alle due si aggiunge Jesus, che va a spargere le ceneri della nonna da qualche parte.
apparentemente non succede molto, ma il viaggio da Quito a Cuenca è una scoperta, per tutti e tre.
buona (itinerante) visione - Ismaele
Due donne come Thelma e Louise. Però appiedate e tranquille,
in cammino lungo le strade dell’Ecuador. Esperanza da Barcellona e Tristeza da
Quito. Entrambe in cerca di qualcosa che è impossibile da realizzare:
impossessarsi di immagini da portare via con sé oppure riconquistare
l’ex-fidanzato che sta per sposarsi. Due inutili tentativi di fermare il tempo,
che corre via e cancella tutto in un secondo. Le due ragazze, una turista ed
una studentessa, sono dirette a Cuenca, e sono dovute scendere dal pullman, perché
la circolazione è stata bloccata, in tutto il Paese, da una protesta diretta
contro un provvedimento del presidente. Davanti a loro, si estendono centinaia
di chilometri da percorrere in mezzo al nulla. Un itinerario punteggiato da
singoli incontri casuali, ma che, fondamentalmente, è il melanconico viaggio di
due solitudini: quella dei sogni che non si riescono a mettere a fuoco e quella
dell’amore che, per una volta, risulta sconfitto dalle banali logiche del
mondo. Il paesaggio è una vastità pacifica ma vuota, attraversata da sporadiche
incarnazioni della follia, in una parte del globo in cui nada tiene a que ver con nada (niente ha a che
vedere con niente), ossia tutto si mescola a caso, e ogni aspetto della vita,
dalle vicende politiche alla quotidianità della gente comune, è governato da un
allegro senso dell’assurdo. La stessa identità nazionale è storicamente ed
etnicamente indefinibile, per una popolazione che non si considera né nera né bianca, e conta, tra i suoi antenati, sia le
vittime del genocidio coloniale, sia gli autori dello stesso. Quel luogo è la
vera terra di mezzo, che l’interruzione del traffico in attesa delle decisioni
governative rende realmente sospesa tra passato e futuro, come un grande
animale sornione che trattenga il respiro. Lo spazio deserto e misterioso che
separa il posto di blocco dalla città di Cuenca, la destinazione delle due
ragazze, è la metafora delle cose che potrebbero unirsi, ma che invece restano
inspiegabilmente lontane e sfuggenti, per poi, magari, incrociarsi quando meno
se l’aspettano. Un’incredibile coincidenza di questo tipo è quella che capita a
Jesús, quello strano vagabondo che trasporta, in un’urna, le ceneri di
sua nonna Angelita, e che in mezzo a quella desolazione, incontra
suo cugino, il quale poi, per ironia della sorte, è anche invitato alle nozze
che Tristeza vorrebbe impedire. I crocevia dell’esistenza sono quelli che
in cui si aggregano compagnie male assortite: e ciò accade proprio lungo quel
parallelo zero che segna il confine tra due emisferi speculari, quello
dei conquistadores assassini e quello
degli indios sfruttati, quello dei viaggi organizzati e
quello delle emigrazioni per necessità, quello che cerca la bellezza nella
superficie (ad esempio, scattando la fotografia di un paesaggio andino) e
quello che scava in profondità (riflettendo, attraverso i libri, sulla propria
storia), quello animato da una facile speranza nel progresso e quello pervaso
dalla tristezza di una condizione di umiliante impotenza. Tuttavia gli
opposti non entrano in conflitto, perché sull’invisibile linea dell’equatore
essi vengono serenamente a combaciare, come, ad esempio, in quella paradossale
figura di Jesús, che contiene in sé la vita e la morte, la realtà e la finzione
(visto che è un attore), il sacro e il profano (dato che porta il nome di
Cristo, però non sembra credere in niente). Questo istrionismo del
disorientamento è l’universalità dei semplici, dei poveri, di coloro che non
hanno una bandiera o un emblema in cui riconoscersi, e per questo si
fregiano di quello che capita, a cominciare dai colori della squadra del cuore,
per finire con nomi di fantasia che hanno un significato in codice (come
Teresa, che sceglie di farsi chiamare Tristeza). Qué tan lejos significa quanto distante: ed è un’espressione di straniamento,
di nostalgia per le proprie abitudini, che assale all’improvviso il viaggiatore
quando è tanto lontano da casa. Ed è, in senso lato, un’esclamazione di
sgomento di fronte all’abisso insondabile in cui si perdono, per il popolo
ecuadoregno, le radici della sua natura così indeterminata, che non si sa bene
come sia, né, tantomeno, come si vorrebbe che fosse.
Qué tan lejos es una
película recomendable para quienes buscan ver en el cine historias humanas. La
guionista y directora Tania Hermida hilvana
personajes muy diversos sobre la trama central del viaje de Esperanza y Tristeza.
A su vez va profundizando a lo largo de su viaje en el conocimiento mutuo de
las dos jóvenes.
La española trabajadora en una agencia de viajes en Barcelona recorre Ecuador conociendo
paisajes e idiosincrasias de sus habitantes. La ecuatoriana se pone a
prueba ella misma en el temido viaje al encuentro del novio.
Sus diferentes actitudes con ellas mismas hacen que vivan
de manera muy diferente las incidencias del viaje.
Podemos sentirnos reflejados en alguno de los personajes
en éste viaje que es la propia vida.
… De Quito à Cuenca,
des liens vont se tisser et des a priori vont tomber. Le film se dévoile au
départ à travers deux points de vue différents. Celui d’Esperanza représente la
vision dépassée mais toujours présente en Equateur d’une Espagne arrogante et
conquérante. Ce que lui reproche Tristeza, pourtant arrogante à son tour avec
les «indigènes». L’histoire se répète et l’Equateur semble avoir du chemin à
faire pour intégrer toutes ses populations, nous dit en substance Tania
Hermida.
La jeune cinéaste dépasse cependant une mise en scène
«carte postale» pour s’immiscer avec sincérité dans une partie de la vie du
peuple équatorien. Son ton est plein d’humour, de légèreté et le film baigne
d’une belle musique métissée. Au cœur du pays, à la croisée des routes, Si
loin célèbre joliment la nature humaine.
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