mercoledì 16 aprile 2025

L'attentato - Yves Boisset

il regista ricostruisce l'omicidio di Ben Barka, con un insieme di attori straordinari, tutti perfetti nel loro ruolo, merito di Yves Boisset, un grande, sottovalutato, regista.

tutti sono d'accordo per uccidere Ben Barka, servizi segreti, polizia, governi, giornalisti fanno parte di un complotto mortale.

la sceneggiatura non fa mai annoiare, si tratta di un film politico, senza sconti per nessuno, un thriller contro il tempo.

un film da non perdere, promesso.

buona (Ben Barka) visione - Ismaele


 

QUI il film completo, in francese


QUI e QUI la ricostruzione dell'omicidio di Ben Barka, anche il Mossad ha una parte importante.


 

Se la prima parte del film è tutta ben calibrata sul complotto che a poco a poco avvolge nelle sue spire il leader d’opposizione, esiliato a Ginevra, di un non meglio precisato paese arabo (un sempre ottimo Gian Maria Volonté), successivamente nella battaglia per la verità promossa dal personaggio di Darien L’attentato mostra le sue pagine migliori, nell’ordine di un’opprimente caccia all’uomo scandita su alcune splendide sequenze d’azione. Azione qui intesa nel suo senso più originariamente cinematografico: lontano dall’epoca dei dominanti effetti speciali, Boisset confeziona sequenze di puro inseguimento in cui l’unico strumento per mettersi in salvo è correre più veloce di chi insegue. Boisset mostra grande gusto nella scelta funzionale delle location, mentre sulla smorfia d’angoscia di Trintignant in mezzo alla strada risiede lo strumento di maggiore immedesimazione per chi vede, catapultato in un universo dove è impossibile trovare rifugio in nessuna istituzione, e in nessun luogo. Ovunque arriva un potere più forte e tentacolare, e qualsiasi figura, anche la più rassicurante, può tramutarsi in carnefice nel volgere di due inquadrature.
A differenza delle distorsioni petriane, Boisset ricorre alle sicurezze del cinema di genere, con sfruttamento fortemente espressivo dei luoghi reali di ripresa. Un appuntamento a due passi dall’Arco di Trionfo, un dialogo serrato in un’affollata metropolitana, una bidonville di periferia, una stazioncina ferroviaria: collocato nell’atmosfera di un realistico incubo diurno, L’attentato si pone a un crocevia espressivo tra polar francese e poliziesco all’italiana (eccellente e funzionale il commento musicale di Ennio Morricone), riletti alla luce del pieno e dichiarato impegno politico…

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La forza de "L'attentato" non sta nella trama tinta di intrigo geopolitico. Ma in quella solidità filmica tipica di un certo cinema anni settanta, data dal talento degli attori che si mettevano al servizio della storia e dal mestiere di un regista come Boisset che sapeva come non strafare. Ovvero, quel buon cinema medio che si sa fare sempre meno.

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Nel 1972 Gian Maria Volontè era all’apice della sua carriera. Le sue interpretazioni erano uno spettacolo dopo l’altro: tra il persuasivo Enrico Mattei de “Il caso Mattei” di Rosi, il redattore reazionario di “Sbatti il mostro in prima pagina” di Marco Bellocchio e il laconico “Lucky Luciano” ancora di Rosi, infilò il carismatico leader socialista di un ipotetico paese del Nord Africa, riconducibile al politico marocchino Mehdi Ben Barka, ucciso pochi anni prima a Parigi.

Il Sadiel di Volontè è un bel personaggio sobrio, rispetto alla media di sue interpretazioni dell’epoca, sofferente perché in esilio. Ricorda il Moro stritolato psicologicamente dalla prigionia e dagli eventi del film di Ferrara. In tre sequenze di dialogo/confronto esplica la sua personalità con tre personaggi opposti e differenti quali l’amico Darien di Trintignant, il nemico Kassar di Piccoli e l’ex allievo di Denis Manuel. Nel primo sentiamo le radici proletarie che contribuirono all’esigenza di riscatto e formazione dell’uomo politico pronto a tornare in patria per liberare il popolo; nella seconda il duro confronto con Kassar, al quale chiude ogni apertura con la forza degli ideali contrapposti alla violenza della proposta; nella terza avvertiamo il cuore e la nostalgia.

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Capolavoro del cinema francese di denuncia politica. Ispirato da un fatto realmente accaduto nel 1965 in Francia, è un film crudo violento e con un alto livello di tensione. Il protagonista magistralmente interpretato da Trintignant è uno scrittore fallito labile e debole pian piano viene incastrato in un gioco più grande di lui. Eccellente come sempre l'interpretazione di Volontè (ci sono inoltre delle attinenze con Il caso Mattei, che proprio lui interpretò). Cast straodinario con attori tutti di altissimo livello (in particolare Cremer, Bouquet e Perier).

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Sadiel sta per tornare in patria per far parte del nuovo governo. Il ministro militare Kassar vuole impedirlo, con l'aiuto della CIA e di personalità francesi legate ai servizi segreti. Si organizza segretamente un incontro tra i due con l'inconsapevole tramite di Darien, amico ricattabile di Sadiel. Bosset muove con sapienza i pezzi della sua scacchiera: tutti "Re". Il tormentato Darien (Trintignant), l'idealista Sadiel (Volonté), il sulfureo Kassar (Piccoli), i viscidi Garcin e Lempereur (Noiret e Bouquet). Film inevitabilmente politicizzato, ha ritmo serrato e ottima colonna sonora

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