Se credi sia il solito filmetto/filmone sei sulla cattiva strada.
E' un film sorprendente, ci sono i bastardissimi assassini ipertecnologici a stelle e strisce che vogliono sterminare un nemico, casualmente in Asia, che è proprio diverso, si tratta di un'elite chiamata AI, che ha una tecnologia superiore, capace di disabilitare la potenza di fuoco dell'Impero.
Gli attori sono bravissimi (anche per merito del regista Gareth Edwards), sopratutto John David Washington e Madeleine Yuna Voyles, il gigante e la bambina.
Dicono che gli AI non hanno anima, che siano solo una costruzione tecnologica, provate voi a essere indifferenti ad Alphie.
Come quasi sempre quello che dicono gli imperialisti guerrafondai sono bugie, lo capirai vedendo il film.
Come sempre un film si legge con gli occhi di chi guarda, qualcuno dirà che è una fiaba, un film di supereroi, altri vedono un film di attualità, lo scontro militare di una potenza sterminatrice con chi non si adegua ai loro voleri e non è disposta più a subire, sembra il mondo di oggi.
Cercatelo, non ve ne pentirete, è proprio un gran film.
Buona (politica) visione - Ismaele
…The Creator è un film
tutt'altro che banale nello spunto, che stimola nello spettatore riflessioni
importanti quali il diritto di un popolo di autodeterminarsi, di esistere, di
convivere pacificamente con le altre etnìe e di rispettarsi a vicenda: temi
fortemente (e tristemente) attuali, di cui non si parla mai abbastanza. E da
questo punto di vista il film di Edwards è lodevole sotto ogni
aspetto, così come è apprezzabile l'uso sobrio e non smodato degli effetti
speciali, tanto che in alcune sequenze sembra quasi di assistere a un mockumentary distopico
(al mio fedele compagno di visioni ha ricordato District
9 di Blomkamp), e in generale il profilo basso, umile, di
un'opera che si pone a metà tra la fantascienza d'autore e i blockbuster
hollywoodiani (il budget utilizzato - circa 80 milioni di dollari - è quasi da
cinema "indipendente" per gli standard d'oltreoceano)
Peccato però
che a siffatte intenzioni e dichiarazioni non corrisponda una storia
adeguatamente avvincente e capace di "catturarti" durante la visione:
la sceneggiatura di The Creator è infatti piuttosto scontata,
senz'altro inadeguata per un film che avrebbe la pretesa di elevarsi
stilisticamente dalla fantascienza di puro consumo. La trama è fin troppo lineare,
semplificata all'osso, oltremodo scarna nei dialoghi (malgrado la presenza di
ottimi comprimari come Allison Janney e Ken Watanabe) e ti
conduce all'epilogo finale (anche questo facilmente intuibile) senza alcuno
scossone o colpo di scena... qualche critico buontempone ha azzardato "sembra
scritta da ChatGPT", e in effetti non gli si può dare torto: tutto il
film si sviluppa secondo schemi classici e rodati, senza rischiare nulla e
vanificando in parte un'operazione che, magari con un team di sceneggiatori più
navigati, poteva trasformarsi in un piccolo cult.
Resta
comunque la bontà di un film coraggioso e controcorrente, che non ha paura di
prendere posizioni politicamente scomode: il fatto che gran parte della storia
sia ambientata in Nuova Asia e che molte situazioni e ambientazioni ricordino
il Vietnam e la "sporca guerra" combattuta dagli Americani negli anni
'60-'70 non è certo un caso. Anche qui gli Americani si arrogano
unilateralmente, come loro solito, il ruolo di "portatori di democrazia",
e la loro ostinata, inutile guerra alle A.I. può ben
considerarsi una critica per niente velata a ogni logica imperialista ed
espansionista. Sarà forse per questo (per lavarsi la coscienza?) che The
Creator è stato incensato negli States da unanimi recensioni a cinque
stelle, tutto sommato ingiustificate per quanto detto fin qui, ma che comunque
hanno avuto il merito di invogliarci a vedere un film imperfetto ma efficace,
che certo non ci travolge dalle emozioni ma riesce nell'intento di aprirci gli occhi
sulla prospettiva di un domani ormai imminente.
