lunedì 1 luglio 2019

La mia vita con John F. Donovan - Xavier Dolan

ci sono registi che hanno girato solo capolavori, o quasi, e quando fanno un film "solo" buono la canea degli invidiosi e degli stroncatori cercano di distruggere quel film.
ma voi non credete a quelli lì, La mia vita con John F. Donovan è davvero un bel film, intenso, intimo, emozionante, sincero, doloroso, con una storia non facilissima, con un bambino, Jacob Tremblay, Rupert, nel film, bravissimo (già protagonista di quel gran film che è Room); e comunque tutti gli attori sono bravissimi.
non sarà un capolavoro, ma vale abbondantemente in prezzo del biglietto, non sarete delusi, promesso - Ismaele







Non troverete in questa nostra recensione di La mia vita con John F. Donovan nulla di simile a quelle critiche feroci che il film ha ricevuto lo scorso settembre a Toronto, quando la nuova tanto attesa opera del giovane e talentuoso Xavier Dolan è stata letteralmente massacrata dalla critica anglosassone causando ritardi nella distribuzione della pellicola. Distruggere con tale veemenza un filmc ome questo, vuol dire essere evidentemente prevenuti e odiare talmente tanto il regista (e quello che rappresenta) da non voler nemmeno tentare di guardare oltre i difetti. Non voler nemmeno cercare di capire quello che l'autore sta cercando di dire e soprattutto perché ha fatto determinate scelte: magari discutibili, magari evitabili, ma comunque coerenti con il messaggio che Dolan voleva far arrivare tanto al suo pubblico quanto ai suoi critici….
F. Donovan, a noi il film "maledetto" di Xavier Dolan è fondamentalmente piaciuto, con tutti i suoi (evidenti) difetti. Perché dietro ad una sceneggiatura dalla struttura inutilmente complessa, dietro a scene melodrammatiche e a tratti perfino prevedibili, batte il cuore appassionato di un regista dal talento straripante. Un artista che, come spesso accade, è arrivato al successo troppo presto e forse per certe cose non ha avuto il tempo di crescere, ma Xavier Dolan, proprio come il suo protagonista, lotta per essere sempre se stesso anche in un mondo dove spesso non ti è permesso e non ti viene perdonato.
da qui

…La mia vita con John F. Donovan è un film tutt’altro che perfetto – come non lo era l’osannato Mommy, o lo splendido Laurence Anyways, acme intoccato nella carriera di Dolan – ma certo lungi dall’essere il tedioso, inconcludente abominio contro cui la stampa d’oltreoceano ha lanciato quasi all’unanimità i propri indignati strali. Stilisticamente parlando, non differisce dalla grammatica cinematografica abituale del cineasta canadese: primi piani strettissimi e indiscreti, che indagano le pieghe dell’animo attraverso le micro-espressioni del volto; carrellate improvvise atte a enfatizzare un focus visivo; ralenti la cui melodrammaticità non teme di sconfinare nel kitsch. Ovviamente, non sarebbe un film di Dolan senza urla e strepiti tra madre e figlio, ma qui la dinamica si raddoppia grazie ai parallelismi biografici tra John e Rupert. Il primo ha un rapporto di amore-odio con l’alcolizzata Grace (Susan Sarandon), mentre Rupert non risparmia alla nervosa Sam (Natalie Portman) feroci scudisciate che ne feriscono la già frustrata autostima.
Siamo però lontani dalle crude, irrisolvibili asperità di J’ai tué ma mère o Mommy: stavolta, di fronte a noi non abbiamo genitrici in guerra con la propria prole, bensì figure in grado di comprendere i figli e di intuirne i segreti anche laddove i pargoli non sembrano disposti a condividerli. Nella dolcissima, finanche melensa scena del ricongiungimento tra Sam e Rupert emerge tutto l’anelito conciliatore, tutta la natura pacificatrice dell’intero film su cui si basa il film. Una sequenza che fornisce al regista l’occasione di tracciare un ennesimo parallelo tra i due protagonisti, laddove John si rifugia a casa della madre in un estremo tentativo di aggrapparsi alle proprie radici e ritrovare il se stesso più autentico, lontano dagli artifici delle logiche di mercato. È un Dolan fallibile e maturo, quello di La mia vita con John F. Donovan, che prende in giro i propri stilemi – la scena iniziale con Audrey che commenta l’obsoleta cabina telefonica di Praga ne è un esempio chiaro e ironico – e che, nelle parole di Rupert adulto, sembra voler spiegare non solo il senso del proprio cinema, ma quello dell’ intera macchina filmica…

2 commenti:

  1. Xavier Dolan merita sempre una visione, e non mancherò di guardare questo film che mi ispira parecchio :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. come non essere d'accordo?

      intanto ecco un altro film, se non lo conosci, con Dolan nel titolo:

      https://markx7.blogspot.com/2012/12/claire-dolan-lodge-kerrigan.html

      Elimina