lunedì 7 aprile 2025

The Shrouds - David Cronenberg

la storia sembra semplice, un ricco vedovo, possiede, tra l'altro, un cimitero nel quale si applica una nuova tecnologia, degli avveniristici sudari (gli shrouds del titolo) che avvolgono i morti e consentono di monitorare il disfacimento dei cadaveri.

una profanazione delle tombe complica i piani e le aspettative del vedovo Karsh (interpretato da Vincent Cassel), che ancora è molto  legato alla moglie (un avatar di lei perseguita Karsh).

complotti e interventi ungheresi, islandesi, russi e cinesi rendono il film un po' dispersivo, ma Cronenberg è sempre un bel e inquietante vedere.

il film è solo in una trentina di sale.

buona (fortunosa) visione - Ismaele



 

 

 

 

The Shrouds sembra essere una summa del linguaggio plastico, della lungimiranza tecnologica, della poetica sulla trasformazione e sdoppiamento dei corpi che l’82enne regista canadese ricalibra continuamente ed ossessivamente da oltre cinquant’anni. Spassoso il cameo di Viggo Mortensen. Sublimi le parole del regista quando gli si fa notare di questo funereo espediente di un aldilà avveniristico e desacralizzato: “È molto interessante, perché spesso guardo i film per vedere persone morte. Voglio rivederle, voglio ascoltarle di nuovo. E quindi, in un certo senso, il cinema è una sorta di macchina avvolta dal sudario, una macchina post-morte. In un certo senso, il cinema è un cimitero”. Insomma quel Karsh siamo noi e non ci sono storie.

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Il lutto secondo Cronenberg è soprattutto assenza della carne e del contatto fisico, con l'elemento erotico come al solito messo in scena dal regista in modo simile a un rito catartico in cui gli individui si riconoscono al contempo al livello più basso come "sacche di carne" e a quello più alto di comunione cellulare e biologica.

Guy Pearce è come al solito perfetto nel ruolo consolidato del paranoide cospirazionista e offre la controparte caotica di Karsh: per l'uomo il lutto non è dato dalla morte o dalla fine di tutto, ma dal divorzio e dall'impossibilità di avere un corpo (quello di Terry) che vive il suo stesso mondo; per questo motivo Maury crea un suo mondo alternativo, non solo quello informatico che "abita" per lavoro ma anche quello paranoide di una cospirazione talmente intricata da far impallidire certi passaggi de Il pasto nudo.

Respingente e affascinante, avviluppato dalle partiture oniriche del fidato Howard Shore, The Shrouds conferma la volontà di Cronenberg di continuare a esplorare le infinite possibilità del reale, creando una fantascienza dell'anima che serve da specchio alla crisi dell'uomo moderno

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The Shrouds è un horror riflessivo e concettuale attraverso cui l'autore rielabora le sue principali fissazioni su mutazioni corporali, artificiali o naturali che siano, che sono da tempo assurte a presupposti più evidenti e puri, per quanto spesso ostici e sgradevoli, di un cinema di genere che ha saputo elevarsi dal mero sfruttamento commerciale a cui è destinata la quasi totalità della produzione concorrente.

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"In inglese, la parola ‘shroud’ designa il velo funerario, ma ha anche altri significati” - ha dichiarato David Cronenberg - “Può significare ‘coprire’ e ‘nascondere’.

La maggior parte dei rituali funebri riguarda proprio l’evitare la realtà della morte e ciò che accade a un corpo. Direi che, nel nostro film, questa è un'inversione della normale funzione di un sudario. Qui serve a rivelare, piuttosto che a celare.

Ho scritto questo film mentre affrontavo il dolore per la perdita di mia moglie, scomparsa sette anni fa. Per me è stata un’esplorazione, perché non si trattava solo di un esercizio tecnico, ma anche di un esercizio emotivo. In un certo senso, i sudari che il mio protagonista ha inventato sono dispositivi cinematografici. Creano un proprio cinema: un cinema post-morte, un cinema della decadenza. Prima di scrivere la sceneggiatura, ero consapevole che i sudari avessero un aspetto cinematografico, creando una sorta di strano ‘cinema della tomba’, un ‘cinema del cimitero’. In ‘The Shrouds’, si suggerisce che Karsh comprenda che nella sua creazione è coinvolta una tecnologia cinematografica, qualcosa di ricco e complesso."..

