venerdì 4 ottobre 2024

L'iguana dalla lingua di fuoco - Riccardo Freda

Luigi Pistilli è un commissario che indaga su una serie di omicidi (a Dublino) che hanno qualche relazione con un ambasciatore.

l'assassinio di tutti gli omicidi (meno il primo) sarà una sorpresa.

il commissario (Pistilli) riesce a capire tutto.

un film sottovalutato, merita più di quel che sembra.

buona (diplomatica) visione - Ismaele

 

 

QUI si può vedere il film completo



 

Anche se nel giallo argentiano si trovano innumerevoli esempi migliori, questo film di Freda possiede il tipico e innegabile fascino anni '70. Sceneggiatura piuttosto confusa e omicidi sadici ma diretti frettolosamente, però ci sono un intrigante spunto di partenza (il delitto all'ambasciata Usa con la polizia frenata dall'immunità diplomatica) e una buona tensione nel finale. Non male il cast - con Pistilli in uno dei suoi rarissimi ruoli da protagonista, una deliziosa Lassander e discreti comprimari - e le musiche di Cipriani.

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La trama appare goffa, scombinata e spesso paradossale, si susseguono fatti inspiegabili che in nessun modo il reale assassino avrebbe potuto mettere in atto (il gatto della madre di Norton ucciso e riposto nel frigo di casa, per esempio). I personaggi usano spesso e volentieri frasi ambigue quasi a voler insinuare la propria colpevolezza (“Tu non sai di cosa sono capace“, “L’assassino è un professionista… come me!“), alcune battute cascano persino nel ridicolo (si veda la citazione d’apertura). La sceneggiatura appare spesso grossolana e frettolosa, l’interpretazione degli attori non di rado svogliata (persino Pistilli che è uno dei pochi che si salva appare fin troppo calmo per i suoi standard). La fotografia è troppo buia. Alcune scene piuttosto riuscite ci sono (un cadavere trovato su un letto di fiori, il traumatico flashback del detective Norton, la scena in cui la Lassander fugge dall’assassino gettandosi nel fiume) ma in generale si respira un’atmosfera troppo lenta e sovente noiosa. Avrebbe potuto essere un buon film, e invece supera a malapena la sufficienza. Da sottolineare comunque una velata critica sociale verso la classe borghese, attraverso l’analisi morbosa delle pulsioni e degli scheletri nell’armadio che nasconde la famiglia dell’ambasciatore, vero e proprio microcosmo deviato all’interno di una Dublino tranquillissima. Discreta la colonna sonora di Stelvio Cipriani.

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Giallo all’italiana mediato dalla rivisitazione del mistery inglese: operazione che non si preoccupa affatto di scivolare nell’inverosimile, nel grottesco e nemmeno nel kitsch volontario. Modus operandi che Freda utilizza abilmente anche con la spettacolarizzazione delle psicologie, che vengono gettate sullo schermo urlanti e senza un minimo di spiritualità. Un “indovina chi?” livido e morboso, sovrastato- in ogni sequenza- da una location atipica ed elegantemente nefasta. Sottovalutato.

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Riproposto più volte nel corso del tempo con giudizio di mediocrità totale, io, invece, a seguito di questa mia ulteriore rivisione l'ho trovato semplicemente sublime.

Non c'è tregua che tenga o calo di tensione e i plot twist si susseguono a catena.

È evidentissima la voglia di Riccardo Freda (qui accreditato con l'insolito pseudonimo di Willy Pareto) di mettere in risalto il suo gusto estetico di raffinatezza: dalla casa e le abitudini di una certa diplomazia di provincia fino alle strade e locali di una Dublino immersa nella perdizione del tempo.

Anche se la spiegazione del titolo è piuttosto banale (una spicciola metafora riassunta in venti secondi in un'ora e mezza di film), la parte gialla, escludendo alcune lungaggini francamente evitabili, funziona discretamente e anche il finale, pur leggermente eccessivo, è sorprendente, anche per l'improbabilità e l'assenza di un movente vero e proprio del colpevole.

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