è un apologo amaro sull'umanità. tutti si possono comprare e i debiti si saldano.
istruttivo e sempre attuale - Ismaele
La protagonista Linguère, una vecchia
signora diventata ormai ricchissima, ritorna dopo molti anni a Colobane, suo
paese di origine. Il villaggio, in preda alla povertà più assoluta, accoglie
Linguère sperando di ricevere beni e favori per migliorare la propria
situazione. Per incoraggiare la sua generosità, affidano a Dramaan, un
droghiere locale che una volta aveva corteggiato (e ingannato) la donna,
l'incarico di convincerla ad aiutare la popolazione. Linguère, in realtà, è
tornata con l'intenzione di condividere la sue ricchezze con il villaggio, ma
solo in cambio di una particolare richiesta ai suoi concittadini: l'uccisione
di Dramaan. Il desiderio di vendetta e giustizia di Linguère porta gli abitanti
di Colobane a compiere azioni ciniche e folli, senza più possibilità di
controllo.
…In Iene non si salva nessuno, come in un noir tutti sono colpevoli (e salta
subito alla mente quel capolavoro nerissimo che è Colpo
di Spugna di
Tavernier, anch'esso ambientato in Africa), ma c'è chi è disposto ad affrontare
le proprie responsabilità con dignità, almeno in punto di morte. Grande
inventiva e raffinatezza stilistica rendono il film degno di qualsiasi
lungometraggio d'autore occidentale, e la stima cresce se si pensa che Mambety
è stato un autodidatta. Ispirato a La Visita della Vecchia Signora di Friedrich Durrenmatt e presentato a
Cannes nel '92, mentre la colonna sonora è di Wasis Diop, fratello di Mambety.
Realizzato in coproduzione fra
Svizzera, Francia e Senegal, Hyènes ha la particolarità di essere uno dei
rari adattamenti di registi dell’area sub sahariana da romanzi non africani. La
fonte è Der Besuch der alten Dame(La visita della vecchia signora), dramma scritto nel 1956 – in Italia lo pubblica
Einaudi – dallo scrittore svizzero Friedrich Dürrenmatt, morto appena due anni
prima dall’uscita del film e a cui Hyènes stesso è dedicato: Mambety ne mutua
soggetto e intreccio, trasponendolo dalla Svizzera degli anni ’50 a un
immaginario paese del Sahel negli anni ’80. L’ambientazione è volutamente vaga:
la cittadina Colobane altro non è che il quartiere di Dakar dov’è nato Mambety
e anche sull’ancoraggio cronologico il regista ha volutamente mescolato le
carte...
…Il film rende da dio la tranquilla ansia di vendetta della
donna, ma anche il suo immutato affetto per l’uomo che vuole morto (magnifica
in questo senso la scena in riva al mare), nonché l’acquisita arroganza dovuta
alla sua nuova posizione. Il film voleva essere soprattutto un atto d’accusa
contro la corruzione (dello stato, delle forze di polizia, della giustizia,
della religione, e una corruzione morale dilagante) densa di simboli tuttora
efficaci (l’evidente parallelo con le iene; il grottesco tribunale finale nel
cimitero degli elefanti; o la bellissima immagine finale del baobab in
lontananza), più qualcuno tipico del luogo (la rete da pesca come immagine
della corruzione, che viene usata dal giudice ed indossata al collo del capo
della polizia; o le facce dipinte di bianco nel giudizio finale a simbolo del
male). In questo senso il film funziona; e funziona bene la regia, abbastanza
sicura in toto, con qualche decisa virata autoriale nella costruzione di alcune
inquadrature (soprattutto nella chiesa) o nell’utilizzo di alcuni paesaggi (la
già citata immagine del baobab, il deserto durante il viaggio in macchina, la
costa nella scena sul mare dell’incontro fra i due “antagonisti”)…
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