…Edwards in The Creator affastella
citazioni visive da ogni fonte, dalla sci-fi militare con robot cara a Neil Blomkamp alla commistione di replicanti
e nippofilia di Blade
Runner, fino a Il bambino d'oro e alla foto più iconica dei
fatti di Piazza Tienanmen. La sua bambina, come il "rivoltoso
sconosciuto" che fermava un carroarmato, sola si pone di fronte a una macchina
assassina (e pure kamikaze, creando un ulteriore paradosso sulla presunzione di
superiorità americana). Se le visioni di Edwards sono fantascientifiche, la sua
narrazione (co-sceneggiata con Chris Weitz come il precedente Rogue One) è fantasy: la tecnologia di
cui dispone la bambina non si applica attraverso la rete in una pioggia di
codici come in un film cyberpunk, bensì funziona come un potere magico, che si
attiva meditando e unendo le mani. Tanto che non sembra fuoriluogo, sul finale,
una citazione della fiaba della Bella addormentata.
Per contrasto è invece molto crudo il
modo in cui The Creator rappresenta le operazioni americane
all'estero, che fa orrore per l'impiego di armi palesemente sovradimensionate
alla minaccia nemica, bollata di terrorismo e quindi contro la quale ogni mezzo
diviene lecito. Non che la AI siano del tutto indifese (anche se sparano
davvero male): in diversi passaggi le battaglie sono concitate, risultando in
massacri da entrambe le parti, secondo un altro tòpos senzatempo: la guerra è
l'inferno. Il film è così un apologo pacifista, con "un'arma" che
esiste per disattivare le altre armi e porre fine alla guerra.
…The Creator è un film che ne accumula molti al suo interno:
azione, fantascienza, cronaca sentimentale. La tavolozza dei temi: amore,
famiglia, anche morte. L’evoluzione della specie è il grimaldello con cui la
regia muscolare ma con un’anima di Gareth Edwards scardina la madre di tutte le
questioni: la fragilità della condizione umana. Tutti finiscono per
“spengersi”, umani e IA. La lotta per per il predominio è il disperato
tentativo di camuffare, dietro il frastuono della guerra, un grosso problema
esistenziale. La risposta di Joshua e Alphie – è un bene che Edwards e il
co-sceneggiatore Chris Weitz abbiano tenuto il focus
di un film così denso ben stretto sui due personaggi – è un’accettazione
serena, per quanto è possibile, del carattere effimero della vita. E una
colossale prova d’amore.
The Creator è l’anomalia sci-fi che valorizza il sentimento al
di là della semplice parentesi tra una scena d’azione e l’altra. La
rappresentazione è moderna, senza istinti ruffiani: John David
Washington è l’eroe, forte e carismatico anche grazie alla sua
vulnerabilità. Madeleine Yuna Voyles attraversa il
film nella dolcezza e nella fragilità di uno sguardo che nasconde e ostenta, a
un tempo, la forza spiazzante di Alphie, messia bambina dalle potenzialità
insperate. Mentre Hans Zimmer si diverte a camuffare
il sound abituale senza perdere nulla della sua forza incalzante, l’immagine è
modellata nella sapiente combinazione di ambienti autentici e ricostruzione
digitale. Un’ulteriore prova di coerenza, questa ostinata ricerca di un
compromesso tra natura e tecnologia, che racconta una verità essenziale.
Forse Gareth Edwards non riesce, con The
Creator, a valorizzare del tutto le tante piste del suo film. Ma ha
una visione e un senso chiaro del cinema e delle sue potenzialità, al punto
d’intersezione tra vocazione commerciale e intelligenza della proposta.
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