mercoledì 18 ottobre 2023

Adam - Maryam Touzani

un film di donne e bambine.

Samia deve partorire, vive in strada, Abla la ospita con difficoltà. e piano piano si affeziona, a modo suo.

Abla ha una bambina che sta del tutto dalla parte di Samia e del bambino che deve arrivare.

Samia aiuta anche nel laboratorio di pane e altri cibi che piacciono ai clienti.

il film finisce con una porta che si chiude, non sappiamo altro.

opera prima di Maryam Touzani, un gran bel film da non perdere.

buona (piena di speranza) visione - Ismaele

 

 

 

"Adam è nato - ha proseguito la regista - da u incontro reale, doloroso ma stimolante, che ha lasciato un segno indelebile dentro di me. Ho conosciuto una giovane donna, che mi ha ispirato il personaggio di Samia. Arrivata a Tangeri, era in fuga dalla famiglia dopo essere rimasta incinta e abbandonata dall'uomo che aveva promesso di sposarla. Per la paura e la vergogna, non aveva detto a nessuno dei suoi amici e parenti stretti di aspettare un bambino e aveva nascosto per mesi la gravidanza. Lontana da casa, sperava di dare alla luce in segreto il suo bambino e di darlo via per poter così ritornare nel suoi villaggio. I miei genitori l'hanno accolta in casa loro, anche se non sapevano niente di lei. La sua permanenza, che avrebbe dovuto inizialmente durare alcuni giorni, si è protratta per diverse settimane fino ad arrivare al momento del parte. La ragazza era gentile ed introversa. Amava la vita e ho visto da vicino quel dolore che colorava la sua indole vivace e gioiosa. E, soprattutto, ho potuto notare quanto fosse lacerata per quel figlio per cui non aveva altra scelta che l'abbandono per andare avanti con la propria vita. In un primo momento, ho assistito al suo netto rifiuto di amare quella creatura che, una volta nata, non avrebbe guardato, toccato o accettato. Ho visto come pian piano il suo istinto materno si risvegliasse, nonostante lei tentasse di soffocarlo. Sono testimone di come, contro la sua volontà, abbia cominciato a mostrare i primi segni di amore materno e ho sperato fino alla fine che ritornasse sui suoi passi, che tenesse il figlio e che affrontasse società, genitori e parenti. Ero forse troppo ingenua ai tempi ma la sua storia mi è rimasta dentro fino a trasformarla nel soggetto del mio primo lungometraggio. Ho sentito l'esigenza di raccontarla quando io stessa sono diventata madre. La sua storia si è unita alla mie ferite e alla mia esperienza con la perdita, con l'angoscia che si può provare, con la negazione, con il dolore irrisolto... e, soprattutto, con la mia gioia di diventare mamma"…

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Da qualche parte ci sarà pure qualcuno che sarà in grado di spiegare per quale ragione un film o una storia di cui si presagisce lo svolgimento, tanto è chiaro il suo svolgersi futuro, abbia, comunque, la capacità di catturare l’attenzione del pubblico che resta incollato a seguire l’evoluzione di una storia che ha già immaginato. È il caso di Adam, esordio nel lungometraggio di Maryam Touzani, quarantenne regista marocchina.
Sviluppato attorno ad un’idea minimale, ma messa in opera con grande cura e dedizione, anche grazie ad un cast, altrettanto minimo, ma decisivo quanto a efficacia espressiva e tensione attoriale, Adam riflette, in parte quel che sapevamo già del cinema dell’area maghrebina. Una consolidata forza decisionale affidata ai personaggi femminili, che restano assoluti protagonisti delle vicende quando queste si svolgono nell’ambiente familiare, al contempo, però, assistiamo ad una subalternità di genere che rompe decisamente quell’equilibrio femminile che trova un limite proprio in questa impossibilità ad affermare diritti e restituire valore ai comportamenti che si reputano giusti, piuttosto che dare credito ad una tradizione che si perpetua nell’emarginare chi disobbedisce alle regole non scritte di una società patriarcale, ma spesso senza patriarchi…

