lunedì 30 gennaio 2023

Il primo giorno della mia vita – Paolo Genovese

quando vai a vedere questo film sai cosa aspettarti, un’altra versione di La vita è meravigliosa, di Frank Capra (qui si può rivedere), con bravi attori del cinema italiano.

un deus ex machina, anche nel senso che è l’autista, Toni Servillo, un angelo di seconda classe, chissà, ha il compito di convincere a una seconda occasione di vita quattro suicidi.

ci riesce anche, il povero Toni, in parte, ma è il film che non riesce a volare alto, gli attori sono bravi, ma sembrano recitare col freno a mano tirato, il critico Guzzanti-Ghezzi direbbe che il film "arranchia" (qui).

se uno pensa a cosa poteva essere questo film, potrebbe restare deluso.

lasciate ogni aspettativa a casa, il film non vi deluderà, come se fosse un usato garantito.

buona (suicida) visione - Ismaele

 

 

Più in generale, il materiale narrativo – e umano – presente ne Il primo giorno della mia vita avrebbe potuto dar luogo a un’opera più interessante e lucida; il film di Genovese, invece, si ammanta di un coté accattivante (la metallica fotografia di Fabrizio Lucci fa il suo lavoro) ma non si libera di una certa sensazione di incompiutezza, accentuata anche dalla dilatazione della storia e dalla dispersività delle vicende dei personaggi. Alcuni passaggi che avrebbero forse meritato un maggior rilievo (il filmato che raffigura il futuro dei quattro) vengono toccati in modo quasi timido dalla regia, mentre al contrario si calca troppo la mano – in modo non sempre credibile – su altri aspetti (il background familiare del piccolo Daniele). Proprio questi, comunque – interpretato dal piccolo Gabriele Cristini – offre alcuni dei momenti migliori del film, specie nell’interazione con la madre in lutto interpretata da Margherita Buy; i rispettivi personaggi restano probabilmente i più riusciti e credibili, al netto di alcuni dialoghi poco efficaci (il confronto conclusivo tra Arianna e il personaggio di Servillo). Si ha l’impressione, comunque, che il regista non sia riuscito a caricare della necessaria forza emotiva i momenti più pregnanti della storia, al punto che tutto il film pare gravato da una freddezza non voluta, che ne limita in gran parte il potenziale. Un peccato, vista la buona confezione e le ottime potenzialità del soggetto.

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Anche i dialoghi sembrano più declamati che sentiti, più artificiosi che ispirati. Ogni emozione è tenuta a distanza sia dal copione che dalla regia, e i quattro "walking dead" attraversano davvero come zombie questa storia, senza creare la risonanza emotiva necessaria per coinvolgere lo spettatore.
Impossibile non fare un paragone mentale con altri film di tema simile, ma di impatto emotivo infinitamente maggiore, come 
La vita è meravigliosa o La ragazza sul ponte, che rappresentavano la scelta del suicidio come l'estrema ratio di nature profondamente romantiche e idealiste, non come un gesto di inerte disperazione. Forse la chiave di lettura più interessante come cartina di tornasole della contemporaneità è la scelta di fare del "maschio bianco privilegiato" l'elemento più fragile, quello che, pur essendo stato favorito dalla vita per cultura e tradizione, non riesce comunque a darle un senso nel presente.

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…Un cast, quello de Il primo giorno della mia vita, che si giostra alla perfezione seguendo un racconto introspettivo, che parla di problemi di attualità, della disperazione che guida ognuno di noi, chi più chi meno, e di quanto sia difficile combattere i propri demoni, di come la sofferenza ti si appiccica addosso e resta, tanto che finiamo per sentirne la mancanza quando il tempo la porta con sé. Dialoghi precisi e necessari, la scrittura non straborda di parole superflue, come purtroppo spesso succede, riuscendo a lasciare allo spettatore un po’ di respiro per poter provare emozioni.