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…In questa storia Cronenberg si sofferma ancora una volta sull’importanza del corpo per raccontarci le fragilità della mente. Il desiderio di Karsh di rimanere accanto alla moglie e di poterla proteggere dalle tenebre della terra, l’immobilità della morte è apparente, perché il corpo continua comunque a trasformarsi. Via via che il tempo passa, il corpo si decompone mostrando sempre di più i segreti che vengono così allo scoperto. La profanazione delle tombe mette in luce quelle che sono le fragilità di una tecnologia che si mostra sempre meno sicura, ma che piuttosto si presta a complotti politico ambientali pericolosi.

Nel vedere il corpo decomposto della moglie, Karsh ne scopre anche le sue debolezze e riesce a prenderne il distacco per poter andare avanti con la sua vita. Il dolore iniziale per la sua perdita, il voler ostinarsi a rimanerle accanto, tanto da inventare un nuovo processo di tumulazione tecnologica, lo induce a rilassarsi sul suo stato di vedovo inconsolabile, a non cercare un contatto con l’altro sesso. Rebecca la prima moglie (un nome che non è sicuramente citato a caso) è diventata un simbolo da dover sgretolare per poter tornare a vivere, altrimenti il rischio è quello di vivere una vita falsata dai ricordi idealizzati o, peggio ancora, sognati…

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A leggere la maggioranza dei volenterosi recensori "free lance", e le pagine cartacee di questa rivista(in numero addirittura semi-monografico per il Maestro canadese), pare che "The Shrouds" debba solo ottenere consensi universali, ed essere elogiato immancabilmente come "Uno dei migliori film del 2025" da critici cinematografici delle rivista e dei siti, quelli sempre sul vento che tira, e che praticamente ti farebbero disgustare da ogni film e da tutto il cinema, anche quello-ancora poco- che realmente ti lascia qualcosa dentro. L'entusiasmo che circonda certi ex grandi registi ora bolliti come Cronenberg, prima Lynch, forse da ora in poi Nolan ecc., è solamente folle. 

"The Shrouds" è stato dichiarato da praticamente tutti di questi rivista, quelli pagati, "un autentico capolavoro", prima ancora di raggiungere il pubblico. È pericoloso quando un film raggiunge questo livello di grandezza, quando diventa troppo sacro per essere criticato…

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Impossibile non trovare qualcosa di interessante in The Shrouds. Il regista stesso e la sua filosofia, mutata e rinnovata nel corso degli anni, hanno ancora la capacità di farci riflettere attraverso qualcosa di respingente.

Se una volta i cambiamenti del corpo servivano a parlarci di una nuova vita, con questo film Cronenberg ci mostra come il cambiamento continua anche dopo la morte. Questo vale per chi non può vedere il proprio corpo sgretolarsi, ma anche per chi può ancora vedere e sceglie di farlo, per chi sceglie di assistere a quel cambiamento.

Un cronenberghiano Vincent Cassel impersona Karsh, un ricco vedovo che tenta di superare la morte della moglie defunta restandole morbosamente attaccato, sia fisicamente che emotivamente, cercandola e ritrovandola nelle donne che frequenta. The Shrouds si muove tra il concreto e l'onirico, mostrandoci la realtà attraverso gli occhi del protagonista.

È impossibile non trovare qualcosa di interessante nel film, il presupposto tiene in piedi tutto, purtroppo non per l'intera durata.
La sensazione è quella di assistere ad un trattato, ad un saggio visivo con un relatore accattivante ma egli stesso confuso. Prima viene introdotto l'argomento, poi veniamo trascinati dentro un complotto tra spie russe e intelligence cinesi, tra milionari ungheresi e santoni islandesi, che tutto fa tranne che approfondire il tema centrale...

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Ungheresi, islandesi, russi, cinesi, hacker, parenti acquisiti, donne che vissero due volte, avatar manipolatori, cieche d’oriente, tutti paiono avere qualche possibile motivazione o responsabilità. L’incedere però è purtroppo inerte e si finiscono per perdere le coordinate del racconto che scorre senza nerbo finendo irrisolto, senza che sia ben chiaro chi ha fatto cosa e perché e se ciò che si vede sia sogno, realtà o entrambe le cose. Senza però nemmeno che ciò interessi più di tanto. Chissà, forse l’idea di Cronenberg era proprio questa, accumulare ipotesi, sparigliare continuamente le carte, spiazzare senza un senso unico interpretativo, facendosi tramite del caos comunicativo contemporaneo. Il problema è che, qualunque sia la tesi, l’impasto non funziona e il film finisce per perdere per strada lo spettatore, a tratti ammaliato, ma complessivamente più annoiato che incuriosito.

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