una famiglia brasiliana molto felice e unita, che abita a pochi metri dalla spiaggia di Copacabana, padre (Rubens Paiva), madre (Eunice), cinque figli e tantissimi amici, fino a quando i militari golpisti iniziano a far sparire le persone, migliaia e migliaia.
Rubens viene preso dai militari, e mai più tornerà a casa.
la moglie e figli aspettano, inutilmente, e rischiano anche loro di essere inghiottiti nel buco nero delle prigioni segrete, subendo tutte le torture possibili.
Eunice (interpretata da una bravissima Fernanda Torres, candidata per l'Oscar) tiene insieme la famiglia, anche sorridendo.
il film è ispirato da un libro di Marcelo Rubens Paiva, quel bambino amico del regista, che a 20 anni, per una caduta assassina divenne tetraplegico.
il film è molto interessante e non lascia indifferenti.
è in più di cento sale, il cinema vi aspetta, nessuno se ne pentirà.
buona (resistente) visione - Ismaele
ps: qualche anno fa Fernando Trueba ha girato un bel
film, tratto da un libro del figlio di Héctor Abad Gómez, ammazzato dai militari, in Colombia.
…Salles si serve della sua brava inteprete principale e di tutta la
squadra attoriale per evitare a tutti i costi il melodramma: donna Eunice non
cede, non crolla, non urla, piuttosto sorride. Ne esce un film teso e composto,
che mira alla testa più che alla pancia.
Ricordare questa vicenda e mettere pubblicamente
al bando certe pratiche è necessario perché non continuinino a esistere.
Ma Ainda estou aqui (Sono ancora qui) non è solo una storia
di denuncia o di memoria: è anche un racconto di trasformazione. Giovane e
agiata nella Rio della bossa nova e dell'architettura modernista, nella prima
parte del film Eunice è una donna che ha tutto: soldi, amore, futuro.
La tragedia che la colpisce ribalta ogni cosa e la costringe a reinventarsi,
con una nuova consapevolezza. È qui, in questo terzo atto raccontato più
rapidamente e senza sottolineature, il messaggio politico del film, e la
ragione per cui prosegue oltre quella che potrebbe apparire la conclusione
ideale. Non è solo completezza biografica. Anche se accompagnare il personaggio
in età avanzata offre al regista la possibilità di affidare il ruolo a Fernanda
Montenegro, ultranovantenne, protagonista di Central do Brasil e dell'inizio del viaggio
cinematografico di Salles.
…Io sono ancora
qui riflette proprio sulla permanenza dell’assenza, del dolore,
ma anche sull’ostinazione con cui chi rimane, in questo caso una madre con
cinque figli, vuole rimanere in vita e progredire nonostante tutto. Il ritratto
di Eunice Paiva è di grande dignità e grazia, soprattutto Salles lo costruisce
in modo tale da inglobare all’interno dello stesso involucro l’universalità del
trauma nazionale, insieme alla specificità del dramma privato con una
comunicazione continua tra l’uno e l’altro.
Io sono ancora qui è un racconto
delicato e coraggioso, che per tematiche e geografia ricorda quello
splendido Argentina
1985 che passò in Concorso a Venezia 79. Qui il tono è
maggiormente declinato verso il dramma familiare, senza l’ironia che
contraddistingue il film di Santiago Mitre, tuttavia
presenta la stessa dignità nei personaggi, la stessa tenacia e voglia di
trovare giustizia, non solo per sé ama per tutta la collettività.
…Dire che Fernanda Torres si è calata nel ruolo di
Eunice Paiva, che ha trascorso buona parte della sua vita cercando di chiedere
conto della scomparsa del marito, sarebbe un eufemismo. Questo film è una vetrina
per lei tanto quanto un dramma basato su una storia vera, anche se rispetta sia
l’enormità che il peso emotivo dell’esperienza della vera Eunice. Ma è il tipo
di ruolo che permette a una persona del suo calibro di fare la differenza, e dà
a Torres la possibilità di onorare una figura pubblica che è stata anche una
combattente della resistenza (la scomparsa di Rubens ha fatto notizia a livello
internazionale); che è stata una madre che si è presa cura dei suoi figli e ha
fatto del suo meglio per proteggerli dalla perdita personale e dalla tempesta
più grande; che viene messa alla prova quando anche lei e sua figlia Eliana
(Luiza Kosovski) vengono prelevate per un interrogatorio, ed Eunice viene
trattenuta per quasi una settimana; che sacrifica tutto in nome della famiglia
e della scoperta di ciò che è successo dopo il saluto del marito.
E
più tardi, nel primo dei due flashforward, Torres mostra cosa succede quando la
chiusura cercata per decenni arriva finalmente, inevitabilmente. Ciò che è
notevole è il fatto che non esagera mai, né si lascia andare a facili
istrionismi e strappi di vesti, anche quando il film stesso diventa molto
pesante nella seconda metà. Si tratta di un’interpretazione straordinariamente
ricca di sfumature, e non è importante se questo assicurerà a Torres una
nomination all’Oscar come miglior attrice protagonista o meno. Certo,
assicurerà un maggior numero di occhi su quello che avrebbe potuto essere un
film che, pur avendo avuto un enorme successo in Brasile, sarebbe potuto
svanire nel rumore bianco di fondo che caratterizza la mania della corsa
all’oro di questi primi mesi invernali. Ma Io sono ancora qui è
una testimonianza di Torres a prescindere. In patria ha già conquistato
l’attenzione dei connazionali grazie all’incredibile lavoro che svolge in
questa commovente, emozionante ode alla vita durante la dittatura. Ora merita
il plauso di tutto il mondo.
Nessun commento:
Posta un commento