Arturo (un omaggio a Elsa Morante) è un bambino e poi un giovane che viene adottato da due puttane, l'unico essere che le due amano.
è un film crudo e poetico, Arturo (una specie di Lazzaro felice) è un ragazzo difficile, pauroso e dolcissimo, gioca e danza tutto il tempo, le due puttane, a cui se ne aggiungerà una terza, più giovane, proteggono Arturo in tutto e per tutto, ma dovranno prendere una decisione importante.
vivono in una comunità di poveri, ma solidali, piena di bambini, tutti amici di Arturo.
un film che riesce a coinvolgere e commuovere.
da non perdere, promesso.
buona (Arturo) visione - Ismaele
QUI si può vedere il film completo, su Raiplay
…Misericordia è la storia di puttane, definite così
per eufemismo, vittime di una becera ilarità e di descrizioni sprezzanti che
non si soffermano sulla sofferenza e complessità che caratterizza il loro
mondo, un mondo che le costringe ad un gioco umiliante. Arturo,
rimasto orfano alla nascita, è figlio di queste donne, esempio di violenza e
tenerezza; un gigante buono molestato dai tanti giganti cattivi, protetto però
dalle madri che il caso che gli ha messo accanto, madri diverse, egoiste ed
egocentriche, ma che di certo, lo amano.
È una trama complessa quella di Misericordia, che si intreccia seguendo un percorso emozionale,
sensoriale che si dipana in una scala di colori e si aggira nella spigolosità
delle rocce eternamente in movimento, in un’isola dai significati persi “ieri”
e riavvolti nelle speranze di un domani.
E quanto all’amore? Ha un volto sgualcito, amaro; ha il volto di Anna, un
vestito azzurro e mani sporche, sudicie che abusano del suo corpo. Arturo la
sente, la avverte, in mezzo a quel porcile di fanghiglia seppellito sotto
stracci sporchi strizzati fino a togliere il respiro…
…Arturo (citazione da Elsa Morante,
lo conferma la regista) è un giovane mai cresciuto, corre nudo saltellando come
un uccello fra l’immondizia di quel borgo di catapecchie, chiuso in
un’insenatura del mare di Erice, riserva naturale che ha fatto da set, a ridosso di una falesia minacciosa, davanti al
mare cristallino di Sicilia.
Borgo di prostitute, omaccioni e bambinetti vocianti, Arturo è la loro
mascotte, adottato da tre madri più la pecora che l’ha assistito quando,
neonato urlante, era abbandonato nel cavo della roccia.
Femminicidio, non poteva mancare, è la scena di apertura, quindi niente spoiler.
La madre in fondo al mare e venti anni dopo il bambino Arturo, cervello
compromesso dai colpi del padre sulla pancia della donna.
Un film durissimo, certo a molte anime belle non piacerà, un film pieno di
amore.
Il mare ribolle e invade le case, dietro la tenda all’uncinetto si fa
sesso, davanti la fila di uomini aspetta scolando birra, le bambine vestono
abiti di tulle da fata, il padre giura che prima o poi ucciderà quel
disgraziato aborto di natura…
Film di vertiginosa bellezza,
"Misericordia". Emma Dante realizza il suo capolavoro e tocca il
cuore delle cose, tutte, con questo personaggio, Arturo, un orfano rimasto
bambino per un ritardo di nascita, cresciuto da una comunità di prostitute,
come la madre, uccisa nel tentativo di fuggire da una vita disperata e
disperante. Arturo è il perno attorno a cui ruotano le tristi vite di queste
donne, orogliose e fiere, dure come l'acciaio, ma segnate da un destino
evidentemente ineluttabile: Arturo rappresenta per loro la libertà,
l'immaginazione, la purezza, e quando, inevitabilmente, si caccia nei guai,
fanno famiglia, quella vera. Emma Dante non fa un film per tutti, se ne frega,
evviva, del grande pubblico, e disegna un racconto estremamente periferico, duro
e respingente, sopra un'isola del sud, siciliana, tutta sommovimenti della
terra, rovine, rifiuti e degrado. Donne comunque forti, che hanno accettato per
destino quella che è una vita difficile e senza compromessi: un cliente via
l'altro, un pappone, soldi e mercificazione. Ma Arturo è un angelo che illumina
ogni cosa, senza retorica e senza melodramma, che le accompagnerà fino a un
finale quasi insostenibile, che mi ha commosso alle lacrime. Film enorme,
poetico quando serve, luminoso quando serve, senza buoni sentimenti un tanto al
chilo. Bellissimo.
