il film è stato in poche sale in tutta Italia, per pochi giorni.
ho avuto la fortuna di vedere il film, quella sera molti non hanno potuto entrare in sala.
il film mostra l'eroica e nonviolenta resistenza degli abitanti di Masafer Yatta, un territorio palestinese minacciato dal Moloch israeliano.
lo stato d'Israele, la cui nascita fu decisa dall'ONU nel 1948, in un territorio ben definito, abitato dai palestinesi (che furono espulsi con violenza dalle loro case, la Nakba), oggi occupa quasi tutto il territorio palestinese (ben definito dall'ONU).
la macchina da presa (o la telecamera del telefono cellulare) segue Basel Adra (giornalista e attivista palestinese di Masafer Yatta) e Yuval Abraham (giornalista e attivista israeliano) da vicino, come pure i cittadini, e anche le bambine e i bambini di quel luogo minacciato ogni minuto, mostrandoci i pochi momenti di gioia e i numerosi momenti di disperazione.
la loro vita è come quella di Sisifo, ricostruiscono con molto sforzo le case e le scuole, e poi gli israeliani (governo, tribunali, soldati, demolitori) gliele distruggono in mezz'ora, e così via.
se qualcuno facesse lo stesso in qualche villaggio israeliano tutto l'occidente collettivo griderebbe all'antisemitismo e imporrebbero sanzioni su sanzioni, ma qui sono solo palestinesi, l'occidente collettivo non si commuove, anzi fornisce le armi, siano per sempre maledetti.
vedere il film fa male, vedere quello che succede è peggio di come si può immaginare.
buona (palestinese) visione - Ismaele
…Il racconto caratterizzato da uno
stile molto essenziale e diretto procede lungo una linea temporale che parte
dalla crescita di Basel a Masafer Yatta e mostra la sua rapida presa di
coscienza del difficile stato delle cose con la conseguente ricerca
instancabile dei metodi da utilizzare per cercare di poter determinare ad ogni
costo il futuro della sua comunità minacciata dall’esproprio, aiutato nella complessa
operazione dall’amico Yuval.
Il metodo è un mezzo, il mezzo è la
videocamera, l’unica ‘arma’ che egli pone tra se e l’esercito israeliano nella
speranza che quelle immagini così crude e taglienti possano arrivare dove la
legge non può e assieme all’organizzazione di alcune manifestazioni sul
territorio possano far vedere cosa succede a voler semplicemente restare dove
si è nati, ad essere nati in quello che qualcun altro per te ha deciso che sia
il ‘posto sbagliato al momento sbagliato’.
Ciò che salta agli occhi è la
straordinaria resilienza di uomini, donne e bambini che vogliono solamente
rimanere lì dove gli antenati prima di loro hanno costruito con difficoltà
l’avvenire della propria comunità sin dai tempi del mandato britannico degli
anni ‘20.
Nel luogo dove hanno assaporato il
mormorio delle albe e la serenità dei tramonti, dove hanno mangiato, corso,
gioito, amato, sofferto, li dove in poche parole hanno vissuto e hanno formato
la loro identità…
Ci sono, almeno, tre cose interessanti in No Other Land, pluripremiato
e valente documentario realizzato dai giovani attivisti palestinesi e
israeliani Basel Adra, Hamdan Ballal, Yuval Abraham e Rachel Szor.
La prima: l’assoluta non resistenza, la palese fragilità, financo la
caducità delle case palestinesi abbattute dall’esercito israeliano, aizzato dai
coloni.
La seconda: il simil-camuffamento dei coloni, che piombano sulla
scena – del delitto, da loro impunemente perpetrato – con il volto coperto,
persino da kefiah, e la fionda in mano.
La terza: l’incongruità, se non incredulità, del sodalizio tra il
palestinese Basel, che per oltre un lustro film la distruzione della sua comunità di Masafer
Yatta, e l’israeliano Yuval: com’è – vi chiederete di fronte alla
devastazione inflitta a più riprese dagli israeliani – che siffatta amicizia
possa preservarsi e alimentarsi, com’è possibile? C’è del dolo, un disegno
infernale – occupare bonariamente e solidaristicamente il campo avverso, perché
l’opposizione noi (israeliani) e loro (palestinesi) non sia esaustiva, e dunque
più eticamente e politicamente sanzionabile? – nello stare dalla parte delle
vittime dell’israeliano Yuval? Già, tocca sospendere l’incredulità…
Masafer Yatta è una regione collinare semi-desertica a sud di
Hebron, in Cisgiordania, costituita da una dozzina di villaggi abitati
principalmente da contadini e pastori arabo-palestinesi sin dal XIX secolo. Tra
di loro c'è anche Basel Adra, giovane avvocato e giornalista, che ha deciso di
dedicare la propria vita a documentare la barbarie che lo circonda sin
dall'infanzia. Infatti, dopo la Guerra dei sei giorni del 1967, Masafer Yatta è
divenuta oggetto dell'occupazione israeliana fino ad essere dichiarata, nei
primi anni Ottanta, area di addestramento militare ‒ la cosiddetta Firing Zone
918 ‒ e fungere da terreno fertile per l'espansione coloniale dello Stato
ebraico. Una graduale, subdola e deflagrante attività di espropriazione
forzata, legittimata nel 2022 da una sentenza della Corte Suprema di Israele e
messa in pratica sistematicamente da più di cinquant'anni, attraverso ordini di
demolizione degli immobili e un asfissiante controllo militare della
circolazione stradale…
No Other
Land è più di un documentario: è un manifesto, una
lezione di resilienza e pacifismo. Racconta le
evacuazioni forzate e le demolizioni delle case di un villaggio
palestinese in Cisgiordania, Masafer Yatta, da parte delle forze di
difesa israeliane – Idf, che intendono utilizzare l’area come zona
d’addestramento militare. Ma racconta, soprattutto, la lotta
nonviolenta delle famiglie che da secoli abitano queste terre e
qui hanno costruito le loro case e le loro vite.
Mostra la tenacia
con cui uomini, donne e bambini – tante donne, tanti bambini – cercano di
difendere ciò che è loro, armati solo della loro determinazione, del coraggio e
dello sguardo che puntano negli occhi dei militari, della voce con cui chiedono
loro di immedesimarsi, cercando di suscitare empatia, comprensione,
partecipazione: «E se ci fossi tu al posto mio?», domanda una donna, mentre una
bimba bionda si nasconde dietro le sue gambe…
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