma persegue un percorso personale di grande fascino visuale. Ogni svolta narrativa è occasione per esprimere controllo e maestria. Magistrale è anche la gestione di episodi minori, come per esempio l'invasione di larve dalla soffitta. Raffinati giochi di luce e una costante applicazione di fantasia registica sia nei movimenti di macchina sia nella pura messa in scena accompagnano senza sforzo l'azione in un tripudio estetico che è una gioia per gli occhi…

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Suspiria è infatti il lavoro più raffinato e registicamente ambizioso della carriera di Dario Argento, la perfetta fusione fra il mondo delle fiabe che ha influenzato la crescita di ognuno di noi e le atmosfere torbide e inquietanti tipiche del grande cineasta italiano. La prima cosa che balza anche all’occhio dello spettatore meno attento è la sublime fotografia curata da Luciano Tovoli, che grazie allo strepitoso utilizzo di colori accesi e dominanti (in particolare, ovviamente, il rosso sangue) e a deliziosi giochi di luce e ombra riesce nel duplice intento di creare il necessario clima di costante suspense e le surreali atmosfere su cui è imperniato il racconto…

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Questa storia ha inizio in una notte buia e tempestosa, con una ragazza sperduta che cerca riparo in un castello. Sembra l’incipit di una fiaba dei fratelli Grimm, mentre invece si tratta del Capolavoro di Dario Argento: Suspiria.

Fu proprio Biancaneve e i Sette Nani, a ispirare il regista italiano per la messa in scena caleidoscopica di Suspiria, i cui colori sgargianti irretiscono lo sguardo dello spettatore trasportandolo in un luogo sospeso tra realtà e magia, dove il rosso del sangue diventa un dolce nettare per le api regine. 

Siamo in un alveare, in effetti: l’Accademia di Danza di Friburgo dove Susy consuma l’incubo di Suspiria è il covo di una congrega di streghe: le Tre Madri. Dario Argento trasse ispirazione dal romanzo Suspiria de Profundis dello scrittore inglese Thomas de Quincey, che nel 1845 affermò di aver sognato le tre madri del dolore: Mater Lacrimarum, Mater Tenebrarum e infine la più potente, Mater Suspiriorum. 

Suspiria è il primo capitolo della così detta Trilogia delle Tre Madri, proseguita nel 1980 con Inferno e nel 2007 con La Terza Madre. Per dare forma al mondo allucinato di Suspiria, Dario Argento visitò le città dell’occulto europee, ovvero Torino, Lione e Praga, nonché la Scuola di Walford a Basilea, situata nel così detto “triangolo magico” formato dalla sovrapposizione dei confini di Francia, Germania e Svizzera. 

Un viaggio che il regista intraprese per cercare l’essenza di quello che definiamo esoterismo, scienza antica che si interroga sulla natura interna dell’uomo attraverso l’introspezione, alla riscoperta di noi stessi, alla conoscenza della nostra “natura interna”, della Verità…

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Suspiria è una fiaba nera. Per questo ha per unica ambientazione (o quasi) un non-luogo come l’accademia di danza persa nel folto della foresta; dall’accademia non si può scappare, si preferiscono le studentesse che dormono lì invece di affittarsi un appartamento in città, e non ci si allontana neanche quando i vermi infestano lo stabile, terrorizzando le ballerine che se li ritrovano nei capelli, sui mobili, nel bagno. Non si esce dall’accademia, perché è già il ventre della Markos, una porta sull’inferno, il punto di collegamento tra il reale e il soprannaturale. Argento non rinuncia alla tentazione di dotare la struttura di passaggi segreti, ulteriore retaggio del fantastico che aveva già utilizzato in Profondo rosso, ma per il resto l’accademia appare davvero come un corpo vivo, ansimante, ingordo di carne giovane. Quando alla fine del film brucia, in un altro memorabile acquazzone, sembra di sentir gridare di dolore la magione stessa, come la Manderley descritta da Alfred Hitchcock in Rebecca, la prima moglie.
Suspiria radicalizzerà la naturale propensione di Argento per il corto circuito logico, e nel corso della narrazione va incontro a più di un paradosso: ma le supposte incongruenze non riescono in nessun modo a scalfire l’immaginifico splendore di un’opera che ha il coraggio di sondare il significato ancestrale del termine paura, e la sua applicazione all’interno di una realtà oggettiva.

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2 commenti:

  1. Un film che ho rispolverato da poco e sempre affascinante.
    Assolutamente no per il remake che non mi è piaciuto per niente, salvo una scena e se lo hai visto (sicuramente), avrai capito quale.
    Con Dario Argento vorrei tanto vedere Vortex di Gaspar Noe di cui ho letto un gran bene, purtroppo solo in due sale italiane ho letto. Sulle piattaforme se ti interessa lo trovi, pare che Darione sia davvero bravo. 👋

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    1. l'ho visto solo adesso, due volte, a distanza di qualche giorno, non si finisce mai di recuperare gioiellini del passato.
      del film di Guadagnino non so, ma questo mi basta, quasi sempre la copia sta sotto l'originale, va bene così.
      per Vortex aspettiamo...

      buone visioni :)

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