come tutti gli attori bravi, Antonio Albanese riesce a eccellere nell'interpretare ruoli comici, ma è bravissimo anche nei ruoli drammatici, come in questo film.
Antonio è un operaio in pensione, senza troppe pretese, vive con la mamma che ha l'Alzheimer, è in pensione, è separato, gioca a bocce, è amantedi una donna ricca, ha qualche gallina, aspetta il matrimonio della sua unica figlia, non ha nemici, è una brava persona.
è una storia dalla parte degli ultimi, umiliati e rapinati da un sistema finanziario criminale, fatto di ladri e delinquenti, a tutti i livelli. Antonio è uno dei poveri risparmiatori che si sono fidati della propria banca*, perdendo tutto.
il film è un grido di dolore, e non c'è niente da ridere, purtroppo.
il film è "stranamente" in più di 300 sale, non lasciate le poltrone vuote, è un film che merita.
buona visione - Ismaele
*https://www.labottegadelbarbieri.org/il-risparmio-tradito/
…Al centro
della trama di Cento domeniche, ambientata in
un’imprecisata, tranquilla città di provincia, c’è il personaggio di Antonio,
interpretato dallo stesso regista: arrivato al pre-pensionamento, dopo aver lavorato
per decenni come tornitore nella fabbrica locale, l’uomo riceve la bella
notizia che sua figlia Emilia sta per sposarsi col
suo compagno. Sia Antonio che la sua ex moglie, con cui l’uomo è rimasto in
ottimi rapporti, sono felicissimi per la ragazza: Antonio, tuttavia, è
irremovibile nella decisione di farsi carico interamente dei costi del
ricevimento di nozze, per organizzare il quale decide di impiegare i risparmi
che ha depositato nella banca locale. Quando si reca nell’istituto spiegando di
aver bisogno di liquidità, tuttavia, Antonio si trova di fronte al fare evasivo
del nuovo direttore, che lascia presagire che la banca stia attraversando un
periodo non proprio positivo. Mentre le voci su una crisi dell’istituto si
rincorrono, e i giornali dipingono un quadro fosco, l’uomo è sempre più
preoccupato: ma Antonio non può credere che la banca del paese, che per decenni
ha retto da sola l’economia locale – ed era per i correntisti come “un
confessionale” – possa essere sul punto di fallire. Tuttavia, i fatti si
incaricheranno presto di smentire il suo ottimismo…
…Antonio Albanese non si limita solo a costruire il
racconto e raccontarcelo con uno stile sobrio, asciutto, efficace,
ma si carica sulle spalle il ruolo drammatico del protagonista, uomo comune, ex
operaio come tanti, con sogni altrettanto semplici ma non per questo meno
importanti. Un ruolo delicato che l'attore incarna senza lasciarsi andare a
eccessi, senza steccare il tono del racconto e mettendosi al servizio della
storia, della sua nuova storia da regista con la
giusta umiltà e distanza. Non è un film che ha particolari guizzi
nella costruzione del racconto e della messa in scena, è vero, ma è altrettanto
evidente che l'Antonio Albanese regista dimostri ancora una volta un occhio,
uno sguardo capace di trasmettere sensazioni, emozioni e tematiche della storia
che va a costruire. Lo fa da regista, lo fa da attore, riesce a ottenerlo dal
resto del cast, tutto in parte e capace di trasmettere allo spettatore
l'empatia necessaria a comunicare l'importanza del tema e delle sue
ripercussioni sociali…
…Antonio Albanese nel suo acuto discorso
disegna uno scenario disarmante in cui è compresa anche una riflessione sulle
classi sociali, i suoi dislivelli, il grande gap che vi è fra queste e le
ingiustizie radicate. La sua regia è netta, così come la sceneggiatura che cura
insieme a Piero Guerrera: niente è lasciato in sospeso, ma soprattutto alcuna
sequenza gioca sull’eccesso o la teatralità. Il picco emotivo
Albanese lo confina nel climax finale, sentito, giusto nei tempi,
forte, accorato e commovente, in cui si concentra tutto il senso del film e il
malessere del protagonista che, di riflesso, invade anche lo spettatore. Il
quale, inevitabilmente, dopo il crescendo di tensione e apprensione, è più
capace di assorbirlo. Come se fosse lui. E in fondo lo è. Perché Cento
Domeniche non è un film dedicato solo a coloro che sono finiti
nel vortice del crac. È dedicato a tutti gli italiani che, sostanzialmente,
hanno perso la fiducia. E questa concretezza, questo realismo dell’opera, non
possono che fare male.
…Alla sua quinta regia cinematografica,
Albanese racconta il quieto, angosciante disorientamento delle persone perbene
messe di fronte ai paradossi di sistemi sempre più malati, attraverso un’opera
agrodolce. Tanto toccante, commuovente e retorica nel messaggio, quanto feroce
e disperata negli intenti.
Due anime filmiche irrimediabilmente
contrastanti, spesso in disequilibrio nel delicato reticolato narrativo
di Cento Domeniche, che vede Albanese scegliere la via
della sensibilità nel narrare una storia dalla portata universale come quella
dei piccoli risparmiatori vittima di crack finanziari. Una pellicola figlia
diretta del corso drammatico della carriera di Albanese inaugurato con
quel Grazie Ragazzi scritto e diretto da Riccardo
Milani incentrato tutto sulla vita in carcere come un grande teatro
dell’assurdo – e di cui Albanese era l’anima e il cuore pulsante del racconto –
e che qui appare ancora più cupo, incisivo e incredibilmente riuscito.
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