Lucifero scende dal Paradiso verso l'Inferno, si ferma, forse per riposare, in un villaggio messicano. dimenticato da dio e dal mondo, un microcosmo semplice e pacifico.
Lucifero si vanta di essere un mago e diventa la star di quel villaggio, per 24 ore, amato e rimpianto.
Lupita e la sua famiglia, il fratello e la nipote Maria, sono l'obiettivo di Lucifer, che riesce anche a mettere in cinta Maria.
e poi Lucifero sparisce.
e tutto torna come prima, anzi peggio, maledetto Lucifero.
un film che non si dimentica, per diversi motivi.
buona (a tutto tondo) visione - Ismaele
…Il plot, tratto dalla pièce omonima
dell'olandese Joost van den Vondel del 1654, è molto
semplice e divisa in tre capitoli: Paradiso, Peccato e Miracolo. Nella strada
dal paradiso all'inferno, Lucifer (un convincente e diabolico Gabino
Rodriguez) passa per un villaggio messicano prossimo al più giovane
vulcano del mondo, il Parícutin (che offre anche numerosi riferimenti
religiosi). Lì incontra prima l'anziana pastora Lupita (María Toral
Acosta) e la nipote Maria (Norma Pablo), che gli
parla della malattia del fratello di Lupita, Emanuel (Jerónimo Soto
Bravo): il 60enne non riesce ad alzarsi né a camminare.
Emanuel mente sulla malattia, affinché
Lupita non abbia sospetti su gioco d'azzardo e alcol. Lucifero coglie
l'occasione e finge di aver curato Emanuel sussurrandogli in un orecchio di
sapere della bugia. La famiglia organizza una festa per il villaggio, chiamando
i malati affinché vengano curati da colui che si professa 'un angelo'. Lucifero
finisce a letto con Maria e, senza aver compiuto alcun miracolo prima di
sparire, fa dubitare tutti gli abitanti (e in particolare la religiosissima
Maria) della loro fede.
La tecnica Tondoscope, sviluppata
dall'abituale direttore della fotografia di Van den Berghe, Hans
Bruch Jr, prevede che la macchina da presa venga posta sopra
un'emisfero a specchio. Ha dei predecessori nella storia della fotografia e del
cinema, come la lanterna magica e il dagherrotipo. In termini tematici ha di
certo senso pensare alle prime rappresentazioni della Terra come un disco, o
del paradiso e dell'inferno, come quelli di Dante o di Hieronymus Bosch nel
famoso I sette peccati capitali, che appartiene alla pittura
rinascimentale su tondo.
E in effetti le figure al centro del
fotogramma sembrano più distanti da quelle ai bordi, e, nei campi lunghi, il
terreno e le persone sono distorte e occupano lo spazio esterno del cerchio,
mentre il cielo è al centro – con l'inevitabile buco nero come un oblò –
rendendo allo spettatore più semplice l'interpretazione filosofica del film, in
qualsiasi modo desideri.
A livello cinematografico, il titolo
supera la semplice (e moralistica?) storia con potenti scene come quella nella
quale Lupita, distrutta dalla colpa, si unisce ad un gruppo di prigionieri la
cui penitenza è camminare in ginocchio intorno al vulcano, fino a quando uno di
loro muore, e gli altri saranno assolti e liberati…
…Lo sguardo del frate francescano (?) incombe su di
noi, è una delle prime immagini che notiamo e che rimangono impresse per la
loro efficacia visiva. Qui la regia è abilissima e, oltre a rovesciare ogni
canone filmico e tecnico sottintendendo un preciso volere, punta ad un
significato ben chiaro. Il tondo-scope usato rimanda ad una sfera, un’immagine
di perfezione, ma al contempo ad un inusuale aspect ratio che
volutamente, proprio come il significato dell’opera, ne ribalta ogni altro
simile mai usato (come il sedici noni). L’interesse di scrupoloso studio
religioso si nota da ogni inquadratura, chiarificando la già ben palese
intenzione di non voler riprodurre il conflitto Bene-Male in termini
iconografici o stereotipati, quanto piuttosto attraverso un intenso e profondissimo
studio dell’essere in ogni sua inculcata spinta verso il credo professato. Una
regia perciò fulminante che, insieme ai termini stessi dell’opera, rende
quantomai arduo e complesso il cammino dello spettatore verso la completa
comprensione dell’oggetto in causa, ma che al contempo ne rende
straordinariamente coerente ogni aspetto ad essa attinente.
