il regista ricostruisce l'omicidio di Ben Barka, con un insieme di attori straordinari, tutti perfetti nel loro ruolo, merito di Yves Boisset, un grande, sottovalutato, regista.
tutti sono d'accordo per uccidere Ben Barka, servizi segreti, polizia, governi, giornalisti fanno parte di un complotto mortale.
la sceneggiatura non fa mai annoiare, si tratta di un film politico, senza sconti per nessuno, un thriller contro il tempo.
un film da non perdere, promesso.
buona (Ben Barka) visione - Ismaele
QUI il film completo, in
francese
QUI e QUI la ricostruzione dell'omicidio di Ben Barka, anche il Mossad ha una parte importante.
…Se la prima parte del film è tutta ben calibrata sul
complotto che a poco a poco avvolge nelle sue spire il leader d’opposizione,
esiliato a Ginevra, di un non meglio precisato paese arabo (un sempre ottimo
Gian Maria Volonté), successivamente nella battaglia per la verità promossa dal
personaggio di Darien L’attentato mostra
le sue pagine migliori, nell’ordine di un’opprimente caccia all’uomo scandita
su alcune splendide sequenze d’azione. Azione qui intesa nel suo senso più
originariamente cinematografico: lontano dall’epoca dei dominanti effetti
speciali, Boisset confeziona sequenze di puro inseguimento in cui l’unico
strumento per mettersi in salvo è correre più veloce di chi insegue. Boisset
mostra grande gusto nella scelta funzionale delle location, mentre sulla
smorfia d’angoscia di Trintignant in mezzo alla strada risiede lo strumento di
maggiore immedesimazione per chi vede, catapultato in un universo dove è
impossibile trovare rifugio in nessuna istituzione, e in nessun luogo. Ovunque
arriva un potere più forte e tentacolare, e qualsiasi figura, anche la più
rassicurante, può tramutarsi in carnefice nel volgere di due inquadrature.
A differenza delle distorsioni petriane, Boisset
ricorre alle sicurezze del cinema di genere, con sfruttamento fortemente
espressivo dei luoghi reali di ripresa. Un appuntamento a due passi dall’Arco
di Trionfo, un dialogo serrato in un’affollata metropolitana, una bidonville di
periferia, una stazioncina ferroviaria: collocato nell’atmosfera di un
realistico incubo diurno, L’attentato si
pone a un crocevia espressivo tra polar francese e poliziesco all’italiana
(eccellente e funzionale il commento musicale di Ennio Morricone), riletti alla
luce del pieno e dichiarato impegno politico…
La forza de "L'attentato" non sta nella trama
tinta di intrigo geopolitico. Ma in quella solidità filmica tipica di un certo
cinema anni settanta, data dal talento degli attori che si mettevano al
servizio della storia e dal mestiere di un regista come Boisset che sapeva come
non strafare. Ovvero, quel buon cinema medio che si sa fare sempre meno.
Nel 1972 Gian Maria Volontè era
all’apice della sua carriera. Le sue interpretazioni erano uno spettacolo dopo
l’altro: tra il persuasivo Enrico Mattei de “Il caso Mattei” di Rosi, il redattore reazionario di “Sbatti il mostro in prima pagina” di Marco Bellocchio e il laconico “Lucky Luciano” ancora di Rosi, infilò il
carismatico leader socialista di un ipotetico paese del Nord Africa,
riconducibile al politico marocchino Mehdi Ben Barka,
ucciso pochi anni prima a Parigi.
Il Sadiel di Volontè è un
bel personaggio sobrio, rispetto alla media di sue interpretazioni dell’epoca,
sofferente perché in esilio. Ricorda il Moro stritolato psicologicamente dalla
prigionia e dagli eventi del film di Ferrara. In tre sequenze di
dialogo/confronto esplica la sua personalità con tre personaggi opposti e
differenti quali l’amico Darien di
Trintignant, il nemico Kassar di
Piccoli e l’ex allievo di Denis Manuel.
Nel primo sentiamo le radici proletarie che contribuirono all’esigenza di
riscatto e formazione dell’uomo politico pronto a tornare in patria per
liberare il popolo; nella seconda il duro confronto con Kassar, al quale chiude
ogni apertura con la forza degli ideali contrapposti alla violenza della
proposta; nella terza avvertiamo il cuore e la nostalgia.
Capolavoro del cinema francese di
denuncia politica. Ispirato da un fatto realmente accaduto nel 1965 in Francia,
è un film crudo violento e con un alto livello di tensione. Il protagonista
magistralmente interpretato da Trintignant è uno scrittore fallito labile e
debole pian piano viene incastrato in un gioco più grande di lui. Eccellente
come sempre l'interpretazione di Volontè (ci sono inoltre delle attinenze
con Il caso Mattei,
che proprio lui interpretò). Cast straodinario con attori tutti di altissimo
livello (in particolare Cremer, Bouquet e Perier).
Sadiel sta per tornare in patria per far parte del nuovo
governo. Il ministro militare Kassar vuole impedirlo, con l'aiuto della CIA e
di personalità francesi legate ai servizi segreti. Si organizza segretamente un
incontro tra i due con l'inconsapevole tramite di Darien, amico ricattabile di
Sadiel. Bosset muove con sapienza i pezzi della sua scacchiera: tutti
"Re". Il tormentato Darien (Trintignant), l'idealista Sadiel
(Volonté), il sulfureo Kassar (Piccoli), i viscidi Garcin e Lempereur (Noiret e
Bouquet). Film inevitabilmente politicizzato, ha ritmo serrato e ottima colonna
sonora
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