venerdì 13 maggio 2022

Marilyn ha gli occhi neri - Simone Godano

mi ha ricordato un po' Si può fare, di Giulio Manfredonia, la missione impossibile di far gestire un'attività commerciale a persone con dei problemi mentali.

gli attori sono bravi, Miriam Leone è bravissima, Stefano Accorsi è straordinario.

il film non annoia mai, è una fiaba a lieto fine, ma tutto torna e ha un senso, non si possono guardare solo film tragici.

buona (matta) visione - Ismaele

 

 

Marilyn ha gli occhi neri costruisce un racconto fatto di momenti e di piccoli sprazzi di luce nel buio, che pur con qualche ingenuità di scrittura (la prolungata assenza di controllo sui pazienti, l’abbozzato rapporto di Diego con la sua famiglia, l’abborracciato epilogo) riesce nell’intento di intrattenere e di fare sentire chiunque un po’ meno solo. Merito di un cast brillante e affiatato, ma soprattutto di un’attenzione particolare alla caratterizzazione dei protagonisti, simboli di un’umanità gracile e annientata, che nonostante tutto riesce a ricostruire sulle macerie e a rimettersi in cammino verso la felicità.

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…Godano mette in scena un ventaglio di stranezze ed eccentricità per raccontare senza pietismo e con piglio ironico le ossessioni e le frustrazioni del nostro tempo attraverso un gruppo di personaggi nevrotici che si muovono all’interno di spazi chiusi, metaforicamente e fisicamente. Mura di separazione e protezione dall’incomprensione e dal giudizio sociale, che diventano allo stesso tempo celle di isolamento e autocommiserazione. Fino al ribaltamento dei ruoli, la forzata trasformazione d’immagine, che passa necessariamente attraverso i social (rivelatoria in questo senso la sequenza dei “trucchi” per ricreare i piatti gourmet da fotografare). Il punto di svolta si ha quando l’esterno, il reale, tenta di fare il suo ingresso in quel safe space di marginalizzazione falsamente abbellito per compensare un’umana esigenza di normalità.

A muovere i fili produttivi di Marilyn ha gli occhi neri non sorprende ritrovare Matteo Rovere e la sua Groenlandia, che aveva già prodotto i due precedenti film di Godano, Moglie e marito e Croce e delizia. Per compensare l’immagine patinata costruita da Clara, il regista torna a lavorare sui corpi dei propri attori (com’era stato per Smutniak e Favino in Moglie e marito) per spogliarli dell’aura da divi da copertina: Accorsi è abbruttito, gobbo e invecchiato, decisamente credibile nella parte di Diego, a fronte di una Leone “stratificata”, di abiti, gesti e toni fin troppo sopra le righe. Nonostante i momenti tra i due protagonisti (che tornano a lavorare insieme dopo la serie 1992) talvolta scontati e tendenti alla macchinosità, nello sforzo di mantenere l’equilibrio tra naturalezza recitativa e complessità psichica, le scene corali convincono e divertono senza esitazione.

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In un film narrativo in cui l’elemento umano ha un ruolo da protagonista, la gran parte del successo è affidata all’interpretazione. Nel caso dei personaggi di Chiara e Diego, poi, le difficoltà sono amplificate dal pericolo di esagerare cadendo nella macchietta. Per questo il lavoro svolto da Stefano Accorsi e Miriam Leone, singolarmente e in coppia, determina l’intero film. Nel caso del personaggio di Diego una caratterizzazione fisica ben precisa è, al tempo stesso, un vantaggio e un limite a livello interpretativo. In modo particolare, la gestione e la modulazione del tic, come della balbuzie, in alcuni momenti risulta sovrabbondante e non necessaria. A ristabilire la giusta armonia è l’interpretazione asciutta, almeno nella forma, di Chiara. Le sue inquietudini, infatti, vivono e proliferano esclusivamente all’interno determinando un’incosciente follia e una costante negazione. Nessun escamotage interpretativo per Miriam Leone che, forse, ha il compito più difficile in Marilyn ha gli occhi neri. Quello di avere una scintilla di follia senza mostrarlo. Insomma, praticamente come accade alla maggioranza delle persone.

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