le feste di Natale più tristi del cinema, nel buio di Oslo.
sarà una coincidenza, ma nella vita vera la regista è sposata con Hans Petter Moland e hanno tre figli, il marito ha tre figli da un precedente matrimonio, e fanno sei, come nel film.
Anja e Tomas vivono insieme, senza troppo entusiamo, come capita, a volte.
Anja scopre di avere un tumore al cervello e dalla scoperta del tumore all'operazione passano 10 giorni, come capita dappertutto, sopratutto in Italia.
Anja e Tomas devono fare in fretta i conti con un nuovo convitato di pietra, Anja e Tomas per primi, ma subito dopo, anzi in contemporanea, devono essere coinvolti i figli, sopratutto, e gli amici.
è una corsa contro il tempo, per renderlo meno pesante, se possibile, per Anja, e Tomas c'è.
un gran bel film, per i quattro gatti che lo vedranno al cinema.
buona (dolorosa) visione - Ismaele
…Si potrebbe dire che i numerosi colpi
di scena della sceneggiatura (scritta della stessa regista), invece di dare al
film un andamento a singhiozzo, con continui e possibili rilanci della trama,
crei all'opposto una narrazione piana, orizzontale, in cui ogni scoperta o
evento (la possibilità di operare nonostante la delicatezza dell'intervento, la
rivelazione della malattia ai figli, l'improvvisa decisione di Tomas di sposare
Anja, la richiesta della donna di confessarsi gli eventuali e reciproci
tradimenti...) allarga semplicemente l'ampiezza di un racconto al tempo stesso
semplice e stratificato.
Semplice perché girato con uno stile realistico, senza particolari artifici
formali e contando sulla bravura degli interpreti Andrea Bræin Hovig e Stellan
Skarsgård; stratificato perché attento alla relazione onesta ma difficile fra
Anja e Tomas; al loro rapporto con i figli, alcuni già adulti, altri ancora
bambini; alla reazione di una artista che oppone alla fatalità della malattia
la maturità di una visione intellettuale.
Scandendo il tempo giorno per giorno, il film
procede in modo inesorabile e preciso, gestendo in maniera efficace le
informazioni e soprattutto le reazioni dei personaggi: lo shock della scoperta
è sempre ritardato, il dramma è lasciato fuoricampo, le lacrime sono
intraviste, mai sottolineate. Tale senso del pudore è certamente figlio di una
cultura nordica inevitabilmente ovattata, ma è anche e soprattutto frutto di
una riflessione sulla giusta distanza da cui affrontare un tema delicato come la
malattia mortale.
L'abilità di Maria Sødahl sta nel costruire situazioni - una telefonata in
macchina, una cena, un dialogo in una stanza d'ospedale - in cui le parole e le
azioni degli interpreti, assecondate dalla macchina da presa, definiscono poco
a poco conflitti e sentimenti. Nonostante Anja e Tomas siano ricchi, colti,
professionalmente realizzati, non c'è mai uno sguardo accusatore o vagamente
derisorio; il privilegio sociale semplicemente decade di fronte alla verità
della malattia, che spinge le persone a chiedere verità, in assenza di tempo:
alla dottoressa che spiega le prospettive di vita, Anja risponde di non volersi
estraniare dalla realtà; eppure la scoperta di un probabile e rapido decorso
del male lascia l donna attonita. E nella distanza fra il coraggio e la paura
c'è tutta la forza del film.
Hope sfida la tentazione dell'abbandono, del silenzio e della
resa di fronte alla progressione del male: lo fa con un cinema ampio, adulto,
tradizionale - anzi "borghese", come si sarebbe detto un tempo -
quasi interamente parlato e in grado di rappresentare le imperfezioni
dell'esistenza - la necessità di esserci per gli altri e, come dimostra il
finale forse speranzoso, di avere gli altri al proprio fianco.
… Hope es un retrato honesto de las complejidades vitales y
sentimentales de una pareja de mediana edad. Más allá de la enfermedad que padece la
protagonista, la película construye un trasfondo narrativo convincente junto a
dos interpretaciones magistrales. Andrea Bræin Hovig está de Oscar en este
film, haciendo una de las interpretaciones más complejas y brillantes de este
último año. Un largometraje que pese al drama y la dureza de su
relato, consigue dejar un halo de esperanza en el espectador que la ve. En
definitiva, Hope es el resultado de cuando dos
personas se llegan a descubrir la una a la otra, más allá de su mundana
existencia.
…Interessante l’aspetto fotografico della pellicola,
complice il periodo natalizio in cui è ambientata, mette in mostra un contrasto
continuo, tra il caldo delle candele di festa ed il buio dell’inverno
norvegese, così come tra il calore umano della famiglia ed il dramma personale
che Anja sta vivendo. Hope si
rivela un film adulto, struggente ma che nasconde tra il buio della malattia
una inattesa speranza, pronta a scaldare con estrema delicatezza lo spettatore.
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