all'inizio sembra ispirato a Gheddafi che arriva a Roma, poi ce n'è per tutti.
battute spesso divertenti, anche più, ma nel complesso mi è sembrato un film un po' deludente, rispetto alle attese, nel senso che spreca e si adagia troppo.
visto a pochi giorni da "Red State", capisci che "Il dittatore" è intrattenimento e "Red State" e cinema politico.
ma una visione "Il dittatore" se la merita di sicuro - Ismaele
… Leader e sosia, a cui è
sempre destinata una pallottola, l'attore inglese sceglie un'altra identità e
si permette di volare sopra il cielo di Manhattan alla ricerca della barba
perduta e producendo umorismo intorno all'undici settembre. E dopo la finestra
sul ‘cortile' di Ground Zero del broker di Spike Lee, Baron Cohen
sceglie un punto panoramico più ‘sensibile' da cui guardare l'America come
rappresentazione dello spazio occidentale, sferzando gentili, arabi, ebrei,
indiani, siriani e qualsiasi altro genere di etnia secondo le regole della sua
poetica e alla maniera di Peter Sellers. Egoista ed
egocentrista, il dittatore di Baron Cohen fa tutto quello che gli passa per la
testa, è un incubo per il prossimo, la pallottola a lui destinata colpisce
sempre qualcun altro e lui si limita a prenderne atto e ad andarsene, libero di
licenziare, giustiziare, torturare, stuprare, dichiarare guerra. Ebreo
‘gentile' fuori dal set, l'attore archivia il reduce orfano di Hugo Cabret e recupera la modalità violenta, una
sublimazione di istinti aggressivi che vengono ridotti a irresistibile momento
ludico e demenziale.
La comicità di Sacha Baron Cohen è una faccenda paradossalmente seria che scarica il dolore del mondo, esorcizza il male, avverte in anticipo le paure dominanti scherzandoci sopra e dando loro una forma e un nome, soddisfa le esigenze emotive del pubblico pescando il riso dal ‘basso' ma radicandolo nello spirito.
La comicità di Sacha Baron Cohen è una faccenda paradossalmente seria che scarica il dolore del mondo, esorcizza il male, avverte in anticipo le paure dominanti scherzandoci sopra e dando loro una forma e un nome, soddisfa le esigenze emotive del pubblico pescando il riso dal ‘basso' ma radicandolo nello spirito.
… Chaplin irrideva e triturava
il presente, Kurosawa ricordava e intrepidamente dava vivacità al mondo
circostante mentre Larry Charles (e l’alter-ego che diventa partecipe di se
stesso) schiuma rabbia con fugacità irrisolta e maestria un po’ rabberciata.
Certo i confronti sono irriverenti (se ne rende conto benissimo chi ha visto il
film e ne scrive) ma per smuovere veramente le acque si deve andare fino in
fondo con una risata piena e un gioco di smarco ficcante e portentoso senza
aggiungere manifestazioni (per carità gustose) e risvolti deretani, eiaculanti
e fortemente puzzolenti. Il trash arriva in un tempo ristretto (appena non te
ne rendi conto appare fuori dalla finestra) e sfacciatamente si appropria del
tutto…
...Rimanendo in tema di terrorismo, “Il
dittatore“ non è altro che un attentato al perbenismo, che prende di mira
i benpensanti, quelli che comunemente in Italia chiamiamo i moderati,
strappando la risata in una esplosione di situazioni comiche e grottesche,
superando molte volte il limite della decenza. Ovviamente la lettura che si può
dare della pellicola è su più livelli. Se andate al cinema per la risata facile
non rimarrete delusi, ma se andate oltre l’apparenza, nel lavoro di Sacha Baron
Cohen potete trovare anche qualche cosa di più: riflessioni sull’attuale
situazione mondiale, che fanno scattare inevitabilmente quel riso (ahinoi!)
amaro. Con quest'ultimo lavoro, Baron Cohen ci fa dimenticare il poco riuscito
"Bruno" e ritorna alle gag di "Borat", avvalendosi anche di
un grande cast, con nomi del calibro di sir Ben Kingsley e Anna Faris, che qui
interpreta la bella di turno con tanto di ascelle pelose…
Non bastano un comico dalle capacità
comunque notevoli e un personaggio radicalmente scorretto a fare un buon film.
Lo dimostra in maniera piuttosto evidente la nuova collaborazione tra il
regista Larry Charles e la star Sacha Baron Cohen. Il
dittatore è un
lungometraggio in cui si possono trovare una grande quantità di scene
divertenti, di battute corrosive, di situazioni che possono far sorridere a
denti stretti oppure far gridare all'insulto. Eppure questi fattori messi
insieme tra loro non riescono a comporre un film convincente, soprattutto
perché basato su una sceneggiatura troppo fragile…
…Il grosso interrogativo a priori era la
tenuta complessiva della trama nella prima prova completamente di finzione di
Cohen. Ci sono effettivamente sketch - anche fantastici come quello
dell'elicottero - che sono abbastanza a sé stanti (pronti per YouTube, per così
dire) e interrompono lo scorrimento narrativo. Ma giunti alla fine del film si
vede come il quadro formato sia abbastanza coerente - e più che un quadro è uno
specchio in cui ridendo vediamo riflettersi nel grottesco di Wadija le nostre
democrazie svuotate di senso (democrazie de-democratizzate come un caffè
decaffeinato, dice Slavoj Žižek).
Certo, dalla recitazione di Cohen si poteva sperare di
più (il sosia è un'occasione sprecata) e la regia si limita ad essere
funzionale alla sceneggiatura - la bellezza del movimento di macchina,
dell'inquadratura, la raffinatezza del montaggio vanno ricercate altrove…
Nessun commento:
Posta un commento