domenica 30 aprile 2017

La tenerezza – Gianni Amelio

nel film si ascoltano due frasi che possono spiegare un po' di quello che succede nel film e nella vita:
Dice un poeta arabo, che la felicità non è una meta da raggiungere, ma una casa a cui tornare…..tornare non andare
Nella vita tutto quello che facciamo è una scusa per farci voler bene
Amelio mette insieme dei grandi interpreti, tutte persone sole, che cercano solo un po' di tenerezza, senza riuscirci, per orgoglio, per egoismo, per incapacità, per pregiudizio.
nessuno è perfetto, ma non si riesce a fare il primo passo, verso la tenerezza, e spesso dopo è troppo tardi.
Lorenzo si attacca a quella ragazza che potrebbe essere sua figlia, una persona alla quale raccontare tutto quello che non è mai riuscito a dire.
e poi Elena lo trova, si trovano finalmente.
cercate questo film, vedrete un Renato Carpentieri straordinario, fra le altre cose, e non sperate di ridere, che non c'è niente da ridere, solo guardare e capire quelle due frasi - Ismaele





qui un’intervista con Gianni Amelio


…Amelio ricostruisce con sensibilità ed eleganza uno spaccato di umanità che cerca di uscire dalle sabbie mobili dell'ipocrisia e del rancore, dimostrando quanto l'infelicità e l'aridità affettiva non dipendano dall'età e dalle epoche bensì esclusivamente dagli uomini: tutti i personaggi del film infatti, giovani e vecchi, introversi e spigliati, non riescono a parlarsi ed affrontarsi fino a quando la vita stessa non li costringe a farlo. I padri non sono migliori dei figli, gli amanti si amano ma non si cercano, nessuno muove il primo passo, tutti immobilizzati dalla paura di provare affetto...
La famiglia, tradizionale baluardo di un' Italia ipocrita e democristiana, qui viene fatta a pezzi e umiliata da una società arcaica e benpensante che soffoca i sogni e gli ideali, non permettendo a nessuno di essere ciò che vorrebbe essere. A venirci incontro, sembra dirci il regista. è la natura stessa dell'uomo, incapace di trovare felicità nella solitudine e nella povertà di affetti. Siamo e restiamo "animali sociali", fatti per stare insieme, malgrado e nonostante tutto. Perchè forse è proprio vero che, nella vita, "tutto quello che facciamo è una scusa per volerci bene".

… La fotografia, curata da Luca Bigazzi, presenta una Napoli meravigliosa, in parte quella che già conosciamo, in parte quella dei nostri sogni: la luce del mattino illumina l’ultima brina notturna, lasciando spazio a vicoli brulicanti e al vociare dei bambini che riempie le piazze. Un’atmosfera serena, di paradossale quiete, dietro la quale però si nasconde tanta amarezza. Il film di Gianni Amelio, dal cast eccezionale, disvela infatti una crisi ben più profonda di quella circostanziata dal plot: la crisi dei processi comunicativi e dei sentimenti contemporanei, veicolati sempre più spesso da fraintendimenti e cose non dette o capite troppo tardi, come nel caso del rapporto tra Lorenzo e sua figlia Elena. La paura dell’autenticità e l'orgoglio perenne lacera le relazioni umane e rischia di trasformarsi nel più grande dei rimpianti.
Il film, estremamente drammatico, trascina il pubblico in circostanze di un’intensità tale da destabilizzarlo. L’intero intreccio narrativo deve molta della sua disarmante carica emotiva all'interpretazione di Renato Carpentieri, il cui personaggio, con la sua indole ribelle, conduce lo spettatore in un viaggio che, nonostante tutto, cattura e strappa di tanto in tanto anche qualche sorriso.

Nell’abusata e ovattata ricerca di formule magiche e perbenismi manieristi che ha investito il panorama medio della nostra industria narrativa, la scelta di Amelio, disposto persino ad appropriarsi e a stravolgere una storia altrui pur di continuare a raccontare i suoi sentimenti e le sue emozioni, raggiunge livelli di un atto “rivoluzionario”. Cosciente di essersi accomodato nella comoda dimensione autoriale del maestro venerato (non deve sorprendere che il suo nome sia citato dai migliori giovani autori del nostro cinema) il regista calabrese con La tenerezza realizza, dunque, un’opera lenta, pesante, fuori tempo e fuori spazio, costruita da uno spirito, allo stesso tempo, ingenuamente nostalgico e fieramente anti-moderno, che, addirittura, raggiunge vertici di luddismo. Non potremmo definire altrimenti il casting del meraviglioso Renato Carpentieri, per la prima volta protagonista assoluto di una pellicola…

La tenerezza è cercata, a volte ostentata, ma incredibilmente efficace solo quando è davvero negata, quando una quotidianità apparentemente scontata squarcia il velo delle ipocrisie che l’autore tiene strette a sé, come una coperta di Linus. E allora sono un nonno bambino e un bambino adulto (“voglio tornare a scuola” dice il secondo, “rapito” durante l’orario scolastico) a darci qualcos’altro, una Maria Nazionale delusa a emozionarci, un Carpentieri che da grande interprete lo spazio per qualche finezza se lo prende da solo.
E, alla fine, inevitabilmente, senti che è proprio il timoniere di questo film inespresso a essere il punto debole. Incapace di aprire tutte le sue vele e allo stesso tempo senza il coraggio di navigare controvento. La sua velocità di crociera mal si concilia con il naufragio emotivo, antropologico e parentale che vuole raccontare. E anche lo spettatore, alla fine, annega nel torpore di questo racconto sbagliato.
da qui

2 commenti:

  1. L'ultima frase del film è una citazione da "Ladri di biciclette": Amelio non vedeva l'ora di metterla... :)

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