dopo il miracolo di Ratataplan Maurizio Nichetti gira un altro gilm, senza che lui dica una parola.
è il protagonista, naturalmente, come un comico del cinema muto, non poteva parlare.
e il film ha una storia, di ragazze che cercano un posto nella vita, e anche Maurizio Nichetti lo cerca, fra tante gag superlative.
tutti bravi, in una storia bella e un po' folle, che parla dei tempi moderni.
non perdetevelo, tra l'altro il biglietto è gratis.
buona (semiseria) visione - Ismaele
QUI il film
completo
Tre
ragazze sopravvivono dividendosi un appartamento in attesa della grande occasione.
Arriva invece il cugino di una di loro, che si è risvegliato dopo aver dormito
15 anni! Nichetti, ancora una volta senza parole per tutto il film,
affronta una realtà che non può conoscere. La pubblicità, il matrimonio, il
grande Strehler sono miti che vanno in frantumi davanti all’agire ingenuo del
giovane dal sonno pesante.
A un anno di distanza da Ratataplan,
Maurizio Nichetti prosegue quasi obbligato dai produttori il suo discorso
cinematografico con Ho fatto splash. Questa volta il regista, pur non
rinunciando alla consueta autoreferenzialità del suo personaggio che mantiene
le stesse caratteristiche del film d’esordio, decide di concedersi maggiormente
all’immediatezza e a un pubblico meno esigente. Ho fatto splash si caratterizza
infatti con una sceneggiatura più robusta e dialogata e con personaggi quasi
realistici, non sempre semplicemente abbozzati a icone clownesche.
Il protagonista non è infatti Nichetti, lo
è in parte e sullo sfondo, ma è un trittico femminile di amiche che dividono un
appartamento della vecchia Milano: Angela, Luisa e Carlina, i personaggi hanno
gli stessi nomi dei protagonisti…
il film scorre molto
piacevolmente sul doppio binario della commedia realistica brillante, sostenuta
dalle tre ragazze, e dal comico surreale e clownesco di Nichetti, che si avvale
con rispetto ma anche con creatività dei modelli del cinema comico del passato,
mettendo insieme le occhiate complici di Oliver Hardy alla fisicità acrobatica
di Buster Keaton e alle invenzioni mimiche di Tati. Con Tati condivide l'idea
del mutismo ostinato, interrotto da una sola frase, che dà il titolo al film.
La cosa buffa è che né a Hulot né a Maurizio nessuno chiede mai perché non
parlano. Lo schema prevalente è quello della distruzione involontaria
dell'ordine costituito: il set pubblicitario, la cerimonia in chiesa, il pranzo
nuziale, la Tempesta al Piccolo Teatro. Nichetti disordina l'ordinario, ma
sempre con l'arma dell'ingenuità. Bravi tutti gli attori, anche quelli di
contorno. Gradevoli le musiche di Detto Mariano.
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