giovedì 26 luglio 2012

Le nevi del Kilimangiaro - Robert Guédiguian

un film col lieto fine, edificante, in senso buono, dico.
una storia di ultimi e penultimi, quando stai male scopri che qualcuno sta peggio.
Robert Guédiguian è come se facesse sempre lo stesso film, mutatis mutandis, così come Guccini sembra che faccia sempre la stessa canzone, mutatis mutandis. 
se ti piace una ti piacciono tutte.
a me Guccini e Guédiguian piacciono, e questo film mi è piaciuto - Ismaele



Ispirato dalla “Les pauvres gens” di Victor Hugo e accompagnato dalla canzone di Pascal Danel (che fornisce il titolo al film), Le nevi del Kilimangiaro è il nuovo dramma sociale di Robert Guédiguian sulla disoccupazione e la dolorosa perdita della dignità. Nondimeno è un’opera leggera come un palloncino, che racconta la vita quotidiana di una coppia aperta e accogliente alla maniera dei cortili che abita. Ancora una volta il regista marsigliese mette in scena una piccola storia che ha il sapore e la solidarietà del cinema del Fronte Popolare. Partendo da un licenziamento, quello del protagonista, il film avrebbe potuto precipitare in un dramma da socialismo reale, al contrario il clima è lieve e gioioso, si ride spesso e si rimane sedotti dalla voglia di vivere di due coniugi operai che lottando negli anni Settanta sono andati 'in paradiso'. Il loro paradiso è la casa che hanno costruito e la famiglia che hanno formato ed educato ad essere onesta e di grande cuore. Ma il cinema di Guédiguian non si è mai fermato alle mura domestiche, scendendo in strada attraverso quelle finestre e quelle porte sempre spalancate sul mondo e sulla società. Ed è proprio da quei varchi che il brutto del mondo entrerà, portandosi via ‘proprietà’ e sicurezze ma insieme offrendo una possibilità di comunione e partecipazione. Perché il ragazzo che ha occupato il loro Eden, derubandoli, è un giovane uomo di una generazione cresciuta senza testimonianze né esempi di quella che un tempo era la lotta di classe, ovvero un modo (giusto) di cambiare la vita di chi è sempre in soggezione. E a questo punto Le nevi del Kilimangiaro gioca le sue carte migliori per rigore e sensibilità, portando alla coscienza del protagonista la necessità di fare qualcosa, individuare una possibile canalizzazione del malessere giovanile in funzione di una nobiltà d’animo che risollevi il morale e la morale.
È la forza dell’etica la cifra del cinema di Guédiguian…

…La coppia protagonista, alla ricerca dell’equità sociale, in una solare Marsiglia, ingaggia una bella lotta a chi porge di più l’altra guancia: finiscono derubati picchiati umiliati.
Persino disoccupati, ma felici in nome della loro coerenza morale.
Jean-Pierre Darroussin e la sua fin troppo paziente moglie vivono sulla pelle il contrasto tra l’egoismo borghese dilagante anche nel loro microcosmo e la speranza di un mondo più giusto, sotto gli occhi disincantati di un moderno alquanto tollerante Janvier.
Il film, superato un veramente noiosissimo inizio, affastella mille problematiche e culmina con l’autocritica finale del sindacalista imborghesito super garantito rispetto alle nuove generazioni, cui decide di perdonare anche l’imperdonabile.
Si segnala che Jean-Pierre Darroussin, nei panni di un lustrascarpe, si sta contemporaneamente prodigando sugli schermi, in Miracolo a Le Havre, a far passare la Manica al piccolo Idrissa, immigrato clandestino africano.
E’ l’ora, è l’ora, i buoni son tornati!

Senza dubbio dobbiamo essere grati a Guédiguian e a Loach (spesso accostati) per le belle e appassionate descrizioni che fanno e hanno fatto negli scorsi decenni di quella parte di Europa che non sembra interessare il cinema mainstream. Ma i due autori rischiano di rimanere fermi a una lettura politica e a uno stile visivo datati. I cantori contemporanei delle gesta popolari sono invece i registi che riescono a comprendere le nuove dinamiche e a rappresentarle con lucidità e grazia, come i maestri Dardenne, il geniale Kechiche o il promettente Meadows.

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