giovedì 19 gennaio 2023

Grazie ragazzi – Riccardo Milani

una storia di teatro e carcere, come avevano fatto i fratelli Taviani nel 2012 (Cesare deve morire, lì l'autore teatrale era Shakespeare, qui è Beckett).

Antonio Albanese è perfetto nella parte, e si assomiglia molto a Kad Merad, protagonista del film francese, del 2020, di cui Grazie ragazzi è un remake.

il film di Riccardo Milani è semplice, apparentemente, un attore senza un lavoro decente accetta una missione impossibile, quella di far diventare attori una banda di galeotti (bravissimi tutti gli attori).

e ci riuscirà, naturalmente.

come e perché lo scoprirete guardando il film, che farà ridere, pensare e anche emozionare, fino all'ultima scena, è sicuro.

non ve ne pentirete, e vedrete non la Madonna, ma Godot.

buona (beckettiana) visione - Ismaele

 

 

 

Quando al cinema arrivano prodotti nostrani il cui genere è la commedia, storcere il naso non è una reazione strana. Nel panorama cinematografico italiano, dove le commedie costituiscono il prodotto principale offerto, rendendo saturo un mercato già in difficoltà, essere scettici è lecito. Eppure, a volte, arriva un regista in grado di aprire una finestra più conturbante delle solite in cui, seppur a dominare è il genere della commedia, l’opera risulta ben riuscita. Le ragioni risiedono nella sua struttura compositiva che, oltre a essere studiata per il grande pubblico, si pone l’obiettivo di apparire corposa nella materia trattata, delineando un messaggio di spicco.

Sembra questa l’idea con cui Milani ci presenta il suo Grazie ragazzi, una pellicola in cui sceneggiatura e immagini hanno lo stesso peso e lo stesso spazio nel piano della messinscena, fatta di equilibri semplici ma efficaci. Operare con semplicità qui diventa un escamotage per mettere in luce la potenza del contenuto proposto, il quale non esige toni forbiti e montaggi particolari per risultare appetibile, quanto piuttosto di una forma basilare ma autentica per mostrarsi nella sua essenza più pura. Seppur la durata dilati in maniera eccessiva gli eventi, Grazie ragazzi con il suo ritmo incalzante e coinvolgente, regala al pubblico un’opera dignitosa e sincera, conscia del carico che si porta sulle spalle e sicura di dove vuole arrivare.

Il teatro: una forma d’arte salvifica

La scrittura di Grazie ragazzi pone al centro della sua trama un ringraziamento speciale al teatro, una forma d’arte al servizio di tutti, anche dei discriminati e dei criminali, che in essa cercano e trovano rifugio. Il teatro è potente, liberatorio, salvifico e nel film ci viene restituito nella sua accezione più vera e universale. I personaggi qui tracciati sono dei detenuti che hanno perso il sapore della vita e, al tempo stesso, hanno smarrito loro stessi.

Come essi stessi dicono, la loro quotidianità è colma di attese infinite: il pasto, il colloquio, l’ora d’aria ma soprattutto il giorno della libertà. Ecco perché il dramma teatrale Aspettando Godot di Beckett non è una scelta casuale: proprio come Estragone e Vladimiro che aspettano Godot, i ragazzi aspettando con ansia la loro libertà, fra dibattiti, insicurezze e grandi speranze. E non è forse questo il teatro? Un palcoscenico in cui fingere diventa, paradossalmente, l’unico accesso al proprio Io reale, dando così un senso alla vita.

Albanese veste i panni di un attore deluso dalla sua carriera, che cerca di riscattarsi facendo diventare il suo spettacolo un veicolo di sfogo per quei ragazzi costretti – seppur per colpa loro – ad una condizione sociale limitante e frustrante, proprio come la sua. Il teatro, per questi, diventa l’unica strada percorribile per essere “liberi di volare”come dice la canzone di Vasco Rossi e, in qualche modo, perdonarsi.

Un teatro, quello sullo schermo, che sembra elogiare il metodo Stanislavskij, la cui base sta proprio nell’approfondire la psicologia del personaggio in scena e, al tempo stesso, ricercare l’affinità fra il suo mondo interiore e quello dell’attore. Il processo che si mette in moto in Damiano, Mignolo, Aziz, Diego e Radu costituisce la cifra dominante di Grazie ragazzi: tramite la connessione creatasi fra loro e i personaggi che rappresentano, riescono a trovare una voce, a riscattarsi e soprattutto a credere ancora in loro stessi.

