nel 1972-73 un genio di nome Rainer Werner Fassbinder, a 27 anni, girò una serie di otto puntate, sulla carta, in realtà gliene fecero fare solo cinque: una storia familiare, d'amore e di operai, e non solo.
QUI si può vedere integralmente, su Raiplay
…Le vicende della famiglia Kruger scorrono in
parallelo con le traversie lavorative dei suoi singoli membri, in particolare
quelle di Jochen, operaio meccanico in una fabbrica. Le storie d’amore di diversi
personaggi nascono, crescono e muoiono nel corso della serie intrecciandosi
alle relazioni che si stabiliscono tra gli operai e i padroni nelle fabbriche.
Fu la prima serie i cui protagonisti erano degli operai. Ma fu anche il primo
film sul mondo della fabbrica programmaticamente diverso da tutti i documentari
politici, pur essendo il frutto di un anno di ricerca nelle fabbriche e di
discussione coi lavoratori. La serie, che si avvale della partecipazione di
molti degli attori e dei collaboratori abituali del regista, fu un successo di
pubblico ma fu all’epoca aspramente criticata sia da destra che da sinistra.
La serie era prevista in otto episodi ma malgrado il successo fu
interrotta dopo il quinto episodio…
…Capace di cogliere anche come la società
tedesca, ed europea, debba scrollarsi qualche residuo del passato per essere
definitivamente adulta.
Da un lato, la disinvoltura con cui Jochen
(Gottfried John), appena conosciuta Marion (Hanna Schygulla)
l’invita alla festa di compleanno a casa sua, come fosse la cosa più naturale
del mondo. E lo era, allora, dare fiducia a persone incontrate da poco. E
l’emancipazione femminile, testimoniata da Marion, che, unica donna in un
gruppo di maschi, dice sempre la sua ed è ascoltata con estremo interesse. O
dalle scelte intraprendenti della nonna, che ostenta il suo placido amante e
trova sempre le soluzioni più stravaganti. Le donne, ça va sans dire, tutte più
sveglie degli uomini.
Dall’altro, i comportamenti dell’odioso,
prevaricatore, cognato di Jochen, che non vuole far lavorare la moglie. O
quelli del suo diretto superiore che considera gli operai incapaci di pensare
con la loro testa (o forse sì, e, temendoli, li contrasta con ogni mezzo). E
ancora, gli atteggiamenti razzisti (ahinoi, questi ancora attuali!) del collega
antipatico di Jochen nei confronti dell’italiano, Giuseppe, forse l’operaio con
le mansioni più umili, ma capace di grandi intuizioni.
Prevale sempre il buonsenso alla fine, che
coincide con le soluzioni libertarie così diffuse allora. Otto ore non sono un giorno è un manifesto di emancipazione di genere e di classe sociale,
discreto, senza cortei, senza barricate. Sembra volerci dire che quel
sole nascente della sigla di chiusura sia l’unica soluzione possibile
Le coppie della serie, l’affetto che le
attraversa
Ognuno dei cinque episodi porta come titolo
il nome di una coppia: la prima è quella di Jochen e Marion che ci
accompagnerà fino alla fine, dopo averci conquistato non poco. Un altro
affronta il legame tra la nonna e il suo nuovo fidanzato (Oma e Gregor) e un altro
ancora parla della sorella di Jochen e del marito (Harald e Monika). I due
residui focalizzano l’attenzione sui rapporti in fabbrica (Franz ed Ernst, Irmgard e Rolf).
Ogni coppia è adeguatamente inserita nel
contesto familiare e sociale, così come ogni personaggio è ben incorniciato
nell’insieme della narrazione, anche formalmente, anche esteticamente, mentre
quasi tutte le relazioni sono attraversate da una corrente affettiva (o
amorosa) che scalda il cuore…
… La serie Otto ore non sono un
giorno va ovviamente contestualizzata nel periodo della sua
realizzazione e ancora di più in quello precedente della sua scrittura e non ci
si può esimere dal ragionare sul fatto che si era a ridosso del decisivo 1968
che, al di là di ogni opinione che si possa avere sulle ribellioni di quegli
anni, è rimasto l’evento ininterrotto che
ancora oggi non ha smesso di restare cosa viva. Il regista tedesco nel 1968
aveva 22 anni e pertanto ha vissuto a pieno il clima della rivolta,
assorbendone altrettanto pienamente gli immediati mutamenti di prospettiva che
il rivolgimento, soprattutto culturale, imponeva. Significherà pur qualcosa il
fatto che in quegli anni Fassbinder che già faceva parte della compagnia dell’Action-Theater, che venne chiuso dalle autorità di
polizia di Monaco di Baviera dove allora viveva, fondò con l’amica Schygulla e
altri amici provenienti dalla precedente esperienza un’altra compagnia cui fu
dato il nome di Antitheater.
È dunque in questa atmosfera da (post) bufera, che la serie TV prende avvio ed
è questa l’aria che si respira nelle atmosfere dei cinque episodi che
compongono la miniserie. Nonostante, infatti, il tono si adatti ad un registro
da commedia familiare, da commedia degli equivoci, a volte senza equivoci, uno
dei livelli del racconto resta quello della strisciante contestazione del
gruppo di operai amici di Jochen contro le decisioni via via assunte dalla
dirigenza della fabbrica. Ma la soluzione a questo disagio, e a quelli che
verranno nel corso del racconto, dimostreranno l’ottimismo di un’utopia del
lavoro operaio che diventa traccia di una interpretazione delle questioni
sociali da parte dell’autore.
