nel 1969, tre anni prima di Michelangelo Antonioni, Louis Malle gira in Asia, a Calcutta.
la vita di quell'immensa città si vede, si ascolta, mancano i brutti odori, ma s'immaginano.
quella città fondata dagli inglesi (il Signore li maledica) è piena di poveri, di miserabili, di malati, di schiavi, che a volte riescono a sorridere.
un film documentario come pochi.
buona visione - Ismaele
QUI il film completo, con sottotitoli in inglese
…In “Calcutta” Louis Malle gira con la sua
macchina da presa: riprende, testimone di quello che gli passa davanti. Una ripresa
realistica, senza mai giudicare, senza nessuna forzatura o costruzione, senza
mai volere ricreare certe situazioni … un
documento, una testimonianza quanto più reale
e concreta di Calcutta.
Certo la macchina da presa non passa inosservata e da osservatore si accorge
ben presto di essere osservato ed ecco che decide di fare degli sguardi, dei
primi piani il motivo dominante del documentario.
Oltre alle immagini si sentono i suoni e rumori di Calcutta, la sua voce
fuoricampo di Louis Malle si sente raramente, solo quando è necessario aiutare
lo spettatore nei repentini cambi di scena o le specifiche situazioni lo
richiedono.
Louis Malle proveniva dal documentarismo e prima di allora
aveva lavorato con l’oceanografico Jacques Cousteau. In questo documentario la
sua ripresa è quanto più possibile vicino alla realtà, evitando
manipolazioni per tradire o sfigurare la realtà. Il regista non da
indicazioni e a parte la lunga ripresa del documentario, il suo lavoro si
limita nel montaggio a circoscrivere l’enorme materiale all’interno dei tempi cinematografici.
Quello che appare è una quotidianità dura, una lotta per la sopravvivenza, dove la morte
si confonde con la vita, il matrimonio con il funerale. Folle
di fedeli e di mendicanti per strade brulicanti, treni stracolmi,
manifestazioni femministe, marce di protesta di operai o studenti, abitazioni
fatiscenti, bidonville, mancanza di igiene … ma anche i suoni, la magia, i
colori, il fascino delle tradizioni, della quotidiana ritualità, di etnie
diverse, di canti, danze, di sentimenti e di persone che si riuniscono per
festeggiare.
Un documento che non può lasciare indifferente, perché confonde lo spettatore, lo attira ma anche lo respinge come un elastico che si tende e si rilascia, così è per lo spettatore…
…At the end of this cyclical coverage of Calcutta, one is
left with a feeling of the crowded, cacophonous, almost lurid conditions of
life in Calcutta. Since Calcutta was not an ancient Indian city, but was
created as a service centre for British imperial interests, Malle is evidently
castigating the West for creating these monstrous, inhuman conditions and not
rectifying the faults that linger on. This is a fairly grim viewpoint, seen by
an outsider, and it is one that might not be shared by Indians aware of the
rich Bengali traditions and culture. Still, the film is a fascinating
record, because Malle was one of the first people to get out on the streets and
make movies about life as it existed there. He had amazing access to a wide
spectrum of city life in Calcutta, and the images are not staged or faked.
Malle’s interesting kaleidoscopic perspective is still available on film, as it
was forty years ago, for anyone to see and make of it what he or she will. For
Malle, and for Mehta and Kipling, too, Calcutta may have been “the city of
dreadful night”. Whatever perspective one takes, though, we are still trying to
understand and learn, as Malle was, from what seems to be an alluring phantom.
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