un piccolo film, dura un'oretta, girato in pochi giorni, con un ritmo misterioso e implacabile, due protagonisti perfetti, con un grande regista, inganni su inganni, la maledizione del dollaro sempre in primo piano, scambi di persona, protagonista anche un bar che fa riposare, incontrare, pensare le persone.
un piccolo gioiellino da non perdere, non deluderà nessuno.
buona (implacabile) visione - Ismaele
QUI il film completo, in italiano
anche QUI il film completo, in italiano
… Ed è qui che Ulmer compie il gesto
filmico che fa la differenza tra un regista e un maestro: abbandona
l’espressione stravolta del suo protagonista e, con una lieve panoramica in
basso, fissa il quadro sul surreale dettaglio della tazza bianca di Al: una
tazza palesemente fuori scala, evidente traslazione scenografica di quella vera
tazza posata sul bancone alla quale abbiamo visto Al aggrapparsi. Una tazza che
è la sua ancora di salvataggio per poter restare lì e allora, in quello spazio
reale del Nevada Diner, lontano dal passato degli eventi accaduti che, di lì a
qualche secondo, un’altra dissolvenza incrociata ci offrirà, giocando
sull’allitterazione semantica tra il bordo della tazza, il cerchio del disco
che gira nel juke-box (raggiunto intanto con una magnifica carrettata
attraverso il buio irreale del bar) e la circonferenza della grancassa della
batteria dell’orchestra che suonava quella canzone nel suo passato felice a New
York...
È così che inizia Deviazione per l’inferno, magnifico road (to nowhere) movie seminale!
In una classifica dei migliori Noir della Storia del cinema
non dovrebbe mancare tra i primi dieci "Detour" di Edgar Ulmer,
maestro del film a basso costo. Il fatalismo tipico del genere si fa vera
poesia in una visione sconsolata del destino dell'Uomo, imprigionato in una
esistenza dominata dal Caso che anticipa di parecchi decenni anche la tematica
preferita del grande regista polacco Kieslowski. Le modalità espressive tipiche
del B movie in questo caso funzionano a meraviglia, hanno stimolato il talento
di Ulmer invece di limitarlo durante la lavorazione che durò solo sei giorni,
con un budget misero e attori di secondo piano. La voce fuori campo è usata in
abbondanza ma è indissociabile dall'universo Noir in cui bagna la trama e i
personaggi, fra cui il più memorabile è la donna fatale di Ann Savage che
ricatta il protagonista ma sarà punita dal destino "cinico e baro".
La regia è virtuosa nella sua economia di mezzi anche se il famoso piano
sequenza di sei minuti nella parte finale di cui parlavano molti critici è una
leggenda metropolitana, come giustamente sottoscritto nella play list di Inside
Man, perché l'inquadratura più lunga supera di poco il minuto. Per me resta
forse il capolavoro di Ulmer, il suo film piu' completo,con una menzione anche
per il bravo protagonista Tom Neale nel ruolo dello sfortunato Al Roberts.
…Un film incommensurabile, tra i più grandi capolavori
dei prolifici Anni '40, e tra i più caratteristici sia per quanto riguarda la
figura della femme fatale, in questo caso Ann Savage, che dà gli ordini,
ricatta, compie giochi psicologici e gioca con le debolezze caratteriali. E'
anche un film che tratta l'imprevedibilità delle esperienze nella vita. Al:
"[..] di tutte le ragazze che pèotevano capitarmi, mi era capitato
d'imbattermi proprio in quella ragazza [..] Nella vita qualunque strada un uomo
decide di percorrere, se il destino gli è contrario, lo aspetta al varco e gli
fa cambiare direzione."
Vera: "La vita è come una partita di
baseball, devi sfruttare tutte le occasioni e non devi mai perdere di vista la
palla."
La scena del litigio nel finale e la sequenza
della mdp che inquadra ora il primo piano del viso di Vera sdraiata sul letto,
ora la scrivania della camera da letto, ora la bottiglia vuota di brandy, ora
il pavimento, con offuscamenti e messe a fuoco alternate, mentre Al recita
l'ennesimo soliloquio, rimarrà d'antologia per l'intera storia del cinema.
Al nel finale: "[..]
dovevo sparire [..] vagavo per la camera sotto l'effetto dello shock, tutto mi
appariva come avvolto da una nebbia, non riuscivo a coordinare le idee [..] non
sarei mai più potuto ritoranre a New York [..] ero a Beckersfield, la polizia
cercava Charles Heskell, un uomo morto [..] Heskell mi aveva cacciato nei
pasticci ed ora me ne tirava fuori [..] quale sarebbe stata la mia vita se non
avessi chiesto ad Heskell quel passaggio [..] di una cosa sono certo, anzi certissimo.. un giorno una macchina
si fermerà davanti a me, e questa volta senza che io abbia chiesto il
passaggio... si! il destino: questa forza misteriosa. Può puntare il dito
contro di me o contro di voi, senza una ragione apparente...."
Ma tutto è
funzionale, non c’è una sbavatura od un minuto di più. Nell’oretta di film è come
entrare in una nube di fumo metropolitano nella quale è difficile addentrarsi,
per poi uscirne e suonare nervosamente un pianoforte, fare l’autostop ed essere
invasi dall’angoscia. Teso come il filo di un telefono attorcigliato al fine di
suicidarsi, oscuro come una notte in autostrada, umido come una
pioggia battente ed inaspettata, livido come un pensiero allucinante in un
momento di crisi.
È un altro
film sulla memoria (forse più sul ricordo), che prende accenti sfuocati ed
incomprensibili, quasi a voler sottolineare per l’ennesima volta che niente è
come sembra, che l’apparenza è la più grande fregatura in cui l’uomo possa
imbattersi. Film sul caso e sul destino. Film sull’arcano che si fa verbo.
… Raccontata
dalla voce fuori campo del protagonista, presentato nella prima scena come un
avventore scontroso all’interno di un diner dove si fermano per una breve sosta
i viaggiatori delle highway, la storia di questo musicista fallito appare cupa
come gli ambienti, perlopiù notturni e piovosi, che la accompagnano. Al si
limita a desiderare, per sé e la sua donna, il minimo: nessun grande colpo o
sogni di gloria artistica, solamente una vita tranquilla in qualche periferia
della sterminata provincia americana. Ma il destino non lo accontenta, e ad
ogni bivio Al sceglierà sempre la strada sbagliata. Lo racconta in un lungo
flash back con un’amarezza priva di rabbia, come se la sua sorte fosse il pegno
da pagare quando si nasce dalla parte sbagliata della scala sociale. E quando
questo succede nella patria delle mille opportunità, dove la narrazione
costante è quella di essere artefici della propria fortuna, perché arriva
sempre un’occasione di cui approfittare, significa che i sogni di Al sono
evaporati con la pioggia della notte.
Vera è una dark lady priva di fascino, di eleganza e di stile, interessata solo a fare quattrini, Al una vittima consapevole e svuotata di forze. Due losers che uniscono i propri destini senza riscatto, trascinandosi reciprocamente verso l’abisso: il loro incontro provoca un cortocircuito fatale, dal quale Al sarà costretto a fuggire tutta la vita, senza mai fermarsi, nell’attesa che qualcuno, in una notte come quelle in cui è ormai costretto a vivere, lo riconosca e lo tiri fuori dal suo incubo.
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