tratto da un romanzo di Georges Simenon, Michel Simon (immenso) è Monsieur Hire, un uomo che non disturba nessuno, ed è mal sopportato da tutti.
il problema fatale è che s'innamora di una donna, lui si dà completamente, lei lo inganna dall'inizio e lo mette in trappola.
la calunnia è un venticello, dicono Gioacchino Rossini ed Edoardo Bennato, così in quel quartiere di Parigi la folla, non anonima, ma composta da persone che conoscevano l'antipatico barbuto, si attiva per linciare Monsieur Hire.
l'esito è terribile, con una sorpresa finale.
un film da non perdere, nessuno se ne pentirà.
buona (simenoniana) visione - Ismaele
QUI il film completo, in francese
Dal romanzo di Georges Simenon “Les fiançailles de Monsieur
Hire” sono stati ricavati due adattamenti cinematografici: “Panique” di Julien
Duvivier (1946) e il più noto “L’insolito caso di Monsieur Hire” di Patrice
Laconte (1989). Si tratta di due capolavori e non saprei dire quale sia il
migliore. Alla sceneggiatura del primo lo stesso Simenon collaborò con Charles
Spaak. Siamo di fronte ad un noir d’epoca di raffinatissima fattura, degno di
titoli come “Le jour se lève” o “Quai des brumes” di Marcel Carné. Rispettando
lo spirito del romanzo, regista e sceneggiatori non si interessano tanto al
giallo, quanto all’atmosfera che si viene a creare intorno, al carattere del
protagonista e alla mentalità del mondo meschino che lo circonda. In una
località imprecisata della Francia, è stato ritrovato il cadavere di una
donna. Allo spettatore viene ben presto rivelata l’identità dell’assassino,
come avviene in molti film di Alfred Hitchcock. I sospetti della collettività
cadono invece sul taciturno e misantropo Monsieur Hire, uomo solitario e
innamorato della giovane Alice (Viviane Romance), legata sentimentalmente ad
Alfred, un malvivente cinico e volgare, che sappiamo essere l’autore
dell’omicidio. Pur di salvare il suo compare, la ragazza fingerà di accettare
la corte di Monsieur Hire, per poi abbandonarlo ad un atroce linciaggio. Film
nerissimo, dunque, ma perfetto nella descrizione della piccola gente assetata
di vendetta, di quel passa-parola meccanico e irrazionale che sfocia nella più
feroce violenza. Michel Simon, che in questo ruolo non sembra proprio essere
già un cinquantenne, ci appare alto, slanciato, con folta barba nera, occhi roteanti,
ironico e talvolta sarcastico. Oscilla costantemente tra ingenuità e saggezza,
incomprensione della realtà che lo circonda e giudizi sferzanti. La sua
imponenza, la fermezza della sua recitazione ricordano le fenomenali
prestazioni del migliore Orson Welles. Un film gigantesco, da riscoprire e
valorizzare.
Il misantropo Hire, astrologo di professione e fotografo per
diletto, "immortala" un omicida e si innamora della donna di questi.
Esemplare racconto sull'irrazionalità della "folla", con Duvivier che
trasforma il caustico racconto di Simenon in apologo sul bisogno di capro
espiatorio nella Francia non ancora libera dal "fascismo" di Vichy.
Simon, possente e misurato reietto quanto ingenuo e delicato innamorato, è
superlativo, accerchiato da una congerie di tipi "infami": la
prostituta, il macellaio, il ladro inamidato, la donna perduta (sensuale
Romance).
Da un Simenon senza Maigret (Il fidanzamento di Monsieur Hire), Duvivier si
conferma abilissimo nel catturare atmosfere, il crimine resta secondario, ed è
opportuno evidenziare due date: il romanzo uscì nel 1933, fra i primi in cui lo
scrittore si firmò con il suo vero nome, il film arrivò tredici anni dopo,
compiuta la parabola delle leggi razziali e del collaborazionismo, categorie di
persone erano state schedate, perseguitate, sterminate.
Nel 1895, il sociologo Gustave Le Bon
aveva pubblicato Psicologia delle folle,
testo discutibile ma terribilmente profetico; Le Bon si era interrogato sulle
cause della paranoia e sulla malvagità in cui sprofondano le folle, attizzate
da qualcuno o preda di paure irrazionali. Fritz Lang ne ricaverà M, il mostro di Dusseldorf, Clouzot il non meno
tragico Il corvo. Anche Simenon aveva
annusato l’aria, percepito l’incubo che stava arrivando, quanto è facile
seminare sospetti e identificare un colpevole, pur di sentirsi innocenti.
Duvivier può contare su tre punti di
forza: lo sceneggiatore belga Charles Spaak (il padre di Catherine, che aveva
firmato La grande illusione); lo
scenografo Serge Piménoff (sue le scene del Napoléon di
Abel Gance); un attore come Michel Simon (L’Atalante, Il porto delle nebbie e tanto altro),
fisicamente antitetico al personaggio narrato da Simenon.
La trama si sviluppa a Villejuif,
sobborgo parigino. Monsieur Hire è un tipo solitario, non lega con nessuno,
“diverso” dalla brava gente che compone quella comunità. Viene trovato il
cadavere di una donna, proprio quando Hire si sta innamorando di Alice (Viviane
Romance), che si è fatta qualche mese di prigione pur di salvare Alfred, il suo
uomo. Certo, Hire è brutto, è un voyeur, ma il suo corteggiamento è gentile,
delicato, si illude di poter iniziare una nuova vita, non sa del patto fra
l’assassino e Alice, che – per amore – si presta a incastrare un innocente.
Il finale del film è ancora più tragico
del romanzo.
…Sin duda el encanto de la realización de Duvivier, con un
guión firmado por él mismo y Charles Spaak, reside en la complejidad del
triángulo romántico y la decrepitud moral de fondo: Hire la ve a ella desde la
ventana de su habitación porque ambos comparten hotel, así se enamora y le hace
saber que su novio es el verdugo de Noblet, algo que el susodicho le confirma
en la cama para luego espantarse cuando la fémina le aclara que su vecino
incluso tiene una prueba incriminatoria irrefutable que a su vez lleva al dúo
de criminales a manipular a Hirovich ganándose su confianza para que ella
plante la cartera de la occisa en el cuarto del hombre, estrategia que para
colmo complementan con la “difusión” de nuevos chismes acerca del misántropo
que incluyen la hipnosis, la pederastia y hasta el clavar agujas en las fotos
para desencadenar dolencias varias en los retratados de ocasión. El opus
explora con lujo de detalles lo fácil que resulta direccionar el odio popular
hacia un chivo expiatorio que libere de culpas al verdadero responsable del
crimen o los crímenes de turno, sobre todo en una dinámica social conservadora
y claustrofóbica que castiga de manera tácita a cualquiera que no se amolde a
los patrones prefijados y/ o cierto ideario en común. Varios son los personajes
que encarnan a esta pusilanimidad obrera y burguesa en general: está Capoulade
(Max Dalban), el carnicero con ocho hijos del barrio que ataca a Hire porque le
critica la carne, luego viene Sauvage (Guy Favières), un patético recaudador de
impuestos que la va de intelectual y despotrica contra las artes ocultas, y
finalmente está el mismo Chartier, un payaso que fanfarronea cual criminal
experimentado ante Alice pero que frente a Hirovich no puede hacer nada ante el
ingenio, la rapidez y el brío del hombre.
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