è sempre un film molto bello, Jasmine Trinca è bravissima, la fotografia è bellissima, ma qualcosa non torna.
da vedere senz'altro - Ismaele
Potremmo ricondurre il senso di delusione di fronte al terzo lungometraggio di Giorgio Diritti a una spiegazione che vale spesso, riguardo le opere "della maturità" di nuovi autori in via di affermazione: ovvero, potremmo spiegare il tutto con un eccesso di generosità e di ambizione, la scelta di impostare la narrazione affastellando l'uno sull'altro troppi temi e troppi problemi, resi, inoltre, troppo programmatici da una simbologia che riempie lo schermo dall'inizio alla fine dei 110 minuti di pellicola. In realtà, quello che non ci ha convinto di "Un giorno devi andare" è nella scelta, tutta di sceneggiatura, di "spezzare" l'opera in tre microfilm, quasi come il pellegrinaggio nella foresta amazzonica di Augusta e del suo indicibile dolore fosse una sorta di poema che affrontasse delle stazioni "di dolore", in cerca di una guarigione interiore possibile ma sofferta. A livello registico, invece, va riconosciuta a Diritti una classe cristallina che, pur non sufficiente a compensare un risultato finale impalpabile, conferma nuovamente il talento del cineasta bolognese…
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…Il titolo è già tutto un programma e si presta, dopo solo un terzo di visione, a fungere da proposizione principale di un quesito: “Un giorno devi andare, ma a parare dove?”.
Perchè con tutta la buona
volontà e il rispetto per il lavoro altrui, si stenta a comprendere ed
afferrare il senso di questa operazione, spacciata per antropologica e sociale,
nonché ad alto livello emozionale; quando siamo di fronte a un collage,
peraltro fabbricato male, di dialoghi, luoghi, persone e storie, che trovano
ragion d’essere unicamente come soggetti naturalistici, incorniciati in
splendide fotografie.
Per tutta la durata non si crea
alcun tipo di connessione motivata -figurarsi empatica- tra la protagonista
della vicenda, Augusta (Jasmine Trinca), e i
personaggi che incontra nel corso di un presunto viaggio spirituale, tra le
terre selvagge dell’Amazzonia, e che necessita della presenza di una suora
missionaria per descrivercelo come tale…
…Un giorno devi andare (splendido titolo esortativo), non è compiuto come i due precedenti film del regista: proprio nella parte finale, con l'arrivo della ragazza della favela in casa di Augusta, la storia si sfilaccia e procede un po' meccanicamente fino al finale aperto. Ma il film tocca vette altissime quando Diritti mette la sua macchina da presa in posizione di ascolto e fa parlare i luoghi e la gente, lasciandoli interagire con sguardo quasi documentaristico e senza sovrapporvi una narrativa che di fronte alla forza delle immagini e dei suoni appare quasi superflua.
Jasmine Trinca dipinge efficacemente un personaggio
dolente, chiuso e spigoloso, che lascia trasparire un'immensa tenerezza e un
animo infantile. E sarà difficile dimenticare, anche molto tempo dopo aver
visto il film, l'aliena bellezza di questo angolo sperduto di mondo, che
l'autore ama e non sfida con l'arroganza di un Fitzcarraldo. Perché il suo
sguardo, qui come altrove, è sempre puntato sull'uomo, che nella sua sconfinata
miseria non ha niente di sicuro se non il lento e infinito fluire del fiume.
Questo lo voglio proprio vedere, è da un pò che lo tengo d'occhio.
RispondiEliminacercalo, non te ne penti, poi dirai:)
RispondiEliminaun film non perfetto di uno bravo come Diritti è sempre un film da non perdere
Confermo la non riuscita globale rispetto ai film precedenti, ma comunque dall'alto della mia sapienza mi sento di promuoverlo :)
RispondiEliminaè che a volte dopo due film da 9 uno da 8 sembra non riuscito.
RispondiEliminasicuramente è anche più complesso dei precedenti