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La visione di Maryam Touzani è empatica ed emozionante. Si concentra su un mondo piccolo, limitato nello spazio – quello della casa di Abla e poco più – ma emotivamente molto ricco ed intenso. Le due protagoniste sono davvero molto brave, coinvolgenti, intense e padrone dei personaggi, con un’ottima Nisrine Erradi, che riesce a far muovere il suo personaggio con disinvoltura tra leggerezza e dramma, coraggio e sconforto. Mentre Lubna Azabal  I tempi che cambiano di Andrés Téchiné, nonché protagonista di La donna che canta di Denis Villeneuve – è padrona del personaggio di Abla, riuscendo ad essere coinvolgente anche nel registro minimale proprio di questa figura di donna che vive nel ricordo del passato, anziché abbracciare il presente. Abla gestisce la casa e la famiglia in modo rigoroso, essenziale, quasi monastico. È rigida con sé stessa e anche con gli altri, non si lascia andare. Finchè non arriva Samia, che in qualche modo le ricorda sè stessa, anche se le loro storie sono diverse. Samia è giovane, allegra e perseverante, ma deve affrontare una scelta difficile: cosa fare del bambino che porta in grembo? Non vuole farlo crescere senza un padre, figlio illegittimo, perchè sarebbe destinato ad essere “emarginato per tutta la vita”. Lo sguardo della regista è da una parte franco e diretto. Prende chiaramente posizione rispetto alla questione femminile, evidenziando come il Marocco ancora, per molti aspetti, non sia un paese per donne. “La morte non appartiene alle donne”, afferma Abla, mentre Samia le fa eco: “Poche cose ci appartengono”

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Maryam Touzani dirige este drama íntimo, encerrado prácticamente entre cuatro paredes, donde asistimos a la inevitable evolución de los dos personajes: la cerrada en sí misma Abla se abrirá al mundo; Samia aceptará su destino como madre. Touzani rueda con mimo y crea varios momentos llenos de sentimiento, pero no llega a controlar el tono que a veces se torna excesivamente dramático, haciéndonos temer lo peor por momentos. Aún así, una película estimable pero falta de nervio en su puesta en escena que no llega a aprovechar lo claustrofóbico de su entorno.

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...Es el elemento narrativo en el que gira toda la trama y que acaba desenvolviendo de una manera profundamente humanista y sincera. El último tramo de Adam acaba siendo sofocante y dramático, confiando todo el peso narrativo al personaje  de Samia. La actriz Nisrin Erradi lleva a su personaje a otro nivel actoral, ahondando de una manera soberbia en las emociones de esta madre soltera. Sin caer en spoilers, hay que destacar una escena en particular del final de la cinta, que está tomada de una manera absolutamente  brillante.

Adam también habla de la situación de la mujer en Marruecos  y la situación de empobrecimiento que tienen que lidiar muchos ciudadanos. Es un retrato realista de la sociedad de dicho país, plasmado a través de la relación de estas dos mujeres. Una película que te encandila por sus personajes y la hermosa estética que presenta. No es una película trepidante, pero eso tampoco quiere decir que no sea accesible para el gran público. Es un tipo de cine que juega con la ambivalencia de una sosegada puesta en escena y una construcción narrativa altamente dramática. Esto provoca que Adam no acabe por perder su ritmo narrativo, ni tampoco que angustie al espectador con tanto dramatismo; dejándolo que vaya reposando, cada acontecimiento que va ocurriendo en pantalla…

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…La película nos muestra a dos mujeres que se enfrentan a la vida en su expresión más cruel y bella a la vez. Las dos tienen una fuerza interior muy grande y se nota que han sufrido mucho en sus vidas. La amistad, el nivel de supervivencia, la compasión y la fortaleza son muchos de los aspectos que presenta la película.
En mi opinión la cinta fluye muy bien en todo momento, no dejará indiferente a ningún espectador y pienso que es mucho más profunda y sensible de lo que aparenta. En estos tiempos y tal y como está la cartelera, podemos decir que estamos ante una buena película y que merece la pena ser vista.

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