In conclusione Grazie ragazzi diventa una bella parabola sulla vita, sul teatro e sulle sue verità. Un inno a questa forma d’arte liberatoria e a tutta la cultura in generale, spesso svalorizzata e dimenticata, ma la cui potenza, come il cinema, è talmente forte da poter rivoluzionare il mondo. Un’arte che andrebbe incentivata e usata per alleviare, come una medicina, le sofferenze degli uomini.

da qui

 

“Grazie ragazzi!” è una storia che, attraverso la figura di cinque detenuti e del loro insegnante di teatro interpretato efficacemente da Antonio Albanese, pone l’accento sull’importanza del diritto di ogni uomo alla propria realizzazione e sulla necessità della cultura quale antidoto efficace alla distruttività umana. In sintesi il film ricorda come educare alla creatività significhi educare alla vita, un concetto sostenuto da Erich Fromm.

“Grazie ragazzi!” racconta di un certo Antonio Cerami (Antonio Albanese), un uomo di mezza età che avrebbe voluto fare l’attore, ma ora, separato dalla moglie e solo, sopravvive come doppiatore di film porno per riuscire a pagare l’affitto di un monolocale in una delle periferie fuori Roma, disturbata dallo sferragliare della vicina ferrovia. Un giorno un suo vecchio amico (Fabrizio Bentivoglio), impresario teatrale, gli offre un piccolo lavoro come regista di uno spettacolo in un penitenziario e, date le difficoltà di realizzazione, lui è titubante. “Aspetto l’ora d’aria, aspetto di mangiare, aspetto i colloqui, aspetto che venga sera, che venga giorno”: così raccontano la loro esistenza i detenuti al regista il quale, appena entrato, non può far altro che pensare di trasformarli in attori mettendo in scena un testo universale: “Aspettando Godot”.

Sarà un faticoso eppur travolgente tentativo di crescita e riappropriazione della propria dignità, non solo per i carcerati, ma anche per il loro formatore. Il film dimostra – e lo provano i molti esperimenti realmente fatti – che anche le persone più difficili possono essere recuperate se impegnate in un’attività gratificante. “Grazie ragazzi!” argomenta tale concetto nello stile della parabola, senza tacerne le difficoltà attraverso un finale spiazzante, vero e non cinematografico. E tuttavia, pur rimandando alla complessità del vivere e ai fallimenti che ne derivano, lascia un’impronta di speranza.

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Antonio Albanese è il perno emotivo attorno al quale ruota la storia, letteralmente e figurativamente, e gli fanno corona Vinicio Marchioni, Andrea Lattanzi, Giorgio Montanini e Bogdan Ioardachioiu, anche se il più toccante è Giacomo Ferrara nel ruolo di Aziz. Peccato non poter vedere più a lungo (per motivi che non possiamo spiegare) Gerhard Coloneci, mentre Sonia Bergamasco è opportunamente formale (ma sempre pronta a scongelarsi) nella parte di Laura.

Grazie ragazzi è il tipo di film che negli Stati Uniti si definisce "crowd pleaser", cioè disegnato per andare incontro al gradimento del grande pubblico, dunque si risparmia digressioni filosofiche vezzi autoriali per mettersi a servizio del racconto con onestà e gentilezza, e tuttavia si concede un finale non del tutto encomiabile.

Le musiche di Andrea Guerra (più la canzone di Vasco "I soliti") accompagnano la piacevolezza dell'insieme che, pur rimanendo orgogliosamente sul versante dell'accessibilità, ha il dono di raccontare gente semplice, spesso non per scelta, con disarmante semplicità.

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Tratta da un film francese di successo, Un anno con Godot (2020) di Emmanuel Courcol con Kad Merad (Giù al nord, 2008 e Les choristes – I ragazzi del coro, 2004), la storia di Grazie ragazzi è ispirata ad un fatto realmente accaduto nel 1985 in Svezia, quando l’attore e regista svedese Jan Jönson decise di mettere in scena “Aspettando Godot” di Samuel Beckett con i detenuti del carcere di massima sicurezza di Kumla. Il giorno della prima a Göteborg, cinque dei sei attori fuggirono prima dello spettacolo.

B. Iordachiou, A. Lattanzi, G. Montanini, G. Ferrara, V. Marchioni, A. Albanese, F. Bentivoglio, S. Bergamasco , Grazie Ragazzi di Riccardo Milani

Grazie ragazzi prende però le distanze tanto dal film quanto dal fatto reale, attualizzando il racconto e spingendo tanto sull’aspetto umano della storia, quanto su una riflessione più profonda sulla giustizia e la pena.

Con cast assolutamente avvezzo all’emozione e all’impegno che richiede il palcoscenico, Grazie ragazzi riesce a coniugare i diversi sensi della storia, arte, bellezza, disperazione e desiderio di libertà, in modo armonioso e coinvolgente. Al cospetto di un racconto che percorre una strada articolata e ricca di momenti profondi anche nella leggerezza, l’epilogo finale, tanto importante nel film francese, diventa quasi trascurabile.

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