durante la festa paesana le contraddizioni e le tensioni accumulate esplodono, come in un carnevale senza (troppe) inibizioni.
accade di tutto, violenze, sesso, e misteri.
allora (nel 1977) era un film maledetto, pur non essendo stato censurato, anche oggi non è una passeggiata, in tv non passerebbe mai, credo.
eppure è un film che, oltre agli eccessi, ha molte qualità.
buina (eccessiva) visione - Ismaele
“Essere estremo per me significa essere a-normale, cioè
fuori dalla norma. La norma è sopore, staticità, accettazione passiva
dell’esistente. La norma è immorale, perché vuole essere morale. La norma
disconosce l’etica universale. Essere normali significa non progredire e
accettare soltanto ciò che protegge i meccanismi dell’esistenza.
L’anormalità è desiderio di progresso, è ricerca e scoperta di nuove etiche e
morali adeguate ai cambiamenti che la norma nega… Sono anormale, non estremo.”
– Alberto Cavallone intervistato in Nocturno n.4, settembre 1997, p.46
Finalmente editata in DVD quest’opera controversa e
sconcertante da uno dei cineasti più radicali ed eccentrici della nostra
cinematografia, per anni rimosso dalla storia del cinema a causa della
sempiterna cecità dell’ingessata critica tradizionalista italica, poi
riscoperto grazie all’encomiabile lavoro del gruppo di “Nocturno”. Un cinema,
quello di Cavallone, che unisce forti aspirazioni intellettuali con pratiche
basse e malsane in un’amalgama esplosiva di sesso, violenza, politica, analisi
sociale, religione, arte, surrealismo, psicanalisi e ribellione.
Per il regista le immagini sono come proiettili, urticanti
pallottole in grado di ferire gli occhi e scuotere le coscienze.
Dopo diversi anni di permanenza a Castelnuovo di Porto,
paese in provincia di Roma, Cavallone decide di fare un film, ambientato
durante l’annuale festa paesana in onore del santo patrono, tradizionale
occasione in cui agli abitanti è permessa una scarica delle energie pulsionali,
altrimenti compresse e altamente pericolose per il mantenimento dell’equilibrio
sociale, momento dionisiaco in cui Eros e Thanatos si manifestano e si
intrecciano in tutta la loro crudele veemenza. Cavallone, con piglio insieme
documentaristico e provocatorio, realizza così un’opera complessa e sfacettata,
che rimanda come approccio e onestà intellettuale all’insostenibile capolavoro
apocalittico “Salò” di Pasolini (scatologia compresa).
La realtà paesana italiana viene fotografata con
implacabile lucidità nei suoi aspetti più reconditi e proibiti, in un’epoca in
cui la televisione non aveva ancora lobotomizzato le menti. La dice lunga sulla
sincerità del regista il fatto che nessuno degli abitanti del paesino
rappresentato, vedendo il film successivamente, si sia lamentato dell’immagine
mostrata o abbia protestato per la terribile crudezza della pellicola.
Ciò che emerge dalla visione trent’anni dopo, molto in
anticipo sui tempi per l’epoca, è una profonda angoscia esistenziale e politica
che permea e si conficca nelle esistenze dei protagonisti. Come giustamente
scrivono Pulici e Gomarasca, “le piccole comunità, che sono il futuro del
mondo, della società, rispecchiano con anticipo ciò che il mastodonte opererà
in seguito, dopo anni e anni”…
Ero
perplesso prima della visione: su Cavallone ne ho lette tante, la gente si divide
tra chi lo considera genio o mediocre regista di serie B. Come al solito la
verità sta nel mezzo (forse).
Spell, forse il suo film più conosciuto e
apprezzato insieme a Blue Movie e Maldoror (introvabile e perduto, ma diventato
leggenda) è un bel film che per fortuna non si perde nei cliché del cinema
erotico anni '70 italiano.
