in una Manila che attrae poveri e disgraziati da tutto il paese, in cerca di un lavoro e in un miglioramento delle condizioni di vita, arrivano, in momenti diversi, Ligaya e Julio, due fidanzatini, lei reclutata per un bel lavoro nella capitale e lui che dopo qualche mese, senza sue notizie, va a cercarla.
e iniziano le sue vicissitudini di Julio per sopravvivere, in condizione di bisogno estremo, con un po' di solidarietà e molto sfruttamento, a rischio della vita, alla ricerca di Ligaya.
in confronto i film del neorealismo italiano erano (quasi tutti) molto ottimistici e più leggeri.
un film grandissimo film, c'è da soffrire, ma è necessario
buona (imperdibile) visione - Ismaele
…Manila in the claws of light è il film meraviglioso e tragico che ha
permesso a Lino Brocka di rivelarsi come uno dei talenti più ispirati del
cinema filippino, che riesce a dar vista ad un melodramma avvincente ed insieme
straziante, specchio fedele di un contesto urbano che costringe all'indigenza
o, al massimo al puro sostentamento tramite attività clandestine e senza un
briciolo di sicurezza.
Snobbato dal pubblico, ma apprezzato unanimemente dalla critica, il
film di Brocka rientra in varie classifiche tra le cento opere migliori
dell'intero patrimonio cinematografico mondiale.
…Si capisce subito di trovarsi davanti ad un'opera che è vero
cinema: girata con molta cura, ben recitata e ben diretta, senza smagliature, e
sicuramente coinvolgente; drammatica in certi momenti, sentimentale e romantica
in altri, sotto tono
quando ci si aspetterebbe l'enfasi; spesso
dolente, e partecipe alle sventure del protagonista. E' difficile non provare
simpatia per lui, un ragazzo ingenuo sperduto nei meandri della metropoli, che
si arrabatta per trovare la ragazza e accetta di lavorare in condizioni
disumane presso datori di lavoro pure loro disumani. Il finale però.... forse è
troppo duro, anche considerando la rabbia che può scatenare un evento come
quello che si verifica…
… L’apparizione sul proscenio
internazionale di Manila in the Claws of Light può
con ogni probabilità essere paragonata a quella dei primi film neorealisti
italiani. Non perché si debbano cercare consonanze tra il cinema di Brocka e la
produzione immediatamente post-bellica italiana – se vi sono riguardano in
particolar modo la volontà di portare sullo schermo la vita delle classi subalterne,
degli operai e dei contadini – ma per la capacità rara di far scoprire al resto
del mondo che esiste una cinematografia, e che quella specifica cinematografia
ha una propria estetica, un proprio modo di vedere e di raccontare il mondo,
una propria crudezza. Una cinematografia nazionale, ma ben
lontana dal nazionalismo patriottardo della destra di Marcos, ovviamente.
La Manila su cui si apre il film è quella – ripresa in bianco e nero, in netto
contrasto con un film in cui il colore svolge un ruolo non indifferente – dei
quartieri cinesi, in cui si sviluppa anche una mafia sotterranea e ferale come
non mai. È già il mondo del denaro e della corruzione, ma lo sguardo di Brocka
non si eleva mai davvero dai bassifondi. In una nazione costruita a strati, dagli
slum più luridi della periferia, dove gli uomini vivono in condizioni che
sarebbe gratificante definire bestiali, fino alla punta della piramide, dove
l’alta politica e l’alta finanza si fondono in un’osmosi mostruosa, Brocka
rimane incollato all’universo proletario e sottoproletario. In questa scelta di
elidere l’apice della società si racchiude già un forte motivo politico. Anche
gli sfruttatori della povera Ligaya, l’amata del protagonista che invece di
trovare la fortuna nella capitale è stata trasformata in prostituta, sono in
realtà parte della maggioranza “eliminabile” della popolazione. Lo stesso vale
per i datori di lavoro, a loro volta sciacalli, del protagonista Julio, sia al
cantiere che nel bordello gay in cui a sua volta si trova costretto a vendere
il corpo. I veri padroni, i controllori di questo sbranarsi tra poveri, sono
fuori dal quadro. Non sono visibili. Sono tali – padroni – proprio perché
non si mostrano. Dominano, e tanto basta…
…Straordinario esempio di cinema popolare che sa farsi feroce critica
politica, Manila in the Claws of Light è
un capolavoro non solo del cinema filippino ma dell’intera produzione mondiale.
Attraverso questo dramma personale e collettivo il mondo ha iniziato a
conoscere un arcipelago in cui credo, lutto e potere sono facce della stessa
medaglia. Arriveranno altri film di Brocka, di suoi coevi e sodali e poi dei
suoi figli più o meno dichiarati. Ma tutto parte e forse ri-parte da qui. E
dalla bocca muta distorta e immobile di Julio Madiaga. Urlo senza voce.
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