dialoghi monchi, l'autorità, chi comanda, chi opprime non si vede, non ne ha bisogno, gli autori non ce li mostrano, gli oppressori, forse anche questa è una forma di (giusto) disprezzo.
i nove perseguitati, a vari livelli, umiliati e offesi, devono difendersi, giustificarsi, soffrire per (non) ottenere dei minimi diritti civili e umani.
se in qualche momento si sorride, passa subito, non preoccupatevi.
al cinema in pochissime sale.
buona (terribile) visione - Ismaele
…La potenza della parola diventa a tutti gli effetti
onnipresente grazie allo stile minimal scelto
dai due registi iraniani: la colonna sonora è quasi del tutto
assente, a nove episodi – escludendo l’epilogo catastrofico –
corrispondono nove long take a telecamera fissa, dove ad
essere inquadrati sono soltanto gli accusati, mentre gli inquisitori restano
sinistramente sullo sfondo. Lo spettatore, dunque, si ritrova catapultato su
scene spiazzanti e a tratti orrorifiche, i cui dialoghi presentano per
giunta chiare venature grottesche. Scene di vita quasi
kafkiane, dove la risata, se c’è, è amarissima e si
eclissa immediatamente nell’assurdità della vicenda narrata. Da qui si spiega
il titolo italiano Kafka a Teheran: meno impattante
dell’originale, ma tutto sommato valido.
Al terribile realismo dei nove episodi fa infine da
contrappunto un epilogo ricco di simbolismi, che sembra
richiamare certi film massimalisti di un certo cinema occidentale. Il terremoto
che scuote le fondamenta di un intero paese, la natura che si riprende i suoi
spazi a discapito dell’uomo piccolo e impotente. Necessità e oblio,
materialismo e distruzione raccontati in chiave magistrale prima da Robert
Altman in Short Cuts – America oggi in
Italia -, e poi dal suo allievo Paul
Thomas Anderson in Magnolia. L’umanità
annientata per la sua disumanità, e di conseguenza lo scotto pagato paradossalmente
da chi cerca di raccontare questa concreta possibilità, come testimonia il
fatto che a uno dei due registi di Kafka a Teheran, Ali
Asgari, è stato confiscato il passaporto e proibito di
realizzare un nuovo film.
…I due
registi hanno fatto un lavoro di resistenza civile che deve essere costato non
poca fatica, espedienti e rischi e che non avrà spazio di visione in Iran.
Perché questo è un cinema di denuncia sociale che, con grande semplicità di
mezzi e con un approccio estremamente diretto alla realtà, sa comunicare con
efficacia il proprio grido di ribellione molto più di altre opere formalmente
elaborate ma distanti anni luce da una fruizione non intellettualisticamente di
nicchia...
…Kafkiana, appunto. A raccontarcelo, con uno stile essenziale e sempre uguale
(macchina da presa immobile, un solo soggetto in campo a duellare a parole con
il vessatore di turno di cui udiamo soltanto la voce), sono due registi - Ali
Asgari e Alireza Khatami - che rinfoltiscono la schiera di una delle migliori
cinematografie al mondo, costretta quasi costantemente nella cattività di spazi
raccolti, inosservabili dall'esterno, che permettano di girare film
coraggiosissimi come questo. Ai capolavori di Farhadi, Majidi, Javidi e
Jalilvand si aggiunge questa opera insolita, aperta e chiusa dalla minaccia
sorda del terremoto, metafora di una nazione fatta di burocrazia ottusa,
maschilismo imperante, abusi di potere, fondamentalismo religioso: tutto quello
che, con altrettanta rapidità, potrebbe diventare l'Occidente in un futuro
distopico non così lontano.
…non c'è mai
un colpevole, poichè chi è nascosto dalla telecamera e guarda il giudicato
osserva regole indiscutibili poichè scritte nel libro sacro e quindi
insindacabili, anche nel momento in cui non si è liberi di togliersi il velo
nemmeno nella prorpia casa, se qualcuno dalla finestra può vedere.
e non è il vedere l'atto criminoso, se mai ci fosse del crimine nel
vedere; bensì l'essere guardato o peggio guardata.
poichè il vedere implica l'essere vista.
possedere tatuaggi di una nota poesia iraniana non è ritenuto
normale, ma sentirsi chiedere di spogliarsi integralmente di fronte ad un
funzionario statale per mostrarglieli, lo è.
è un crimine avere i capelli corti per non poter fissare il velo con
le forcine; è un crimine prendere un antiacido, possedere un cane(animale
considerato impuro), essere una bambina a cui piace ballare, capirai il non
conoscere versi del corano.
il potere vuole sapere il perchè di ogni cosa, il perchè di un anti
acido, il perchè di una maglietta con su topolino; il potere impone cosa è
normale e cosa non lo è.
il potere ti concede di fare domande, ma il fare domande potrebbe
essere considerato sconveniente; se non hai nulla da nascondere perchè
insistere a chiedere…
…A raccontarcelo, con uno stile
essenziale e sempre uguale (macchina da presa immobile, un solo soggetto in
campo a duellare a parole con il vessatore di turno di cui udiamo soltanto la
voce), sono due registi - Ali Asgari e Alireza Khatami - che rinfoltiscono la
schiera di una delle migliori cinematografie al mondo, costretta quasi
costantemente nella cattività di spazi raccolti, inosservabili dall'esterno,
che permettano di girare film coraggiosissimi come questo. Ai capolavori di
Farhadi, Majidi, Javidi e Jalilvand si aggiunge questa opera insolita, aperta e
chiusa dalla minaccia sorda del terremoto, metafora di una nazione fatta di
burocrazia ottusa, maschilismo imperante, abusi di potere, fondamentalismo
religioso: tutto quello che, con altrettanta rapidità, potrebbe diventare
l'Occidente in un futuro distopico non così lontano.
… Lo sfondo macroscopico è Teheran dove milioni di persone
vivono una guerra ininterrotta ai lati opposti di un fronte ipotetico, che la
divide: una moltitudine in cerca di normalità ed un’altra composta dai fanatici
del regime dietro cui nascondono i propri soprusi. Censura e ricatto, ed una
legge sacra da esibire come giustificazione contro il peccato di volere
un’esistenza ordinaria priva di stupidi divieti. La morale è abbastanza chiara,
il male non si nasconde nell’ombra, è radicato nel territorio e si alimenta
grazie alla corruzione e le delazioni. Il tono complessivo è in linea con la
premessa di normalità e di poco artefatto, e le drammatiche conseguenze nascono
da un clima dai tratti aberranti, provocando lo sdegno dopo aver soffocato una
risata amara.
Regrediti dopo la
rivoluzione Khomeinista, ormai passato remoto, i diritti civili in Iran hanno
subito una drastica battuta d’arresto, riservando alle donne la condanna più
pesante, quella di essere il bersaglio preferito dei fondamentalisti, come il
film non manca di rimarcare. La piccola durata, poco più di settanta minuti,
non intaccano l’enorme valore politico di denuncia e la potenza del messaggio,
una voce che con il suo disappunto intelligente, nei modi e nei tempi ordinati
spinge a lottare ogni giorno contro chi vorrebbe ridurti al silenzio.
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