Unica pecca il finale, che forse toglie un po’ di serietà trasformandosi in qualcosa che non è in linea con tutto il resto. Esageratamente stereotipato, cambia atmosfera e cade nella rete delle commedie all’italiana, tipiche dei film di Gabriele Muccino, dalle quali ci si aspetta sempre la solita minestra, esaltando i momenti cruciali con musiche e battute un po’ banali, perdendo un po’ di vista i dettagli.

Nonostante questa piccola caduta, possiamo tranquillamente dire che Il primo giorno della mia vita è uno di quei film che ci fanno sperare che il cinema italiano torni ai livelli del passato, grazie alla sua eleganza ed estrema attualità, per un tema che non è uno dei più “gettonati” in questo momento particolare, ma che é sempre reale, l’invisibilità della sofferenza e, soprattutto, delle persone che la portano con sé ogni giorno…

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Una regia mai sopra le righe, che delicatamente accompagna lo spettatore per immergersi in un contesto difficile e doloroso ma pieno di significato. Questa organicità delle emozioni fa trascorrere il tempo in un lampo, tra grandi verità, silenzi, gioie, prese di coscienza. Ancora una volta un film che riflette in maniera efficace sul significato della vita.

Usciti dalla sala si ha la sensazione di voler abbracciare tutti, per sentire che non siamo soli, che la sofferenza appartiene a tutti anche se in maniera diversa.

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…Un film che vuole parlare di suicidio in relazione ad un percorso di rinnamoramento alla vita, deve riuscire ad emozionare lo spettatore senza fare leva solo su una lunga sequela di dolori, tragedie e perdite. Senza scomodare il già citato capolavoro di Frank Capra, ciò che scarseggia qui è l’empatia necessaria a far appassionare lo spettatore alla vicenda, e di certo non aiuta la superficialità con cui sono trattate tematiche come il cyberbullismo o l’abuso psicologico in famiglie disfunzionali. Restano oltretutto alcune questioni profonde e molto interessanti affrontate in maniera soltanto parziale, come l’evoluzione del dolore col passare del tempo o l’effettiva libertà di decidere di togliersi la vita. Dilemmi a cui è difficile dare una risposta, ma che sarebbe stato bello affrontare con più attenzione.

Come nel caso di The Place, anche Il primo giorno della mia vita appare come un oggetto escludente, un film da osservare attraverso una grande vetrata che tiene lo spettatore ben al di fuori della storia.

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l’operazione è talmente costruita, posticcia, priva di sincerità, che gli elementi più incongrui – l’arco narrativo del bambino, per esempio – risultano ancora più palesi, complici gli attori che praticamente declamano il copione senza dare vita alle parole. Ci provano un po’ Servillo e Buy, con dei ruoli che molto probabilmente riuscirebbero a fare con un minimo di carisma anche nel sonno, e soprattutto Mastandrea, quello con la materia più verosimile tra le mani in quello che è un susseguirsi di banali peripezie mortifere. Un inizio non esattamente promettente per quella che vorrebbe essere la nuova annata di cinema d’autore di produzione italiana.

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3 commenti:

  1. a me invece ha deluso, e parecchio... dici bene: a meno che tu non sia Frank Capra è complicato fare un film del genere. E Genovese, con tutto il rispetto, non lo è. Il film è scontato (si capisce subito chi è Servillo), gli attori sono tutti sopra le righe, recitano in modo innaturale, ma soprattutto in questi benedetti sette giorni succede poco o niente, comunque troppo poco per giustificare due ore (noiose) di film. Boh, a me non ha trasmesso praticamente nulla

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    1. né per te né per me sarà fra i film più belli dell'anno, siamo d'accordo:)
      il fatto poi che la storia nasca da un romanzo del regista non mi sembra aiuti, anzi...

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  2. https://welovecinema.it/2023/01/30/il-primo-giorno-della-mia-vita-la-fotografia-di-fabrizio-lucci/

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