il cinema di Alice Rohrwacher è sempre un cinema dalla parte degli ultimi, La chimera è un'epica dei poveracci tombaroli, ai quali restano le briciole delle ricchezze che portano alla luce; i ricettatori, gente rispettabile, sfruttano i tombaroli, senza correre i loro rischi.
si racconta la storia di un gruppo di poveri emarginati, nelle campagne di un paesetto toscano (in realtà il film è girato a Blera, in provincia di Viterbo), ricco di tombe etrusche.
si rivede in scena un'anziana Isabella Rossellini, in una parte di ricca decaduta, in attesa di una figlia ormai morta, circondata da figlie serpenti, che aspettano solo che schiatti, o che almeno sia rinchiusa in un ospizio, per rubare meglio.
il paeseggio è quello di un territorio (o una nazione?) con un grande avvenire dietro le spalle dove l'offerta lavorativa è quella dell'operaio in una fabbrica chimica, che avvelena l'ambiente, lavoratori e abitanti compresi (la Toscana è una delle regioni più inquinate dai Pfas).
alla fine, come dopo una tragedia epocale, una comunità di donne e bambini potrà far rinascere la speranza di una vita degna.
il film è in una settantina di sale e merita di sicuro la visione - Ismaele
…Temi e suggestioni sono notevoli,
spesso però da inseguire nella lunga elaborazione del lutto che in qualche
maniera racconta il film. Nel quale sembrano esserci troppe deviazioni e
parentesi, troppi film nel film, linee narrative (geniale e felice quella del
cantastorie che appare a più riprese) che si intrecciano alla principale.
Effettivamente come accade nella vita, di tutti noi, che si interrompe,
riprende, cambia direzione, e spesso si ferma a seguire altre suggestioni,
possibilità o urgenze.
Anche lo stile, è quello proprio della regista, che torna a
utilizzare le tonalità tanto amate e a guardare verso i diseredati, gli
innocenti loro malgrado, la natura e le sue creature. Una comunità ideale nei
quali perdono di senso i confini, tanto spaziali quanto temporali, e le regole,
dell’uomo e di una società che non ha rispetto di nulla e nessuno. Nella quale
non è banale che siano le donne a offrire e cercare un’alternativa, e a
mostrare – come detto dalla stessa Rohrwalcher – una attitudine diversa nella
costruzione delle cose, che dia loro una vita nuova. Una donna apre e chiude il
film, d’altronde, a una donna è affidato il colpo di scena del plot, donne
diverse caratterizzano il percorso esistenziale di Arthur, dall’Italia di Carol
Duarte alla Flora di Isabella Rossellini, in un ruolo di poca presenza ma di
indubbio peso…
…La parte che colpisce di più del film di Alice Rohrwacher è senza
dubbio quella finale, che tira molto bene le somme di quanto mostrato in
precedenza. In una sequenza toccante e visivamente sorprendente, il confine tra
vita e morte si confonde definitivamente, chiudendo l’arco narrativo del
protagonista nell’unico modo possibile.
Di scene particolarmente affascinanti nel corso di quest’opera ce ne
sono diverse, momenti che rimangono impressi e a cui si ripensa anche a visione
ultimata: tra questi ricordiamo quella del viaggio in treno di Arthur e dei
tombaroli, in cui il protagonista si ritrova a chiacchierare con anime alla
ricerca del loro corredo funerario saccheggiato, o quello della scoperta della
statua delle divinità etrusca, in una camera dipinta le cui meraviglie sono
rimaste sigillate per millenni. Ma a cui basta pochissimo, l’aria del presente
e l’arrivo delle mani avide dei tombaroli, per essere rovinate per sempre.
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