domenica 13 ottobre 2024

Iddu - L'ultimo Padrino - Fabio Grassadonia e Antonio Piazza

Elio Germano e Toni Servillo (bravissimi) sono i due protagonisti del film, e tutti gli attori e attrici sono in ottima forma.

la storia è quella di Matteo Messina Denaro, che vive come un sorcio, perdendo potere e prestigio.

il boss si fida di Catello, con la morte sempre vicina.

i due sono personaggi tragici, senza futuro.

sembra una storia del passato, è solo dell'altroieri.

pizzini e puzzle sono il lavoro e la passione e il tormento di Matteo Messina Denaro.

un film cupo, oscuro, nel quale i due protagonisti hanno un rapporto quasi come quello di un padre con un figlio.

e poi c'è la polizia, e i servizi segreti, che proteggono il boss, nel film come nella realtà.

un film che riesce a coinvolgere, senza deludere.

buona (mafiosa) visione - Ismaele



 

Iddu è un’opera che, pur non priva di difetti, riesce a distinguersi grazie alla straordinaria qualità delle interpretazioni e a una regia coraggiosa, capace di mescolare realtà e finzione, creando una riflessione profonda sulla condizione umana e sulle maschere che ognuno indossa. Nonostante le sue criticità, il film merita attenzione per l’originalità del suo approccio e per la capacità di offrire un ritratto inedito di una delle figure più enigmatiche e controverse della storia contemporanea italiana.

da qui

 

Fatto sta che nella visione di Grassadonia e Piazza, la Sicilia è una terra in cui la linea genealogica è impazzita, i padri hanno abdicato e i figli hanno smarrito la rotta. La trasmissione è stata spezzata o meglio è stata inquinata dalle logiche malate del sopruso e del potere, quelle della mafia e delle istituzioni oscure e corrotte. Come sempre la loro scrittura rimodella il dato di realtà, la storia, con la forza dell’invenzione. Ma se in Sicilian Ghost Story la chiave fantastica era una specie di rivolta contro l’orrore della cronaca, qui la deformazione romanzesca piega verso il grottesco, in un’ironia che si fa sarcasmo e che disegna una galleria di maschere ottuse e inquietanti. Però non è un semplice ritorno a registri e schemi di certo cinema politico italiano. Perché lo sguardo di Grassadonia e Piazza ha un’originalità autentica, sa costruire la tensione nei momenti dell’azione, ma soprattutto gioca su una molteplicità di prospettive: un realismo di fondo che si coniuga a una specie di astrazione nella gestione degli spazi, del décor, dei costumi e dei colori, che si stratifica di simboli, di rimandi a un orizzonte mitico, ancestrale. Certo, a differenza del film precedente, non sembra esserci molto margine di sovversione. E qualcosa, ogni tanto, sembra andare verso l’eccesso, sfuggire dalle mani. Eppure in Iddu c’è la libertà di una rilettura, di un’interpretazione, di un pensiero che può rischiare anche il tradimento. Ma che è soprattutto un sano atto di coraggio.

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Se i primi minuti sono quelli fondanti rispetto a ciò che viene dopo, non c’è dubbio che “Iddu” sia un film di morte e di morti. Non solo perchè la storia si apre all’interno di un casolare dove Messina Denaro assiste agli ultimi attimi di vita del genitore per poi sostituirlo scavandosi da solo la propria tomba con un’esistenza che tale non è. Lo stesso Catello (interpretato in maniera superba da Toni Servillo), interlocutore privilegiato di Messina Denaro, attraverso un rapporto epistolare orchestrato dai servizi segreti per scovare il famoso latitante, ne è una delle sue tante versioni: magari più vitale di altre per il desiderio di non abdicare al sogno della vita - quella di costruire un albergo che gli consenta di pagare i suoi debiti e assicurare ai familiari una vita tranquilla - ma comunque mortifera (“sei un ex in tutto” gli ricorda la moglie in maniera sprezzante) per i fallimenti che lo hanno portato prima in prigione e poi a tradire se stesso consegnandosi al nemico. Tombale - alla pari dell’abitazione in cui si rifugia Messina Denaro - è l’appartamento dove Catello ritrova la famiglia dopo essere uscito di prigione e ancora è la morte che invoca quando sostiene che per riuscire a convincere il boss a eleggerlo a interlocutore privilegiato si dovrà evocare dall’oltretomba la figura del padre a cui peraltro lui stesso cercherà di sovrapporsi nelle parole rivolte al potente latitante…

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2 commenti:

  1. Mah, a me sinceramente ha detto poco o niente... attori bravi (come poteva essere diversamente?) ma sceneggiatura e regia al minimo sindacale. A parte un paio di battute fulminanti di Servillo ("ormai in Italia i libri li leggono solo i carcerati...") mi è rimasto poco o niente (l'ho visto a Venezia)

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    1. è un film lento, quasi come un puzzle, ci ho messo un po' a entrare nel film, poi è andato a segno :)

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