mercoledì 8 agosto 2012

Dead Man's Shoes (Cinque giorni di vendetta) - Shane Meadows

ne avevo letto la prima volta qui, poi il tempo passa, oggi l’ho visto.
e alla fine sei col fiatone, hai fatto un viaggio sulle montagne russe ed è stato bellissimo.
peccato per chi non lo  vede, non sa cosa si perde, è un film che resterà.
se dovessi usare un solo aggettivo direi: epico - Ismaele


non esiste una ragione al mondo per non vedere questo film: un proiettile che passa e se ne va, ma che dietro di sé lascia una voragine immensa.

Girando tutto il film in 16mm, con un processo di sviluppo e stampa diverso a seconda che si trattasse di sequenze ambientate nel presente o nel passato, Shane Meadows ha potuto utilizzare una fotografia estremamente realistica, sempre con luci naturali. In più, il trentaduenne britannico ha avuto l’intuizione di girare gli interni sempre con macchina fissa e gli esterni sempre con macchina a mano, cosa che dà alla pellicola una dimensione fotografica inedita per il suo cinema, di pari passo con un buon montaggio e un’ottimo lavoro sul sonoro (non solo per le belle musiche). L’alternanza delle due linee temporali è gestita benissimo perché il passato del protagonista e del branco delle Midlands ci viene svelato pian piano a seconda della necessità. E l’ultimo flashback, con quella musica ossessiva, riesce ad essere realmente sconvolgente…

Perchè sta storia di due fratelli, uno, Richard, ex soldato, uomo capace di distruggerti col semplice sguardo, l'altro, Anthony (un commovente per quanto bravo Tony Kebbel), ragazzo affetto da un lieve disturbo mentale, sta storia dico a me è sembrata di una bellezza mozzafiato nella sua semplicità, nella sua tragedia, nella sua tenerezza lorda di sangue.
E quella vendetta che all'inizio ci sembra così spropositata, così assurda, così terribile,trova poi un suo perchè, anzi, ci sembra quasi necessaria, giusta.
E non è un caso che Richard passi da semplici scherzi alle esecuzioni finali.
Rispetta un iter preciso, vuole fare vivere a quei balordi il loro contrappasso in maniera perfetta, vuole che la tragedia passi attraverso il gioco, attraverso l'umiliazione, perchè questo è quello che ha passato Anthony.
Lo stile di regia di Meadows è d'eccellenza.
L'uso delle musiche-una colonna sonora letteralmente fantastica- lo stile di ripresa, la capacità di raccontare con la stessa semplicità il dolce e il brutale, la morte e la poesia di un, a posteriori, indimenticabile dialogo di spalle tra i due fratelli, la classe nel girare sequenze come quella dello stordimento post-droga. E quei dialoghi così realistici, duri ma a volte comici, profondi anche quando semplici. Qui c'è uno col fuoco sacro della regia dentro, altrochè…

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