Pur ripetendosi e risultando alla lunga
stancante è certo che alcune immagini siano di una potenza surrealista e
visionaria dirompente, immagini non facili da dimenticare per la loro
fascinazione come quella del famigerato occhio vaginale (rimando bunueliano
distorto nel messaggio sessuale?) o l'atto di coprofagia nel finale.
Sesso dappertutto quindi e in tutte le sue
forme, specie le più aberranti, fino a far nascere un rigetto nello spettatore
ma anche un irresistibile tentazione di continuare a guardare: incesti,
macellai con quarti di bue, coprofagia, comunisti incalliti e sullo sfondo la
festa di un paesino provinciale sotto ritmi orgiastici. Non è difficile
scorgere nel microcosmo provinciale uno spaccato più ampio, estendibile a tutta
l'Italia; Cavallone d'altronde da quel che si reperisce era un uomo di vasta
cultura e questo è un film non adatto a tutti i palati. Chi lo vede troverà
somiglianze impressionanti con Jodorowsky, Arrabal e leggermente Bunuel ma
senza la classe di questi ultimi. Eppure con un senso del cinema come rottura
altrettanto dirompente ed estremo.
Un regista tutto da scoprire, per la prima
volta. E magari da ritrovare...
… Paolo Mereghetti concede tre stelle: “Probabilmente il
film più riuscito e originale del regista-sceneggiatore milanese che mette in
scena una violenza visiva inusitata, in cui la placida provincia viene fatta
interagire con un surrealismo e un erotismo che all’epoca non facevano parte
dell’immaginario dei mass media. Il discorso è alogico, ma inquietante e
disturbante: un viaggio nel’inconscio e nei lati più oscuri che non ha uguali
nel cinema italiano. Malsano, sincero e senza catarsi”. Sequestrato e poi
dissequestrato con 12 metri di tagli nella lunga scena con Paola Montenero in
piena performance erotica.
Alberto Cavallone confida a Nocturno Cinema,
nel corso del documentario Surrealismo o estremismo (2007),
confezionato da Pulici e Gomarasca: “Vivevo a castelnuovo di porto da sei anni
e avevo visto tutte le feste paesane e le processioni. Mi rendevo conto che la
grande festa annuale era lo scopo di tutto ed era un po’ come il carnevale
medievale: tutto sembrava permesso. Feci un film partendo da questa idea.
Inoltre spiegavo la provincia e infatti e piaciuto soprattutto in provincia,
perché la gente si è riconosciuta, ha trovato un po’ della sua vita. In città,
invece, non è stato capito e l’hanno visto in pochi. Ho girato un scena tratta
da un funerale vero e molte sequenze in presa diretta.
Ero terrorizzato all’idea che gli abitanti di Castelnuovo
vedessero il film e s’infuriassero. Invece la presero bene. Tutti, tranne il
prete che non digerì il fatto di aver dovuto fermare il funerale per
consentirmi di eseguire una ripresa migliore. Spell è
cinema surrealista al cento per cento. Per una mia precisa scelta”…
I. teorema (nello specchio)
l’elemento perturbante del quieto vivere
italico è un giovane sconosciuto che salta fuori da un cimitero- così: senza
perché, senza per come- e catalizza tensioni e pulsioni su di sé. è l’anormale
(?) che straripa nel panorama dell’uomo medio e lo spinge a guardarsi allo
specchio. esattamente come fa l’Arte: fotografa il presente, mette in
mostra come veramente siamo. e, quasi sempre, si tratta di immagini
sconvolgenti.
II. banchetto di lusso (l’Eterno Ritorno)
una festa di paese, per il santo
patrono, come se ne fanno a migliaia in tutta Italia e a cui non prestiamo più
nessuna attenzione. ma, se ci si ferma a pensare un momento, ecco saltar fuori
subito l’inquietante: la Festa diventa un grande, carnevalesco esorcismo
collettivo: contro la morte, contro le disgrazie; per dimenticare, per non
pensarci. per lasciarsi alle spalle il grigiore quotidiano e tuffarsi
nell’euforia dei sensi altrimenti addormentati; per non sentire la nausea della
vita che non abbiamo…
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