sembra che i personaggi della storia escano dalla poesia I giusti, di Jorge Luis Borges.
Eugénie (Juliette Binoche) e Dodin (Benoît Magimel) passano la vita cucinando pietanze che siano perfette, o quasi.
in un mondo nel quale la rivoluzione industriale non ha toccato la cucina, ed è possibile vivere cucinando per se stessi e per delle persone che sostengono quel tipo di produzione.
un cuoco e la sua assistente, ormai indistinguibili, sono una squadra unica e perfetta, aiutati da due ragazze, Violette e Pauline, che amano il lavoro e sono trattate alla pari.
c'è naturalmente anche una storia d'amore d'altri tempi, e alla fine un piatto che ridà energia vitale a Dodin e Pauline.
all'uscita della sala speri che qualcuno abbia pensato a un piccolo buffet speciale per gli spettatori, ma niente :(
un film non adatto per chi è a dieta.
buona (appetitosa) visione - Ismaele
…Torniamo però alla passione. Quella di Dodin
Bouffant (Benoît Magimel) è la stessa di Eugénie (Juliette Binoche). Si chiama,
più di tutto, devozione. È il rispetto per la perfezione. La fedeltà a una
relazione. Il culto dell’equilibrio. Un rapporto a due, quello tra Dodin e
Eugénie, sul finire del XIX secolo, che non c’entra niente con la coppia. Il
loro è un vincolo che trova ragione nella dedizione non al cibo, non alla
ricetta ideale, e neppure, banalmente, al gusto: entrambi sono cuochi, vivono
insieme, sono insieme (ma in camere separate), e ciò che li accomuna, che li lega
in modo esclusivo, è la riverenza per la generosità. Un affetto dedicato tutto
all’altro, e mai a sé (ovverosia alla gratificazione di e del sé). Tra Dodin e
Eugénie esiste una passione che si chiama riguardo. La cucina è uno spazio
sentimentale. Il cibo è una grammatica amorosa. Un lemma. Dodin e Eugénie
parlano la stessa lingua. Per questo motivo sono uniti. Inseparabili. Nessuna
differenza di classe, di sesso: è una considerazione spaziale che li salda. Un
rapporto, dunque, basato sul confine inteso quale privato sacrale…
La vicenda, di fatto semplice e sviscerata
con grande trasporto, è narrata ed esplicitata sullo schermo con la grande
eleganza di riprese che spaziano arditamente per l'ambiente della cucina tra le
pietanze in preparazione ed introducono lo spettatore lungo un percorso
culinario che appare davvero coinvolgente e si amalgama perfettamente alla
storia di vita, amore e purtroppo morte che stanno alla base della storia di
coppia che coinvolge i due.
Un'altra scelta azzeccatissima risulta
quella dei protagonisti, che trovano in un delicatamente ostinato e
romantico Benoit Magimel, e nella
segretamente sofferente, ma non meno determinata e sicura di sé Juliette Binoche, due eccellenti espressioni di un
complesso legame tra arte culinaria e sentimento amoroso in grado di tradursi
allo spettatore con tutte le sfaccettature di un sentimento che appare non meno
genuino e rigoroso dei piatti che stanno alla base delle creazioni dei due
eccellenti cuochi.
…Ma se qualcuno pensa che siamo di
fronte ad una specie di concorso culinario ante litteram del finire
dell'ottocento, sbaglia di grosso: qui non c'è gara, non c'è competizione, c'è
solo il piacere di condividere la tavola, l'ambizione di saper comunicare con
il cibo, la pretesa metafisica di esser a tavola pur non essendoci, come dice
Eugenie agli ospiti che lamentano la sua assenza dal desco.
Scene come
quella iniziale costituiscono un po' l'impalcatura del film all'interno del
quale però cresce questa storia di amore e di rispetto, di stima e di fiducia
che è il vero centro pulsante dell'opera di Tran.
E se in
qualche momento del film può sembrare che il ritmo cada, che la storia sembri
perdere potenza, che liberata dallo sfarzo culinario la storia abbia poco da
offrire, nel suo complesso però La Passion de Dodin Bouffant è un'opera di
pregio, in cui una regia elegante, quasi sontuosa, sostiene bene una storia
che fondamentalmente cerca di trovare quel legame tra cibo ed amore che in
tante altre situazioni abbiamo visto sul grande schermo; inoltre il riformarsi
della coppia Binoche-Magimel dopo 24 anni dalla loro ultima collaborazione
artistica ( e galeotto fu il film...) regala uno sprint indiscutibile al film:
Juliette Binoche è semplicemente insuperabile, credibilissima nel suo ruolo e
Benoit Magimel ben interpreta la passione del protagonista per il cibo e
attraverso esso per la sua amata.
…Penseresti che Dodin Bouffant sia un cuoco e che abbia un ristorante, invece no è solo decisamente molto ricco e passa la sua vita ad organizzare pranzi e cene con un cenacolo di intenditori come lui. Ogni sorso di un vino pregiato racconta loro una storia meglio di un buon libro, ogni boccone di cibo li rapisce e li porta lontano. Principale artefice di tutto questo ben di Dio è Eugénie, la sempre intensa Juliette Binoche che già si era prestata con delicatezza al più commerciale Chocolat.
Da molti anni è non solo la cuoca ma anche l'amante del padrone di casa e non ha nessuna intenzione di rinunciare alla sua libertà, finché una cena memorabile preparata solo per lei da Dodin Bouffant in persona non la convincerà a sposarlo. Ma Il gusto delle cose è un film di altri tempi, in cui sguardi e non detti sovrastano i pochi dialoghi, facendoci riassaporare un'epoca in cui l'acqua si prendeva alla fonte e non esisteva Instagram...da qui
...Tran Anh Hung riesce a disegnare un
affascinante ritratto d’epoca, lavorando, quasi senza farsene accorgere, tutto
un immaginario da fine ‘800, legato alla letteratura, alla pittura,
all’innovazione tecnologica (le antenne di zinco che stimolano elettricamente
la crescita degli ortaggi…). Con un movimento continuo apre gli spazi della cucina,
vero fulcro di tutto il film, e della casa di Dodin, in un passaggio fluido da
un piano all’altro. E poi si affaccia all’esterno, alle dolcezze della
campagna, colta con una sensibilità alla luce quasi impressionista. Trova un
ritmo discreto grazie a Juliette Binoche e un Benoît Magimel di metodo e
passione e riesce così ad accarezzare i personaggi, a raccontarne in punta di
piedi sentimenti e relazioni. E il dramma, che getta un’ombra profondamente
malinconica su questa specie di paradiso gastronomico, non assume mai la
dimensione di una tragedia. Fa parte delle cose, come lo scorrere delle
stagioni, come il ritmo della terra, la rugiada che si dissolve al calore del
sole e le foglie morte. Alla fine, con un movimento circolare, l’armonia è
ristabilita. Un film che sarebbe piaciuto a Renoir, probabilmente.
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