una storia d'amore che sconvolge Emanuelle Devos e Fabrizio Gifuni, e come le belle cose, dura poco, lei tornerà a Parigi, lui diventerà l'erede del grande architetto.
un film non urlato, poche parole e tanti sguardi.
buona (amorosa) visione - Ismaele
QUI si può vedere il film completo, su Raiplay
…Dove
non ho mai abitato è un film che coinvolge da subito e che trascina in
un alternarsi di emozioni che vanno dai sorrisi al pianto come in pochi altri
casi. I due protagonisti, Emanuelle
Devos e Fabrizio Gifuni, sono straordinari
nell’interpretare due personaggi che si rivelano nei piccoli gesti, nelle
parole sussurrate, nel non detto. I loro sentimenti reciproci si percepiscono
in un lento ma inevitabile crescendo che li porta ad avvicinarsi e a dare la
sensazione di non poter più fare a meno di questi pochi attimi rubati alla loro
quotidianità. Il vedersi per seguire gli ormai quasi terminati lavori di una
casa creata ad hoc per una coppia di neosposi innamorati è il
momento in cui torna a splendere il sole di una città che li ha ingrigiti
nell’anima.
Il regista, Paolo Franchi,
riesce a costruire una storia fatta di pochi elementi ma chiari e che vanno
dritti al punto. Tutto è organizzato affinché nulla sia superfluo, non
un’inquadratura in più, non una battuta, non una location.
Ogni elemento è studiato e funzionale agli eventi ed
all’empatia che si vuol far provare allo spettatore il quale, dall’inizio alla
fine, non può che sentirsi partecipe del racconto. Perché, ciò che si vede
sullo schermo è, in fondo, anche la nostra vita.
Negli occhi dei protagonisti, nei loro imbarazzi e
nelle loro lacrime, ma anche nei loro sorrisi e negli improvvisi momenti di
felicità, ci siamo tutti noi e tutte le nostre scelte.
Guardare Dove non ho mai abitato è un
po’ come guardarci allo specchio, uno specchio che ci racconta quello che
potremmo essere se chiudessimo le porte al vero amore, che sia una persona o
una passione, e come sarebbe la nostra vita se ci arrendessimo troppo presto.
Da non perdere.
…Tanto
enigmatici e ambigui erano stati i lavori precedenti, tanto è scoperto e
dichiarato il nuovo: da un lato, "Dove non ho mai abitato" ci
presenta i protagonisti e la loro chiusura verso il mondo, che il regista si
preoccupa di destabilizzare con la progressiva messa a nudo delle loro
personalità e con il ribaltamento dei rapporti di forza tra le parti;
dall'altro, procede a un impiego delle immagini e dei suoni che, in maniera
coerente, sono utilizzati per fare da diapason agli stati d'animo di Francesca
e Massimo. A differenza di altre volte, la regia di Franchi ci sottrae il corpo
dei personaggi e quindi la loro carnalità per restituirceli - attraverso
un'abbondanza di primi piani - nella misura che li contraddistingue dal punto
di vista sentimentale. Ed è proprio il lavoro di sottrazione operato prima sul
testo della sceneggiatura e poi sul set, lavorando sulle interpretazione
trattenute dei bravi Emmanuelle Devos e Fabrizio Gifuni, a costituire la parte
migliore del film, insieme alla combinazione tra la rarefazione della resa
attoriale e la presenza decisa di musica (Pino Donaggio) e fotografia (un Fabio
Cianchetti in versione depalmiana) che, insieme, concorrono a definire i tratti
di una passione a lenta combustione. Semmai, abituati alle vertigini
cinematografiche di Franchi, la coerenza di "Dove non ho mai abitato"
lo fa sembrare a tratti semplificato e un po' scontato. Forse ha ragione
Franchi nel dire che ai critici non va bene niente e, comunque, pur fidandoci
delle nostre sensazioni non ci sentiamo di sminuire la bontà del suo lavoro.
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