…Rimane comunque la potenza dei corpi, il loro esprimersi attraverso un linguaggio
intimo veicolato dalla danza, il loro ribellarsi rumoroso e straripante contro
ogni cosa, anche contro la natura stessa. E soprattutto rimane uno sguardo poetico che cerca di esplorare le pieghe del reale.
…Misericordia oscilla tra dramma e frammenti di favola
in nero in cui il
mondo attuale e il mito convivono in un eterno presente, riproducendo
all’infinito quel conflitto tra maschile e femminile che genera vita ma si
nutre solo di abusi, violenza e sottomissione.
La complessità dei concetti si esprime attraverso un
ragionato uso di simboli – l’acqua come liquido amniotico e forza inarrestabile sotterranea,
l’agnello di matrice cristiana, il firmamento arturiano, la natura matrigna – e
arrivano dritti al cuore e privi di retorica grazie a una sapiente
direzione di attori di rara bravura.
Simona Malato, Tiziana Cuticchio e Milena Catalano muovono
i corpi e danno parola ai loro volti che ribollono di accenti ora amorevoli,
ora sguaiati, ora ribelli e ora rassegnati. Questo linguaggio materico rafforza
l’aspra sonorità del dialetto siciliano e fa da contrappunto alla rumorosa e
scomposta vitalità di Arturo. Il danzatore professionista Simone
Strambelli regala a questo toccante personaggio una personalissima
voce composta dal ritmico, continuo girare in tondo, da vocalizzi di animale
libero e felice, dal paziente tessere e annodare fili di lana che, dalla sua
bocca, diventano fisici e colorati universi. Un mondo fertile in cui venire al
mondo è come nascere stella, una stella di nome Arturo, la più luminosa e
brillante del cielo notturno.
…Cristo
inebetito e rigirante su se stesso come un derviscio incosciente (ma anche come
i francescani di rosselliniana memoria) Arturo è l’atto di liberazione del
cinema di Emma Dante, che si lascia poi sedurre – ed è la vera forza del film –
da un ambiente naturale di cui sa comprendere e rispettare la potenza. La
mitologia che è entrata nel racconto di nuovo in modo dichiarato nel
personaggio di Polifemo, interpretato da un Fabrizio Ferracane in veste di
Lucifero laido, la si rintraccia in modo meno intellettuale ma più centrato in
quel posto fuori dal mondo, chiuso tra la montagna che si sgretola e il mare in
cui si affonda. Un mondo che uccide, ma mai con la ferale crudeltà dell’umano,
e in particolar modo del maschile, qui accettabile solo nella sua forma priva di consapevolezza
delle proprie azioni (Arturo, ovviamente) ma per il resto di una cattiveria
irredimibile, e insopportabile. Emma Dante si sta progressivamente “liberando”
del ventre caldo e protettivo del testo preesistente, e Misericordia racconta dunque due tentativi di fuga libertaria, quella di
Arturo e quella della stessa regista. Ed è forse questo, prima ancora del
discorso tematico, a rappresentare il reale motivo d’interesse del film, in
attesa dei futuri sviluppi dell’autrice.
…In
un passaggio de "La città dei vivi" (Einaudi, 2020) - il romanzo di
Nicola Lagioia che racconta dell’omicidio Varani - lo scrittore siciliano
scrive di quanto sia difficile credere nel potenziale magico della parola in un
mondo, il nostro, materialista, in cui, cioè, si suppone la realtà sia sempre
uguale a sé stessa. "Misericordia" e la narrazione di Lagioia hanno
in comune l’ineluttabilità, della violenza certo, ma soprattutto della
conseguenza - il materialismo e la sua ossessione per ciò che è causa e ciò che
è effetto. Nel film, l’esempio più evidente è quello della montagna,
protagonista assoluta dei campi lunghi, in cui la rilettura della più famosa delle
operette morali di Leopardi ("Dialogo della natura e di un
islandese") prende forma: la natura, come la casa, è matrigna, ma anche
agente controfattuale, salvatrice, se distruggesse la baraccopoli con la sua
forza. Né Betta, né Nuccia o Anna ne hanno paura, "tanto non succede"
dicono, l’ineluttabilità appunto…