il primo film che vedo di Maccio Capatonda, e non mi è dispiaciuto, pieno di gag divertenti, e con una storia interessante dietro.
bravi gli attori ( c'è anche Stefano Lavori), una specie di Ritorno al futuro, o al passato, a Roma.
non ve ne pentirete, promesso.
buona (smartfonica) visione - Ismaele
…L’espediente
narrativo è sapido anziché no, e dà la stura a gag molto riuscite come quella
in cui il protagonista tenta di spiegare al commesso di un redivivo
“Blockbuster” la differenza tra le sottocategorie di pornhub (big tits, mature,
squirting, ecc.); oppure quella in cui per ovviare all’assenza di Google a
portata di touch è costretto a consultare ponderosi tomi enciclopedici nascosti
nel bagagliaio della macchina. Il problema però è che dopo lo sketch manca
un’elaborazione davvero all’altezza di un tema così ambizioso, e si finisce per
accontentarsi di una facile retorica nostalgica affidata a frasi come questa:
“viviamo in un mondo pieno di persone che si trincerano dietro agli schermi per
paura di avere dei rapporti reali”.
La verità è che al
progresso tecnologico non vuol rinunciare nessuno, nemmeno il protagonista
de Il migliore dei mondi, che è addirittura pronto a
combattere una rivoluzione col fratello alias Pietro Sermonti pur
di tornare al futuro; indeciso se optare per un’ideologia del “si stava meglio
quando si stava peggio” che parrebbe contradire l’elegia del piccolo mondo
antico andata in scena fino ad allora.
In definitiva però
il limite maggiore de Il migliore dei mondi risiede
in un approccio stilistico eccessivamente legato ai retaggi televisivi del suo
autore, che non riesce mai a farsi davvero cinema. Dichiarandolo: il cinema di Bergman viene
definito “palloso” e quello di Yorgos Lanthimos quasi.
Col che, direi, tutto torna.
…Si ride e si sorride, un mix inedito che
però spinge anche a rivalutare l'odierna contemporaneità, dove si va a mangiare
in un ristorante soltanto perché ha buoni voti e non si sa più utilizzare una cartina stradale, ormai
abituati alle indicazioni dei navigatori satellitari.
Senza giudicare se era meglio prima o sia meglio
adesso, ma con uno sguardo acuto che sfrutta la
comicità per raccontare un qualcosa forse andato perduto per
sempre, per la serie "si stava meglio quando si stava
peggio": ecco, forse questo famoso detto spesso in voga è il
modo migliore per racchiudere il significato intrinseco di
un'operazione come Il migliore dei mondi.
…al di là del suo bizzarro svolgimento tra il comico e il
distopico, Il migliore dei mondi soffre lo stiracchiamento
di una storia ben incorniciata da un incipit efficace e una parte finale che
non dimentica l’angoscia dietro la battuta ma in deficit d’ossigeno nella parte
centrale. Maccio funziona soprattutto sullo sketch, sui feticci di un repertorio
che funziona da usato sicuro, sulle sterzate tendenti all’assurdo (citiamo solo
le analogie tra Silicon Valley e Puglia…), sulla chimica con Martina Gatti nel
ruolo di una ragazza per cui varrebbe la pena viaggiare nel tempo se non fosse
che, insomma, le cose si fanno in due.
Dove appare meno a fuoco, perfino timido laddove
l’avremmo preferito spericolato come sa essere, è quando la faccenda si
complica un po’ troppo al limite della paranoia (Black Mirror non
è un’evocazione campata in aria) e nell’allegoria affiora un sottotesto
moralista. Non è vero che Il migliore dei mondi è più
ambizioso dei suoi film precedenti (anche perché in un certo senso il
sottostimato Omicidio all’italiana era più urticante): è
solo, che alla fine, ha uno sguardo poco storto.
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