…La
actuación del elenco, excepto la de Gabino Rodríguez, deja mucho que desear,
pero en parte contribuye a la estética de la película. Las exageraciones de las
actuaciones hacen las situaciones cómicas y le dan un mayor valor a lo que el
director trata de hacer. Junto con la actuación, el guion del director no es
muy exitoso, pues tiende a ser exagerado. Se podría decir que lo mismo sucede
con el guion que con las actuaciones, pues no sabemos que tanto fue a propósito
y que tanto fue por falta de experiencia. Los monólogos son una de las partes
más interesantes del guion, pues aunque no son naturales, sirven de una manera
muy efectiva de transmitir los pensamientos de los personajes y ayudan a dar
significado a los sucesos. Los diálogos al contrario se sienten forzados y con
poca necesidad.
La música añade en gran parte a lo que se está creando a través de las
imágenes. La música crea una tensión, una tristeza, una alegría medida. Se
puede adaptar a las diferentes situaciones que suceden en la película.
La película es una joya muy especial. No se puede tomar como una película
de comedia, ni drama; la película rompe los géneros establecidos. Al final nos
quedamos con una película de temática controversial, pero cuyo mensaje
principal es el de la vida.
…Lucifer es una reflexión
parsimoniosa sobre la duda y la creencia en la que contemplamos cómo el Diablo
pervierte y desmorona los preceptos del paraíso utilizando solamente su
capacidad de engaño, su astucia y su amoral interpretación del libre albedrío.
La ausencia del ángel es interpretada por los habitantes como la pérdida de la
gracia de Dios, abandonándolos a su suerte por una falta que no pueden
identificar. Mientras la Iglesia local construye un nuevo templo que la acerque
físicamente lo más posible al cielo, su pueblo se resquebraja por dentro,
alejándose irrevocablemente del Señor. Por ello el último plano del filme rompe
con el formato circular y retorna a una relación de imagen convencional: el
sistema cerrado del paraíso se ha roto.
Van der Berghe
explora el concepto de la fe a través de la duda y el resultado final es
ambiguo: el planteamiento simbólico y audiovisual la hacen una propuesta única
y de carácter experimental, sin embargo las actuaciones (realizadas por los
habitantes reales del pueblo) no consiguen transmitir el conflicto emocional de
forma consistente, lo que diluye el impacto de las imágenes en un metraje que
se dilata, sosteniendo los planos con desigual éxito. A pesar de lo irregular
del experimento, Lucifer a
través de su entramado teórico y su original uso de la imagen nos muestra otra
cara del Maligno, más astuta y enigmática que el común denominador de las
representaciones cinematográficas.
QUI il film completo, con sottotitoli
…Il plot, tratto dalla pièce omonima
dell'olandese Joost van den Vondel del 1654, è molto
semplice e divisa in tre capitoli: Paradiso, Peccato e Miracolo. Nella strada
dal paradiso all'inferno, Lucifer (un convincente e diabolico Gabino
Rodriguez) passa per un villaggio messicano prossimo al più giovane
vulcano del mondo, il Parícutin (che offre anche numerosi riferimenti
religiosi). Lì incontra prima l'anziana pastora Lupita (María Toral
Acosta) e la nipote Maria (Norma Pablo), che gli
parla della malattia del fratello di Lupita, Emanuel (Jerónimo Soto
Bravo): il 60enne non riesce ad alzarsi né a camminare.
Emanuel mente sulla malattia, affinché
Lupita non abbia sospetti su gioco d'azzardo e alcol. Lucifero coglie
l'occasione e finge di aver curato Emanuel sussurrandogli in un orecchio di
sapere della bugia. La famiglia organizza una festa per il villaggio, chiamando
i malati affinché vengano curati da colui che si professa 'un angelo'. Lucifero
finisce a letto con Maria e, senza aver compiuto alcun miracolo prima di
sparire, fa dubitare tutti gli abitanti (e in particolare la religiosissima
Maria) della loro fede.
La tecnica Tondoscope, sviluppata
dall'abituale direttore della fotografia di Van den Berghe, Hans
Bruch Jr, prevede che la macchina da presa venga posta sopra
un'emisfero a specchio. Ha dei predecessori nella storia della fotografia e del
cinema, come la lanterna magica e il dagherrotipo. In termini tematici ha di
certo senso pensare alle prime rappresentazioni della Terra come un disco, o
del paradiso e dell'inferno, come quelli di Dante o di Hieronymus Bosch nel
famoso I sette peccati capitali, che appartiene alla pittura
rinascimentale su tondo.
