in un Egitto sur/reale in un appartamento sgarrupato vive una famiglia, il padre padrone, la moglie serva, che tira su tre bambini.
il capofamiglia è proprio schifoso, come tanti, lui porta i soldi a casa; durante una festicciola casalinga un mago incapace lo trasforma in un pollo, ma non sa come farlo tornare uomo.
quella donna e i tre bambini cercano di sopravvivere, ad ogni costo.
un film aldilà della realtà, ma dentro la realtà, ci affonda.
un realismo un po' magico egiziano.
merita, cercatelo.
buona (magica) visione - Ismaele
La parola al regista
"Dopo
aver studiato all'Istituto Superiore di Cinema dell'Accademia d'Arte d'Egitto,
ho diretto due cortometraggi, Breathe Out e The Aftermath of the Inauguration of the Public Toilet at
Kilometer 375, i primi due a essere ammessi in concorso nella
sezione Cinéfondation del Festival di Cannes nel 2014.
Feathers ha avuto inizio da un'idea piuttosto semplice
che ho avuto circa sei anni fa. È la storia di un uomo che si trasforma in un
pollo e ci sono prove serie e concrete che avvenga: non si tratta né di uno
scherzo né di un complotto. Attraverso tale parabola, ho voluto fotografare una
parte della vita difficile che ogni normale famiglia egiziana è chiamata a
condurre. Dovendo affrontare l'assurda situazione, i componenti della famiglia
dell'uomo reagiscono senza pensarci troppo. In realtà, sono come bloccati.
Proprio perché sono degli antieroi, a nessuno importa di loro o dei loro
problemi. Ho visto da vicino il disinteresse e dal momento in cui mi è venuta
l'idea di farne un film ne sono stato completamente ossessionato.
Sono stato
ispirato da molte cose e ho un profondo legame con la cultura egiziana,
soprattutto con il suo patrimonio cinematografico e musicale. Cineasti come
Cineasti come Youssef Chahine, Mohamed Khan, Khairy Beshara, Yousry Nasrallah,
Oussama Fawzy ma anche come Robert Bresson, Aki Kaurismaki e Jacques Tati mi
hanno dato l'ispirazione per Feathers. Il film è
costruito come una poesia, attraverso cui cerco di far sentire al pubblico
l'essenza delle nostre vite. Nel dirigerlo, ho cercato di costruire un ponte
tra i personaggi e noi, in modo da sentire ciò che anche loro sentono. Volevo
essere il più sincero possibile con loro e con le loro paure, senza
etichettarli o giudicarli".
…Il capofamiglia è la cronaca semplice di una famiglia ordinaria che lotta per
sbarcare il lunario e sopravvivere in un misero appartamento di un quartiere
popolare e proletario. È una favola senza senso che ne cerca uno in ogni angolo
lurido della città, dove l'emergenza è permanente e i diritti umani un disegno
lontano.
Lo sguardo è quello di uomo, il regista, su una
donna che accetta la sfida dentro un mondo patriarcale e sotto una dittatura. A
regnare nel film è soltanto il denaro, banconote unte e bisunte, contate e
ricontate. In un Egitto presunto che cade a pezzi, tra magia nera e
ignoranza, Il capofamiglia combina con grande audacia realismo
magico e poesia sociale, mettendo a dura prova lo spettatore col suo
miserabilismo testardo su cui il film inciampa e si sporca, letteralmente.
Ma Omar El Zohairy ci crede, crede alla sua premessa strampalata, crede in
quella storia 'da non credere' dove l'assurdo infiltra il reale senza battere
ciglio. La cavalca ostinato e concentrato sulla sua protagonista muta che esce
finalmente di casa, incontrando gli altri, liberandosi e prendendosi carico
dell'economia familiare.
…Feathers è un film che lavora ai limiti della genialità
sulle sensazioni forti e decisive scaturite dalla sporcizia estrema legandole
così ad un senso profondo di disumanizzazione, a partire dalla distruzione del
nucleo familiare, fino ai bambini di sei e otto anni costretti a lavorare in
fabbrica e di ritorno a casa con volti mutati, sporchi e assolutamente simbolo
di ciò che il film racconta e presenta: la privazione d’umanità.
L’Egitto del film è una terra di nessuno, quasi come fosse un western
e non un dramma dell’oggi e sull’oggi, nel quale la polizia getta i corpi per
strada e non accoglie vittime di violenza oppure persone comuni recatesi lì per
sporgere una qualsiasi denuncia.
Quelle di Feathers sono terre crudele e spietate, così come sono
crudeli e spietati gli individui che vi si muovono, a partire dal mago che
prima trasforma un uomo in gallina e poi svanisce facendo perdere ogni sua
traccia pur di non essere d’aiuto, nonostante una situazione realmente tragica
e funerea.
Molto interessante inoltre il personaggio femminile che è poi
protagonista dell’intero film, ossia la donna di famiglia che si ritrova ben
presto a combattere e scontrarsi con le rigide regole del luogo e degli uomini
muovendosi pericolosamente tra violenze psicologiche, drammi umani grotteschi e
disperazione.
Un film memorabile che colpisce duro e non abbandona più.
… È una situazione tragicomica. Comica per
l’improbabile accaduto. Ma drammatica per quello che vediamo: povertà assoluta,
distruzione, vite sottomesse e inesistenti, di antieroi ai margini, non
considerati dalla società come esseri umani, unite alla totale sottomissione
della donna e alla sua incapacità di rendersi lavoratrice o autonoma
economicamente, senza la “protezione” di un uomo. Il tutto, supportato da
un’ottima recitazione della protagonista, una donna che, sia nel film che nella
storia, e come spesso avviene davvero anche nella vita, deve reggere tutto da
sola.
Non si riesce proprio a scherzare
sull’antefatto, anche per la forza e la crudezza di certe immagini su animali
scuoiati, ferite, violenze varie, non solo visive, ma anche psicologiche. E,
come dire, viene proprio naturale per noi donne, empatizzare con questa
malcapitata dalla forza inenarrabile. Una titana pro-familia;
difende i figli e la loro sopravvivenza, a costo di tutto…
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