venerdì 19 aprile 2013

Antiviral – Brandon Cronenberg

un po' inquietante, gelido, folle.
una storia estrema, fantascienza, ma anche no, realtà fantastica direi.
non convince del tutto, non coinvolge del tutto, ma è un'opera prima davvero promettente.
Syd (Caleb Landry Jones) è bravissimo, mi ha ricordato Eric (Robert Pattinson),  il protagonista di "Cosmopolis".
da vedere - Ismaele




…Concettualmente parlando, Antiviral è un film sorprendente, nel quale troviamo rimandi culturali molto classici ma allo stesso tempo originali. Alcune scene, come quella di Hannah – a tratti quasi clone di Marilyn – sul letto della sua camera d’albergo, sono una palese citazione visiva della Violetta della Traviataverdiana; il proprietario della clinica si chiama Dorian; in una scena notturna Syd e Hannah appaiono come novelli Giulietta e Romeo, in un film che ben poco ha a che fare con l’innamoramento classico. Molte le scelte fortemente simboliche: Hannah è un nome biblico e palindromo, e nel film ha il ruolo di “madre” del virus; si chiama poi Geist, “spirito”, in un film che è tutto fondato su carne e sangue; vi è spesso un ricorso linguistico a parole che molto hanno a che fare con la religione, ed anche alcuni rituali praticati dai fan (il cannibalismo in testa a tutti) e dal protagonista stesso hanno molto a che fare con pratiche religiose e mistiche. Poco interesse rivestono, anche se molto limitate nella quantità, le parti relative all’aspetto spionistico/delinquenziale della vicenda, ma è palpabile la sensazione che siano state inserite solo come telaio sul quale innestare la trama concettuale del film.
Concludendo, si può definire Antiviral come un melodramma (fanta)scientifico, un film doloroso e desolante che cresce e muta sulle ossessioni dei protagonisti: quella dei fan per la loro celebrità, di Hannah per la giovinezza e la fama, di Syd per Hannah, di Dorian Lucas per il mercato… Ritratto nemmeno eccessivamente azzardato di una società alla quale la nostra attuale si avvicina anche troppo, seppur non concretamente. Non ancora, almeno…

Se siete arrivati fin qua e sono riuscita a farvelo sembrare un film intelligente e interessante, ora devo anche disilludervi: Antiviral è noioso, farraginoso, confuso, pieno di metaforoni intravena e spiegoni endoscopici; i momenti peggiori arrivano quando Brandon vuole ricreare pedestremente certe atmosfere del cinema paterno (oltre all’uso della sua nuova attrice-feticcio), quasi per sopperire al bisogno di immagini cruente a cui il padre ci ha viziati per poi togliercele col suo corso recente…

…Antiviral però non sarebbe così particolare e memorabile se non ci fosse stato un protagonista come Caleb Landry Jones , uno strumento perfettamente deformabile nelle mani del suo regista capace di una metamorfosi fisica impressionante nell'arco della sua odissea microbiologica alla ricerca di una via di salvezza. Il suo aspetto efebico, slavato e stralunato , il suo sguardo perso perennemente nel vuoto, il termometro sempre a misurare una temperatura corporea abituata a fare i capricci sono fattori determinanti per la riuscita di questo incubo in cui il bianco domina incontrastato.
Il candore abbagliante delle scenografie dovrebbe essere sinonimo di pulizia, di asepsi e invece sottintende una nuova apocalisse mondiale. Quella virologica.
Oramai le guerre si combattono all'interno dei corpi in un mondo portato al collasso dal feticismo esasperato. Non più armi da fuoco ma aghi , prelievi ematici, stravasi di sangue nerastro , la morte che arriva nel silenzio assoluto…

Fascinant par son propos et remarquable dans sa dimension formelle (hormis quelques éclaboussures de sang en trop), « Antiviral » est donc un film qui frappe fort, atteignant d’emblée un très haut niveau. On peut lui reprocher un dénouement un peu laborieux, qui tranche clairement avec la progression générale du métrage, mais rien qui puisse gâcher la jubilation de voir un film différent, d’un cinéaste qui a pris des risques. Vous connaissiez son nom, maintenant retenez son prénom…

Sottile, filosofico e provocatorio, Antiviral possiede quella progressione chirurgica, quella gestione minuziosa che ne enfatizza ogni aspetto, ogni dettaglio, studiati con un equilibrio che lascia basiti. La costruzione registica distorce e aliena nei primi piani silenziosi su volti afflitti, crucciati, pensierosi, tramortiti, mette a disagio nell’esplosione fotografica di bianco allucinante e doloroso, sparge eleganza nel muoversi con originalità durante i dialoghi, ed è quindi strumento perfetto per dare immagine a una storia sceneggiata con profonda attenzione, dove l’immersione nel contesto fantascientifico è totale sin dai primi minuti per essere poi svelato lentamente durante lo sviluppo...

2 commenti:

  1. E' innegabile che l'influenza del papi si nota, soprattutto per quanto riguarda i primi lavori (Stereo / Crimes of the Future). Il film promette bene in partenza, con un'idea veramente originale che però si smorza man mano che procede (troppi intrighi, abbastanza confusionario). E in definitiva hai ragione, non convince del tutto! Staremo a vedere con la seconda incursione.

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  2. una prima così è lodevole, diventerà più bravo, se quel padre che gli è capitato gli dedicherà un po' di tempo, non troppo, quello che basta per farlo volare sicuro, ancora più di adesso.

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