E in effetti le figure al centro del
fotogramma sembrano più distanti da quelle ai bordi, e, nei campi lunghi, il
terreno e le persone sono distorte e occupano lo spazio esterno del cerchio,
mentre il cielo è al centro – con l'inevitabile buco nero come un oblò –
rendendo allo spettatore più semplice l'interpretazione filosofica del film, in
qualsiasi modo desideri.
A livello cinematografico, il titolo
supera la semplice (e moralistica?) storia con potenti scene come quella nella
quale Lupita, distrutta dalla colpa, si unisce ad un gruppo di prigionieri la
cui penitenza è camminare in ginocchio intorno al vulcano, fino a quando uno di
loro muore, e gli altri saranno assolti e liberati…
…Lo sguardo del frate francescano (?) incombe su di
noi, è una delle prime immagini che notiamo e che rimangono impresse per la
loro efficacia visiva. Qui la regia è abilissima e, oltre a rovesciare ogni
canone filmico e tecnico sottintendendo un preciso volere, punta ad un
significato ben chiaro. Il tondo-scope usato rimanda ad una sfera, un’immagine
di perfezione, ma al contempo ad un inusuale aspect ratio che
volutamente, proprio come il significato dell’opera, ne ribalta ogni altro
simile mai usato (come il sedici noni). L’interesse di scrupoloso studio
religioso si nota da ogni inquadratura, chiarificando la già ben palese
intenzione di non voler riprodurre il conflitto Bene-Male in termini
iconografici o stereotipati, quanto piuttosto attraverso un intenso e
profondissimo studio dell’essere in ogni sua inculcata spinta verso il credo
professato. Una regia perciò fulminante che, insieme ai termini stessi dell’opera,
rende quantomai arduo e complesso il cammino dello spettatore verso la completa
comprensione dell’oggetto in causa, ma che al contempo ne rende
straordinariamente coerente ogni aspetto ad essa attinente.
…La
actuación del elenco, excepto la de Gabino Rodríguez, deja mucho que desear,
pero en parte contribuye a la estética de la película. Las exageraciones de las
actuaciones hacen las situaciones cómicas y le dan un mayor valor a lo que el
director trata de hacer. Junto con la actuación, el guion del director no es
muy exitoso, pues tiende a ser exagerado. Se podría decir que lo mismo sucede
con el guion que con las actuaciones, pues no sabemos que tanto fue a propósito
y que tanto fue por falta de experiencia. Los monólogos son una de las partes
más interesantes del guion, pues aunque no son naturales, sirven de una manera
muy efectiva de transmitir los pensamientos de los personajes y ayudan a dar
significado a los sucesos. Los diálogos al contrario se sienten forzados y con
poca necesidad.
La música añade en gran parte a lo que se está creando a través de las
imágenes. La música crea una tensión, una tristeza, una alegría medida. Se
puede adaptar a las diferentes situaciones que suceden en la película.
La película es una joya muy especial. No se puede tomar como una película
de comedia, ni drama; la película rompe los géneros establecidos. Al final nos
quedamos con una película de temática controversial, pero cuyo mensaje
principal es el de la vida.
…Lucifer es una reflexión
parsimoniosa sobre la duda y la creencia en la que contemplamos cómo el Diablo
pervierte y desmorona los preceptos del paraíso utilizando solamente su
capacidad de engaño, su astucia y su amoral interpretación del libre albedrío.
La ausencia del ángel es interpretada por los habitantes como la pérdida de la
gracia de Dios, abandonándolos a su suerte por una falta que no pueden
identificar. Mientras la Iglesia local construye un nuevo templo que la acerque
físicamente lo más posible al cielo, su pueblo se resquebraja por dentro,
alejándose irrevocablemente del Señor. Por ello el último plano del filme rompe
con el formato circular y retorna a una relación de imagen convencional: el
sistema cerrado del paraíso se ha roto.
Van der Berghe
explora el concepto de la fe a través de la duda y el resultado final es
ambiguo: el planteamiento simbólico y audiovisual la hacen una propuesta única
y de carácter experimental, sin embargo las actuaciones (realizadas por los
habitantes reales del pueblo) no consiguen transmitir el conflicto emocional de
forma consistente, lo que diluye el impacto de las imágenes en un metraje que
se dilata, sosteniendo los planos con desigual éxito. A pesar de lo irregular
del experimento, Lucifer a
través de su entramado teórico y su original uso de la imagen nos muestra otra
cara del Maligno, más astuta y enigmática que el común denominador de las
representaciones cinematográficas.
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