un misterioso telefonino, un misterioso gioco mortale al computer sono fra i protagonisti del film.
dallo schermo un buco nero ipnotizza e ingoia chi sta al gioco.
intorno a questa macelleria ci sono anche degli attori che provano a resistere al Male, spesso senza riuscirci.
comunque il film non è male.
chi ha terrore delle blatte stia attento, ce n'è un esercito.
un po' mi ha ricordato Bug, di William Friedkin.
buona (blattesca) visione - Ismaele
…Io credo che il
regista abbia voluto di proposito porre anche dei livelli di lettura più
psicologici. Non è che una interpretazione sia meglio di un’altra. Tutti i
livelli di lettura sono plausibili, ma credo che per il regista tutta la storia
vada vista nel suo insieme. Magari ci saranno delle persone più allineate a una
interpretazione piuttosto che un’altra, ma lui le mette tutte là. Saranno tutte
allucinazioni da delirium tremens? Saranno i sintomi della PTSD? Sarà davvero un’epifania
divina?
La cosa che trovo
geniale però è quella di far riferimento allo gnosticismo applicandolo in modo
fedele (almeno dal punto di vista degli archetipi) a un’ambientazione urbana
contemporanea. L’altro punto interessante poi è l’unire tutte queste tematiche
senza mai perdere troppo di vista l’equilibrio tra le parti, permettendo allo
spettatore di decidere sempre quale interpretazione dare agli avvenimenti. La
recitazione degli attori sicuramente ha aiutato tanto nella resa finale.
Personalmente lo trovo un bel film horror, sperimentale anche a suo modo, visto
che non è da tutti proporre il misticismo gnostico come filo conduttore. Aver
osato era per Babak Anvari una lama a doppio taglio, tanto che questo lo si
vede anche nei risultati delle recensioni critiche. Molti tra il pubblico poi
non sono riusciti a capire il film fino in fondo, in tutti i suoi rimandi.
Personalmente però
credo che questo sarà un film che tra un po’ di tempo verrà positivamente
rivalutato e spero che porti sempre più registi a osare. Anche perché non se ne
può davvero più di film horror posticci e copie di copie di copie di copie.
…crediamo che Wounds sia il classico horror senza
significato, privo di mordente, e pertanto passibile di indifferenza. Meglio
non guardarlo.
…L’opera del regista iraniano è piena di
squarci affascinanti – bulbi oculari sfigurati, oscuri tunnel
ultraterreni, libri misterici simili al Necronomicon -, ma piuttosto che
sviluppare queste idee agghiaccianti, sceglie di continua semplicemente ad
aggiungere qualcos’altro di nuovo. Il risultato è che lo spettatore rimane con
un pungo di immagini promettenti, ma lasciate a metà cottura. A parte l’orrore
cosmico, Babak Anvari è chiaramente interessato a prendere in
esame il machismo tossico attraverso
il velo del genere horror, ma la sceneggiatura decide di non approfondire.
Armie Hammer è uno stronzo e, sostanzialmente, deve essere punito. Questo è
tutto.
Il problema più grande di cui soffre Wounds è
comunque la mancanza di buon senso nei suoi
personaggi, principalmente la Carrie interpretata dalla catatonica
Dakota Johnson, la fidanzata di Will, che riconoscono un pericolo ma
sono incapaci di agire adeguatamente. Se la ragazza sembra inizialmente la più
intelligente del gruppo, spingendo Will ad andare alla polizia, la performance
dell’attrice vista in Suspiria entra
in crisi quando si tratta di svoltare a livello emotivo. Uno
degli obiettivi più importanti da raggiungere per un horror è riuscire a
costruire una forte connessione empatica ai personaggi sullo schermo, che
consenta alla spettatore di provare qualcosa per loro e la loro sorte…
…«New Orleans è come una porta verso un’altra
dimensione». Una delle chiavi che aprirà questo portale è il cellulare che
Armie Hammer recupera nel bar dove lavora. Quel piccolo oggetto distruggerà gradualmente
la già compromessa relazione con la fidanzata Dakota Johnson. Con talento,
Babak trasforma un semplice telefono… in un mostro. A poco a poco, lo
smartphone pregno di onde negative e immagini proibite diffonderà il suo veleno
come una nuova forma di male che si sparge attraverso le stesse cose che
mostra. Con Wounds Babak ritrae un mondo sporco e
corrotto, fatto di scarafaggi che corrompono l’animo umano portandolo alla
distruzione. Un’opera moderna profondamente politica che è anche film d’autore.
Se tutti vogliamo essere spaventati nello stesso posto, non è anche perché
abbiamo l’opportunità di rassicurarci l’un l’altro? Speriamo che la visione di
Babak possa godere di una distribuzione nei cinema (il film è stato acquistato
da Netflix) e che la paura ci avvicini piuttosto che allontanarci.
…I
personaggi, insomma, sono scritti male, talmente male che il cast ne esce decisamente sprecato per una
pellicola del genere. Nessuno dei tre attori principali riesce veramente, non a
brillare, ma quantomeno a regalarci un’interpretazione degna della propria
carriera. Non ci si immedesima mai in nessuno di loro, tanto da scadere in quel
meccanismo tipico degli horror brutti per cui si arriva a sperare nella lenta e
dolorosa dipartita dei protagonisti.
Insomma,
per concludere, Wounds ci
è sembrato un film pieno di ottime premesse [l’idea, le tematiche, il cast] purtroppo tutte sviluppate nella maniera
peggiore possibile.
Nella
speranza che Anvari possa risollevare
le sue sorti con la prossima pellicola, magari concentrandosi sulla regia e
lasciando a uno sceneggiatore il compito più importante e troppo spesso sottovalutato:
scrivere il film.
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