domenica 22 ottobre 2023

Wake in Fright – Ted Kotcheff

un film che non lascia scampo, il povero maestro di città non risce a fuggire dall'outback australiano.e come ne "La leggenda del santo bevitore" una potente e implacabile calamita gli nega la salvezza.

i due protagonisti Gary Bond e Donald Pleasence sono eccezionali.

il film è un gioiellino da (ri)scoprire, promesso.

buona (prigioniera) visione - Ismaele


 

 

 

Ozploitation è una parola magica. Il cinema di genere australiano ha sempre mantenuto delle caratteristiche ben precise, il più delle volte legate ai netti contrasti del territorio: da un lato le città e le sviluppate zone costiere del sud, dall’altro l’outback ovvero le aree semidesertiche dell’interno, queste ultime viste come controparte negativa, pericolosa e retrograda. Proprio “Outback” è il titolo alternativo con il quale fu rilasciato “Wake In Fright”, pietra miliare del cinema aussie e documento imprescindibile per afferrare a pieno i concetti di cui sopra (civilizzazione vs abbrutimento), una pellicola per anni scomparsa dalla circolazione e solo nel 2009 restaurata per poi essere distribuita sia in dvd che in blu-ray.
John Grant è un maestro che lavora nella remota località di Tiboonda. Durante un viaggio verso Sydney (qui vive la sua ragazza), è costretto a fermarsi in una piccola cittadina denominata dagli abitanti Yabba, dove viene (suo malgrado) inoltrato nelle usanze tipiche degli uomini di quel luogo: gioco d’azzardo, alcool a fiumi e caccia al canguro, una vita primordiale nella quale non c’è posto per le donne, ma solo per una sporca routine fatta di autodistruzione. Il protagonista è costretto ad adeguarsi alla comunità trasformandosi in una bestia tra le bestie, in un paese nel quale l’acqua serve solo per lavarsi e dove non ci si scandalizza per uno stupro, ma solo per il rifiuto di un boccale di birra (“Have a drink, mate? Have a fight, mate? Have a taste of dust and sweat, mate? There’s nothing else out here”).
Il film fu vietato ai minori di diciotto anni per una scena controversa, quella della caccia al canguro: immagini vere, catturate durante la notte e pescate da un filmato realizzato da bracconieri professionisti. Ted Kotcheff (vegetariano dichiarato) ha sempre difeso questa sequenza di hunting footage dagli attacchi della censura, considerandola un atto di denuncia per la salvaguardia di questi marsupiali nel continente. Ma nel 2009, quando il film fu proiettato a Cannes, durante la scena incriminata dodici persone abbandonarono la sala.
Il realismo che si respira in “Wake In Fright” è impressionante, la fotografia è intrisa di una luce accecante, un giallo sudicio che avvolge lo spettatore in un lurido abbraccio di polvere e sudore. Però a funzionare è soprattutto il comparto attoriale, con Gary Bond e Donald Pleasence veri mattatori di un’opera divenuta di culto non solo in terra australiana (tra i suoi estimatori, ricordiamo Martin Scorsese e Nick Cave). Un film crudele (basato su un libro di Kenneth Cook del 1961), in un luogo dove le regole del quieto vivere borghese sono completamente ribaltate, un punto di partenza cruciale per il cinema ozploitation e per tutte quelle pellicole che seguiranno questi passi nella sabbia, in un mondo violento e senza umanità.
Ted Kotcheff, undici anni prima di dirigere “Rambo”, è entrato nella storia dalla porta principale, ma alcuni non lo sanno. Un ingresso trionfale che ha lasciato dei solchi profondi nel lungo cammino del cinema di genere australiano.

da qui


 

Fatta la necessaria tara a certe convenzioni estetiche e di linguaggio da film con quarant'anni sulle spalle, Wake in Fright è un pugno nello stomaco ancora oggi, per il modo in cui alza continuamente la posta e per singole scene fortissime, tra le quali spicca quella già citata in cui viene mostrata una brutale caccia al canguro, ripresa seguendo dei veri cacciatori scatenati nella notte. C'è anche, va detto, una vena satirica che scorre lungo tutto il film e strappa più di una risata, ma che non riesce mai a levare di dosso una profonda sensazione di disagio. Non c'è da stupirsi se il popolo ritratto dal film si è preso male, ma la verità è che, purtroppo, nulla di quel che viene mostrato, al di là di alcuni atteggiamenti esasperati per amor d'effetto inquietante, m'è parso poi così improbabile. Diretto e interpretato benissimo, incredibilmente evocativo nell'utilizzo che fa dei suoi paesaggi, Wake in Fright mi ha un po' ricordato The Wicker Man, per il modo in cui racconta il viaggio all'inferno di un uomo assorbito dalle assurdità della profonda provincia. La differenza sta nel fatto che nel film di Ted Kotcheff non ci sono strane cospirazioni e culti pagani, c'è solo la brutale normalità dell'essere umano abbandonato a se stesso. E forse per questo fa molta più paura.

da qui

 

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