Su un altro e non minore piano c’è poi l’argomento della condizione femminile,
che non solo trova nel personaggio di Marion la sua sintesi perfetta di donna
innamorata, ma anche rivendicativa di una propria autonomia, con il risultato
di un perfetto equilibrio di coppia avendo trovato in Jochen un uomo del tutto
disponibile a questa impostazione della vita. Questa voglia di emancipazione si
riafferma in ogni personaggio femminile attraverso i quali Fassbinder
rappresenta con tonalità differenti le tipologie riconoscibili all’interno
delle naturali dinamiche sociali. Appartiene al personaggio di Monika, sorella
di Jochen afflitta da un marito despota, donna rassegnata, ma che trova lo
slancio giusto per dare una sterzata alla propria vita. Appartiene a Irmgard
collega di Marion che, nonostante la durezza di un carattere inflessibile,
scopre un rapporto di coppia paritario rinunciando alla sua naturale freddezza
priva sentimenti. Non è assente da questo quadro di caratteri, quello della
nonna, vera dominatrice di ogni situazione. Non a caso i titoli dei singoli
episodi prendono i nomi delle coppie che di volta in volta ne sono
protagoniste.
Se c’è un dato che spicca nel racconto televisivo di Fassbinder, maestro
indiscusso del melodramma come forma espressiva privilegiata, è l’ottimismo di
fondo che lo pervade, è quel senso di possibilità e di speranza che
caratterizza le azioni e le vite dei personaggi, in una visione di possibile
realizzazione di quell’utopia che sembra potersi concretizzare nel coraggio
delle scelte, nella decisiva sicurezza della loro bontà e della giusta
direzione nella quale sono operate. È questa, allo stesso tempo, la complessità
di Fassbinder e il lascito culturale di un’epoca che aveva cambiato dalla
radice le prospettive di sguardo sul mondo. Fassbinder ne ha fatto parte e la
sua opera, compreso questo divertente e denso lavoro televisivo, confermano le
sue parole e arricchiscono il senso della sua opera, che resta ancora da
scoprire nel suo profondo valore.
… Da questo punto di partenza dato da
un codice linguistico autoriale cosi marcato e riconoscibile, Fassbinder intraprende
però un’altra direzione e sfonda la quarta parete di quella prigione di
convenzioni e ritualità- si sta festeggiando il compleanno dell’estroversa e
simpatica nonna , la cui insolente allegria e incontenibile vitalità già
annunciavano la rottura dell’immobilismo della situazione- per
scendere in strada e seguire il suo protagonista, l’energico ed entusiasta Jochen,
fino all’incontro fatale davanti ad una macchina distributrice di barattoli di
sottaceti , lo sfondo più vero e bizzarro per cominciare una storia d’amore; e
il colpo di fulmine con Marion non viene declinato solo in una chiave da
commedia sentimentale ma si intreccia anche con un discorso più ampio, in
quanto è il nucleo , il fattore scatenante e determinante che porta entrambi a
cambiare le loro vite- lei, di estrazione piccolo borghese, lascia il fidanzato
mite ma senza passione, lui esce dal cliché di seduttore seriale- e in, qualche
modo, quelle delle persone che stanno loro vicine. Alter ego di questa
prima coppia è quella che si formerà nel secondo episodio , tra nonna Krueger e
il vedovo Gregor, portatori di un’ ingenuità irriverente, fanciullesca, giocosa
-non a caso apriranno un asilo per i bambini del quartiere ribellandosi al
burocratico iter dell’ottuso funzionario comunale – e come Jochen e Marion, in
grado di formare una comune ben diversa da quella di Katzelmacher.
Non c’è più il buco nero di un’insoddisfazione senza origine e senza fine, e
nessun rispecchiamento compiaciuto nella ferita non dichiarata e non
compresa dell’altro. Qui tutti si danno da fare gli uni per gli altri, e
la fabbrica non è più il luogo alienante e trasfigurato da un grottesco
estrapolato ed esasperato da un privato cupo e mortifero, una dicotomia
esasperante mostrata ne La classe operaia va in paradiso di Elio
Petri che, poco prima che Otto ore non sono un
giorno venisse trasmesso in tv, vinceva la Palma d’oro al
Festival di Cannes…
C’est soir de fête chez les Krüger-Epp, famille typique de la classe ouvrière de Cologne. Tous les membres du clan sont réunis pour fêter les soixante ans de la grand-mère, une veuve un peu fantasque qui vit chez sa fille, son gendre et son petit-fils Jochen. Alors que ce dernier est parti ravitailler la troupe en champagne, il croise sur son chemin la jolie Marion et l’invite à se joindre à eux. Ce sera le début d’une grande histoire d’amour entre cet ouvrier toujours prêt à lutter pour plus de justice sociale dans son usine et cette jeune femme moderne et émancipée qui travaille dans un journal local. Entourés par leur famille, collègues et amis, Jochen et Marion apprendront à partager ensemble les joies et les difficultés du quotidien…
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