eccezionali gli attori, compresi i bambini.
"Una separazione" nasce dalla stessa mano, si vede subito.
cercatelo e guardatelo tutti :) - Ismaele
C’è qualcosa che si muove oltre
l’apparenza, come un’ombra che aleggia dietro ciascuno di noi e rimane,
fluttuante, anche se priva della nostra presenza.
Asghar Farhadi costruisce il suo film su un’assenza ma, al tempo stesso, invece di “sottrarre”, aggiunge, inquadratura dopo inquadratura, una serie dei elementi/indizi che fanno di About Elly (Orso d’Argento per la Miglior Regia al Festival di Berlino) un’opera composita in cui convergono il dramma e il noir, la commedia umana e l’analisi sociale…
Asghar Farhadi costruisce il suo film su un’assenza ma, al tempo stesso, invece di “sottrarre”, aggiunge, inquadratura dopo inquadratura, una serie dei elementi/indizi che fanno di About Elly (Orso d’Argento per la Miglior Regia al Festival di Berlino) un’opera composita in cui convergono il dramma e il noir, la commedia umana e l’analisi sociale…
…È davvero raro trovare ai
festival (perché il mercato italiano non ne recepisce nessuno) un film iraniano
che esca dagli stereotipi consolidati e legati a due location pressoché
inevitabili: Teheran oppure i villaggi in cui regnano povertà e desolazione. In
questo caso si è di fronte a una fortunata e assolutamente riuscita eccezione.
Lo stile di ripresa è dinamico e ricco di sottolineature non didascaliche ma
ciò che più conta è la descrizione di una fascia generazionale decisamente
differente rispetto all'immagine che i media ci offrono dell'Iran. Sono trentenni
che hanno una loro solidità economica e che apparentemente differiscono dai
loro coetanei occidentali solo per il fatto che le donne indossano il chador
pur mostrandosi colte ed emancipate.
Emancipate? Qui si inserisce la critica sociale di Fahradi. Perché, come accade ovunque, il gioco di cercare di far incontrare un lui e una lei che potrebbero essere reciprocamente disponibili non può che intrigare gli amici. Ma le regole rigide dell'onore e di una moralità dettata dalla fede religiosa non possono essere violate. Così come non è possibile l'esercizio della sincerità. Un regime teocratico, per quanto non possa impedire che la modernità si insinui nei varchi che riesce faticosamente ad aprire, impone l'obbligo della menzogna. Ciò che appare non è ciò che è e chi ne è a conoscenza tace per evitare catastrofi che, invece, si configurano come inevitabili.
Fahradi riesce a trasformare un tranquillo weekend in un weekend di paura facendo assurgere la vicenda a metafora di una condizione esistenziale dominata dal potere del retaggio di tradizioni ancestrali che reclamano le loro vittime. L'immagine che chiude il film sintetizza abilmente la difficoltà di un processo che richiederà ancora sforzi considerevoli.
Emancipate? Qui si inserisce la critica sociale di Fahradi. Perché, come accade ovunque, il gioco di cercare di far incontrare un lui e una lei che potrebbero essere reciprocamente disponibili non può che intrigare gli amici. Ma le regole rigide dell'onore e di una moralità dettata dalla fede religiosa non possono essere violate. Così come non è possibile l'esercizio della sincerità. Un regime teocratico, per quanto non possa impedire che la modernità si insinui nei varchi che riesce faticosamente ad aprire, impone l'obbligo della menzogna. Ciò che appare non è ciò che è e chi ne è a conoscenza tace per evitare catastrofi che, invece, si configurano come inevitabili.
Fahradi riesce a trasformare un tranquillo weekend in un weekend di paura facendo assurgere la vicenda a metafora di una condizione esistenziale dominata dal potere del retaggio di tradizioni ancestrali che reclamano le loro vittime. L'immagine che chiude il film sintetizza abilmente la difficoltà di un processo che richiederà ancora sforzi considerevoli.
…La
frase in tedesco: “Meglio
una fine dolorosa, che un dolore senza fine“, è qualcosa che ti
rimane dentro, come una rivelazione, ed anche l’idea che “non si dovrebbe mai costruire
la propria felicità sull’infelicità degli altri“, con tutta
l’enorme portata etica, politica, religiosa, persino, che questa riflessione
implica, è una cosa che non mi ha più abbandonato per tutto il resto della
serata.
Bravissimi
e convincenti tutti gli attori, tra i quali non posso esimermi dal citare la
straordinaria interpretazione di Golshiften Farahani,
nel complesso ruolo di Sepideh,
bellissima ed intensissima.
…La
regia è perfetta nel caricare la tensione (camera a mano, inquadrature
concitate) quando serve, cambiare atmosfera e registro, e nello spezzare i
momenti dei dialoghi, coordinando un cast di attori perfetti e credibili dal
primo all'ultimo, dove ogni gesto, tono di voce e sguardo sfiorano
implacabilmente un realismo palpabile. La sceneggiatura è attentamente
costruita con piccoli colpi di scena quasi silenziosi, discreti, e che
compongono l'intero quadro di una vicenda tutto sommato semplice, a conti fatti
quasi banale, decisamente tragica. Nessun strepitoso coup
de théâtre, dunque, ma la rivelazione della verità per piccoli
tratti, in un ansioso crescendo drammatico di fatti innocui, e l'accumularsi
della tensione tra i diversi protagonisti. La biasimata prima parte costituisce
allora, alla luce del resto, le fondamenta essenziali allo svilupparsi della
vicenda, e l'apparente mancanza di caratterizzazione dei personaggi trova la
sua ragione d'essere nella reazione del gruppo intero, mai omogeneo, sempre in contrasto.
Tutto ruota attorno ad Elly, a supposizioni, illazioni, speculazioni, giudizi e
verdetti su di lei e la sua scomparsa: tutto ruota a attorno ad un personaggio
che non c'è…
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