martedì 29 aprile 2025

Anime nere - Francesco Munzi

in questo film i delinquenti non hanno fascino, l'ndrangheta è morte, il regista va in controtendenza rispetto alla 'bellezza' delle organizzazioni criminali che spesso appare sullo schermo.

la storia diventa dramma nel dramma, quando il terzo fratello, quello rimasto nel paese calabrese, non sopporta più quello che succede e sembra impazzire.

un film da non perdere, promesso.

buona (drammatica) visione - Ismaele


 

  

Bel film e utile a vedersi. Sul disastro morale interiore, fatto di ansia e infelicità, che comporta la scelta di vivere da criminali: i soldi e il potere, che ne derivano, non rendono meno fallimentare tale scelta, per lo stesso che la compie. Il registro drammatico è dosato benissimo, e culmina in un finale stupendo e sorprendente…

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Ci sono tre fratelli molto diversi tra loro, a capo di una famiglia mafiosa in ascesa tra la Calabria, Milano e la Spagna, ma il pensiero non corre a Il Padrino di Sonny, Michael e Fredo, piuttosto alla tragedia sublime de I Fratelli Karamazov. Complimenti. Un film consigliatissimo.

Ci sono tre fratelli molto diversi tra loro, a capo di una famiglia mafiosa in ascesa tra la Calabria, Milano e la Spagna, ma il pensiero non corre a Il Padrino di Sonny, Michael e Fredo, piuttosto alla tragedia sublime de I Fratelli Karamazov. Come nel romanzo di Dostoewski, ognuno è a suo modo condizionato dal fantasma ingombrante del padre, ucciso anni prima in una faida con la 'ndrina rivale. E nessuno dei tre sfuggirà al finale che è già scritto per loro.

Il film è recitato quasi per intero in dialetto calabrese (con sottotitoli). Di solito sono piuttosto scettico sugli escamotages "realisti" di certi autori che si crogiolano nel vezzo di rappresentare la realtà "senza filtri". Che illusione! Il cinema è una finzione a beneficio dello spettatore, che ha diritto a un prodotto godibile e non a una lezione universitaria. Ma in questo caso, la scelta del dialetto paga, eccome! Ci accompagna dentro il dramma, senza appesantire più di tanto la visione, grazie alla mimica dei (bravi) attori, che spesso lasciano intuire il senso del dialogo anche se non indugiamo nei sottotitoli.

Complimenti. Un film consigliatissimo.

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Il regista, Francesco Munzi, non indugia in scene esplicite di violenza agìta, non ammicca ai generi (gomorra e suburra), non sbraita, non cerca l’effettaccio. Racconta i fatti con freddezza, e senza giudicare: le vicende sono di per sé implosive; i personaggi hanno sui volti immobili la condizione esistenziale di infelicità, indipendentemente da quanto va accadendo; la logica ineludibile della vendetta e del sangue-chiama-sangue è più agghiacciante e annichilente di ogni brutalità.

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Anime nere rinuncia a ogni fronzolo e a ogni artificio narrativo, raccontando con sincerità e amarezza una storia di uomini e di famiglia, ma anche un triste spaccato di una parte della nostra società, incapace di lasciarsi alle spalle un meccanismo marcio e perverso che corrode ogni cosa con cui viene a contatto. In un incessante susseguirsi di violenza e vendetta, a emergere sono allora l’ineluttabilità del proprio destino e l’impossibilità di arrestare un’assurda spirale autodistruttiva, ben simboleggiate da un nucleo familiare apparentemente normale, ma che in realtà cela al suo interno una lotta intestina fra impulsività e raziocinio, tradizione e progresso, onore e perdono.

Francesco Munzi centra l’obiettivo di raccontare i meccanismi alla base della criminalità organizzata con una regia asciutta e dal taglio documentaristico, ma anche con un ottimo lavoro in fase di sceneggiatura, che scava in profondità nella mente di personaggi complessi e ricchi di sfaccettature, ben compensando qualche piccolo calo di ritmo con qualche prevedibile ma ben assestato colpo di scena, e un incalzante finale che chiude perfettamente il cerchio della storia. Su tutto domina un Aspromonte mai così cupo e opprimente, che osserva e accompagna i protagonisti diventando un vero e proprio personaggio del film…

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