giovedì 17 aprile 2025

Panique – Julien Duvivier

tratto da un romanzo di Georges Simenon, Michel Simon (immenso) è Monsieur Hire, un uomo che non disturba nessuno, ed è mal sopportato da tutti.

il problema fatale è che s'innamora di una donna, lui si dà completamente, lei lo inganna dall'inizio e lo mette in trappola.

la calunnia è un venticello, dicono Gioacchino Rossini ed Edoardo Bennato, così in quel quartiere di Parigi la folla, non anonima, ma composta da persone che conoscevano l'antipatico barbuto, si attiva per linciare Monsieur Hire.

l'esito è terribile, con una sorpresa finale.

un film da non perdere, nessuno se ne pentirà.

buona (simenoniana) visione - Ismaele


  

QUI il film completo, in francese



Dal romanzo di Georges Simenon “Les fiançailles de Monsieur Hire” sono stati ricavati due adattamenti cinematografici:  “Panique” di Julien Duvivier (1946) e il più noto “L’insolito caso di Monsieur Hire” di Patrice Laconte (1989). Si tratta di due capolavori e non saprei dire quale sia il migliore. Alla sceneggiatura del primo lo stesso Simenon collaborò con Charles Spaak. Siamo di fronte ad un noir d’epoca di raffinatissima fattura, degno di titoli come “Le jour se lève” o “Quai des brumes” di Marcel Carné. Rispettando lo spirito del romanzo, regista e sceneggiatori non si interessano tanto al giallo, quanto all’atmosfera che si viene a creare intorno, al carattere del protagonista e alla mentalità del mondo meschino che lo circonda. In una località imprecisata della Francia, è  stato ritrovato il cadavere di una donna. Allo spettatore viene ben presto rivelata l’identità dell’assassino, come avviene in molti film di Alfred Hitchcock. I sospetti della collettività cadono invece sul taciturno e misantropo Monsieur Hire, uomo solitario e innamorato della giovane Alice (Viviane Romance), legata sentimentalmente ad Alfred, un malvivente cinico e volgare, che sappiamo essere l’autore dell’omicidio. Pur di salvare il suo compare, la ragazza fingerà di accettare la corte di Monsieur Hire, per poi abbandonarlo ad un atroce linciaggio. Film nerissimo, dunque, ma perfetto nella descrizione della piccola gente assetata di vendetta, di quel passa-parola meccanico e irrazionale che sfocia nella più feroce violenza. Michel Simon, che in questo ruolo non sembra proprio essere già un cinquantenne, ci appare alto, slanciato, con folta barba nera, occhi roteanti, ironico e talvolta sarcastico. Oscilla costantemente tra ingenuità e saggezza, incomprensione della realtà che lo circonda e giudizi sferzanti. La sua imponenza, la fermezza della sua recitazione ricordano le fenomenali prestazioni del migliore Orson Welles. Un film gigantesco, da riscoprire e valorizzare.

da qui

 

Il misantropo Hire, astrologo di professione e fotografo per diletto, "immortala" un omicida e si innamora della donna di questi. Esemplare racconto sull'irrazionalità della "folla", con Duvivier che trasforma il caustico racconto di Simenon in apologo sul bisogno di capro espiatorio nella Francia non ancora libera dal "fascismo" di Vichy. Simon, possente e misurato reietto quanto ingenuo e delicato innamorato, è superlativo, accerchiato da una congerie di tipi "infami": la prostituta, il macellaio, il ladro inamidato, la donna perduta (sensuale Romance).

da qui

 

Da un Simenon senza Maigret (Il fidanzamento di Monsieur Hire), Duvivier si conferma abilissimo nel catturare atmosfere, il crimine resta secondario, ed è opportuno evidenziare due date: il romanzo uscì nel 1933, fra i primi in cui lo scrittore si firmò con il suo vero nome, il film arrivò tredici anni dopo, compiuta la parabola delle leggi razziali e del collaborazionismo, categorie di persone erano state schedate, perseguitate, sterminate.

Nel 1895, il sociologo Gustave Le Bon aveva pubblicato Psicologia delle folle, testo discutibile ma terribilmente profetico; Le Bon si era interrogato sulle cause della paranoia e sulla malvagità in cui sprofondano le folle, attizzate da qualcuno o preda di paure irrazionali. Fritz Lang ne ricaverà M, il mostro di Dusseldorf, Clouzot il non meno tragico Il corvo. Anche Simenon aveva annusato l’aria, percepito l’incubo che stava arrivando, quanto è facile seminare sospetti e identificare un colpevole, pur di sentirsi innocenti.

Duvivier può contare su tre punti di forza: lo sceneggiatore belga Charles Spaak (il padre di Catherine, che aveva firmato La grande illusione); lo scenografo Serge Piménoff (sue le scene del Napoléon di Abel Gance); un attore come Michel Simon (L’AtalanteIl porto delle nebbie e tanto altro), fisicamente antitetico al personaggio narrato da Simenon.

La trama si sviluppa a Villejuif, sobborgo parigino. Monsieur Hire è un tipo solitario, non lega con nessuno, “diverso” dalla brava gente che compone quella comunità. Viene trovato il cadavere di una donna, proprio quando Hire si sta innamorando di Alice (Viviane Romance), che si è fatta qualche mese di prigione pur di salvare Alfred, il suo uomo. Certo, Hire è brutto, è un voyeur, ma il suo corteggiamento è gentile, delicato, si illude di poter iniziare una nuova vita, non sa del patto fra l’assassino e Alice, che – per amore – si presta a incastrare un innocente.

Il finale del film è ancora più tragico del romanzo.

da qui

 

…Sin duda el encanto de la realización de Duvivier, con un guión firmado por él mismo y Charles Spaak, reside en la complejidad del triángulo romántico y la decrepitud moral de fondo: Hire la ve a ella desde la ventana de su habitación porque ambos comparten hotel, así se enamora y le hace saber que su novio es el verdugo de Noblet, algo que el susodicho le confirma en la cama para luego espantarse cuando la fémina le aclara que su vecino incluso tiene una prueba incriminatoria irrefutable que a su vez lleva al dúo de criminales a manipular a Hirovich ganándose su confianza para que ella plante la cartera de la occisa en el cuarto del hombre, estrategia que para colmo complementan con la “difusión” de nuevos chismes acerca del misántropo que incluyen la hipnosis, la pederastia y hasta el clavar agujas en las fotos para desencadenar dolencias varias en los retratados de ocasión. El opus explora con lujo de detalles lo fácil que resulta direccionar el odio popular hacia un chivo expiatorio que libere de culpas al verdadero responsable del crimen o los crímenes de turno, sobre todo en una dinámica social conservadora y claustrofóbica que castiga de manera tácita a cualquiera que no se amolde a los patrones prefijados y/ o cierto ideario en común. Varios son los personajes que encarnan a esta pusilanimidad obrera y burguesa en general: está Capoulade (Max Dalban), el carnicero con ocho hijos del barrio que ataca a Hire porque le critica la carne, luego viene Sauvage (Guy Favières), un patético recaudador de impuestos que la va de intelectual y despotrica contra las artes ocultas, y finalmente está el mismo Chartier, un payaso que fanfarronea cual criminal experimentado ante Alice pero que frente a Hirovich no puede hacer nada ante el ingenio, la rapidez y el brío del hombre.

da qui

 


Nessun commento:

Posta un commento