un
viaggio senza pause, nel profondo della foresta, e non solo, senza sconti.
fa un film ogni quattro anni, Du Welz è un
regista altro, puoi vedere tutto da fuori o provare ad entrare, e non è la
stessa cosa.
provaci, è un'avventura diversa - Ismaele
straordinario
come un'opera così asciutta e senza fronzoli abbia tanto da dire e lo dica
evitando di fare ricorso a tutto quel che di "superfluo" si può
vedere al cinema, partendo da una situazione base abbastanza comune in un certo
tipo di pellicole e arrivando a una conclusione fieramente fuori da ogni schema
o aspettativa…
… Quel che serve, per far decollare il film, il
regista lo trova proprio allontanando sempre più la coppia dalle ultime
vestigia della società, separandoli dai cascami dell'Occidente e immergendoli
in una natura indifferente, lussureggiante e in grado di ospitare ben altro che
una risibile e ovvia banda di rapitori di bambini.
Una volta innestato il turbo, Vinyan prosegue nel suo viaggio allucinante, fra lanterne nella notte, antichi edifici in rovina nella giungla e un mare di pioggia pressoché continua.
Il tutto alternato a flashback, deliri e sogni, in un progressivo frammentarsi della visione che accompagna la discesa in un Averno verde e misticheggiante che non riserva alcuna salvezza all'uomo occidentale.
La vicenda perde giustamente coesione man mano che aumenta il minutaggio e i personaggi paiono aggirarsi un limbo emotivo, distaccati da qualsiasi evento e con ben poco altro da fare se non inoltrarsi sempre di più nel cuore di una terra che non è la loro, che non li vuole e che farà tutto il necessario per annullare la loro presenza.
Chi si aspettava la facilità di lettura di un Calvaire sarà deluso da un prodotto come questo che è destinato, nella mia opinione, a lasciare insoddisfatti gli amanti dell'horror fracassone che si lasciano turbare più facilmente da quattro chili di coratella e una secchiata di vernice rossa piuttosto che dalla micidiale, morbosissima giungla di Benoît Debie.
Con Vinyan Du Welz si conferma autore lontano da ogni possibile compromesso, in possesso di una cifra artistica molto personale e in grado di proporre soluzioni e visioni ben distanti da ogni trend, anche a rischio di parziali fallimenti che non fanno che confermarne ambizioni e mire molto alte.
Una volta innestato il turbo, Vinyan prosegue nel suo viaggio allucinante, fra lanterne nella notte, antichi edifici in rovina nella giungla e un mare di pioggia pressoché continua.
Il tutto alternato a flashback, deliri e sogni, in un progressivo frammentarsi della visione che accompagna la discesa in un Averno verde e misticheggiante che non riserva alcuna salvezza all'uomo occidentale.
La vicenda perde giustamente coesione man mano che aumenta il minutaggio e i personaggi paiono aggirarsi un limbo emotivo, distaccati da qualsiasi evento e con ben poco altro da fare se non inoltrarsi sempre di più nel cuore di una terra che non è la loro, che non li vuole e che farà tutto il necessario per annullare la loro presenza.
Chi si aspettava la facilità di lettura di un Calvaire sarà deluso da un prodotto come questo che è destinato, nella mia opinione, a lasciare insoddisfatti gli amanti dell'horror fracassone che si lasciano turbare più facilmente da quattro chili di coratella e una secchiata di vernice rossa piuttosto che dalla micidiale, morbosissima giungla di Benoît Debie.
Con Vinyan Du Welz si conferma autore lontano da ogni possibile compromesso, in possesso di una cifra artistica molto personale e in grado di proporre soluzioni e visioni ben distanti da ogni trend, anche a rischio di parziali fallimenti che non fanno che confermarne ambizioni e mire molto alte.
… La
regia di Fabrice Du Welz si conferma forte ed efficace. Tanta camera a mano e
tanta attenzione per i corpi e i volti (quasi sempre centrati nel quadro) dei
suoi protagonisti, fino a farli divenire un tutt'uno con il paesaggio che li
circonda, affinché sia questo il modo migliore di seguire la narrazione -
meglio ancora il modo stesso di narrare. E la fotografia di Benoit Debie è
assolutamente perfetta in tal senso, capace di catturare oniriche atmosfere
notturne, in maniera del tutto naturale, e di trasformare i paesaggi in
ambienti spettrali vivi che avvolgono in una misteriosa nebbia e che
sprofondano in un fango angosciante e mortifero…
…Du Welz gira in stato di grazia permanente, come se ogni
scenario naturale e umano fosse insieme un'apparizione e una conferma, una
rivelazione e un ritrovamento. Inutile e fuorviante tirare in ballo modelli di
riferimento e ispirazioni stilistiche (curiosa coincidenza: Herzog, uno degli
autori amati da Du Welz, ha lasciato la Thailandia proprio all'inizio del
tournage di Vinyan, dopo aver terminato le riprese di Rescue
Dawn): più e meglio che in Calvaire, con una
compostezza che mette i brividi, il cineasta belga fa del linguaggio filmico il
luogo dello stupore impassibile, assegnando alle soggettive il compito di
dischiudere l'inquieta fermezza della natura. Una pellicola lacerata tra la
greve terra maschile (non a caso Thaksin Gao verrà sepolto vivo) e la
rigenerante acqua femminile (si presti attenzione al finale di gocciolante
solarità), ma orgogliosamente ritto sulle proprie gambe, quelle di un belga
che, come un etnologo insubordinato, filma un horror fertilmente palingenetico.
… Du Weltz conferma il suo limpido disamore per la
didascalia: il rapporto tra i due coniugi non è mai spiegato, dominato dal
disperato senso di perdita che lo fa deteriorare lentamente; tutto il film si
snoda in un continuo divenire che non si appoggia mai ad alcuna segnalazione
del soggetto, ma si decreta come immersione graduale in un contesto sempre più
astratto e inquietante (il parallelo con Flandres di Dumont si impone a questo punto): è soltanto
un'ipotesi quella per la quale la scomparsa del figlio sia stata determinata da
una negligenza paterna (vera o supposta dalla madre) e che il finale ferino e
paranoide sancisca l'espiazione dell'uomo, poiché a rilevare è, più che la
definizione significativa degli eventi, il loro inserimento nel quadro generale
della messa in scena.
Vinyan offre motivi a palate per entusiasmarci: è denso e pieno di personalità; non è un film riducibile all'esposizione di una storia (al contrario: delega al linguaggio specifico del cinema la sua espressività, se vi par poco); è diretto e girato magnificamente; è, decisamente, l'opera di un talento vero.
Vinyan offre motivi a palate per entusiasmarci: è denso e pieno di personalità; non è un film riducibile all'esposizione di una storia (al contrario: delega al linguaggio specifico del cinema la sua espressività, se vi par poco); è diretto e girato magnificamente; è, decisamente, l'opera di un talento vero.
Nessun commento:
Posta un commento