Sesso sfortunato o follie porno sarebbe
il titolo italiano del film in sala, se il film fosse passato in sala, se poi
uno lo volesse vedere in romeno il titolo è Babardeala cu bucluc sau porno balamuc.
È’ diviso in tre parti, la prima è bella, prepara il
resto, la seconda e la terza sono a loro modo eccezionali.
Radu Jude si conferma regista di serie A.
Un film da non perdere, uno dei migliori dell’anno, tra
l’altro Orso d’oro quest’anno a Berlino.
Aspettate
i titoli di coda, alla fine ci sono dei ringraziamenti speciali.
buona
(porno scolastica romena) visione - Ismaele
…L’eclettico regista romeno non rinuncia
neppure questa volta a mettere il dito cinematografico nelle piaghe della
società romena sia per quanto riguarda i suoi scheletri del passato celati
nell’armadio della Storia sia per quanto attiene al falso moralismo di
quest’era digitale (e pandemica visto che nel film le mascherine, chirurgiche e
non, sono d’ordinanza). Queste ultime finiscono con il diventare facile simbolo
di ciò che i suoi connazionali preferiscono occultare. Procedimento che Jude
rifiuta alla radice sin dalla prima sequenza del film che è un film porno a
tutti gli effetti del quale nulla viene censurato. È il casus belli che
accompagnerà, con modalità diverse la tripartizione che segue.
Nella prima seguiamo i movimenti nella città della protagonista prima che
raggiunga la riunione dei genitori. Si tratta di un trattato di sociologia
urbana nel quale la macchina da presa dichiara a più riprese la propria
presenza mostrandoci un ampio catalogo di contraddizioni che innervano la
capitale della Romania. Nella seconda assistiamo poi a un dichiarato catalogo
(con tanto di ordine alfabetico) di eventi e situazioni debitamente commentate
per passare poi alla riunione in cui tutto il peggio della subcultura finisce
con l’emergere. Una subcultura che si alimenta oltre che, ovviamente, di
sessismo che non origina solo dai maschi, anche di razzismo profondo, di
complottismo e di nostalgia di un passato precomunista…
…Sicuramente l’opera
di Radu Jude è un film “di nicchia”, per quanto
possa valere questa definizione, ed è tradizione del Festival di Berlino
prediligere opere più autoriali e meno generaliste di quanto facciano,
soprattutto negli ultimi anni, festival come Cannes, Venezia o il Sundance. L’impressione
generale, guardando questo nuovo Orso d’Oro, è quello di assistere al film di
un Marco Ferreri rumeno e contemporaneo, socialmente più empatico e dai colori
meno vividi: ci vuole un po’ a entrare nelle logiche un po’ surreali del film,
ma una volta trovata una connessione Bad Luck Banging or Loony Porn è
un’esperienza cinematografica poco scontata e decisamente mai prevedibile.
…La terza parte, denominata “Prassi e
insinuazioni (Sitcom)” è ambientata nel cortile dell’istituto dove
l’insegnante viene processata dai genitori con l’accusa è di infangare il buon
nome della scuola. In una fotografia satura e pop, proprio come quella delle sitcom,
i personaggi si muovono come maschere simboliche e il processo assume una
valenza farsesca. Viene nuovamente mostrato il filmato porno con reazioni
avverse. Ma la discussione fa emergere la violenta cultura
patriarcale della società rumena ancora attraversata
dall’antisemitismo e dalla irrisolta questione rom. Un personaggio cita anche
il bunga bunga di italiana memoria e la cosa di per sé dovrebbe attivare una
riflessione anche sulla cultura patriarcale italiana…
Orso d’Oro per il miglior film all’ultima Berlinale, questo Bad Luck Banging or Loony Porn ha un titolo
complicato e un inizio in apparenza semplice: sembra che Radu Jude, il regista
romeno, ci stia facendo vedere un film porno. Un uomo e una donna stanno
facendo l’amore, e fanno in modo, contemporaneamente, che un video li riprenda.
Solo che, per una serie di circostanze sfortunate (bad luck)
il video finisce su Internet e viene visto da migliaia di persone, compresi gli
alunni della scuola in cui la protagonista Emi (Katia Pascariu, molto brava)
insegna, e dai loro genitori. Con ragione, Emi teme che scoppi uno scandalo. Ha
paura di essere licenziata. Questo lo spunto, desunto da un fatto di cronaca,
da cui Radu Jude afferma di essere partito. Il risultato: una commedia anche divertente, ma sostanzialmente amara e
provocatoria, che mette il dito sulle piaghe della storia rumena e della
Romania odierna. Piaghe multiple, cui si
aggiunge la presente pandemia (tutti gli interpreti
portano la mascherina e si pratica continuamente il distanziamento sociale).
Il video incriminato è o no un video porno? Dalla risposta
a questa domanda dipende la sorte di Emi (sarà licenziata?), ma sorge anche una
riflessione sulla natura dell’osceno. Intanto, nella definizione di film porno
è implicita la particolare ginnastica che gli attori sono costretti a fare per mostrare
alla macchina da presa che i vari tipi di penetrazione stanno accadendo
veramente e non sono simulati. Emi e suo marito Eugen non si preoccupano
affatto di questo, l’urgenza del loro reciproco desiderio si esprime
soprattutto tramite parole. C’è però un particolare atto sessuale che anche nel
porno classico è visibile di per sé, non ha bisogno di alcuna acrobazia: è la
fellatio, il pompino, il succhiare con la bocca (da parte della donna, ove la
coppia sia etero) il membro turgido del partner. È questo l’elemento che
scandalizza, e può accomunare il video al porno; ma allora l’interrogativo
cambia e diventa: può il porno essere considerato
davvero osceno, a fronte per esempio dell’oscenità quotidiana e diffusa di
certa pubblicità che invade ogni angolo di strada, tappezza muri e facciate,
utilizzando nel modo più sfacciato e turpe le immagini di corpi femminili
ridotti a merce?...
Sui titoli di coda di Bad Luck Banging or
Loony Porn, Orso d’oro alla Berlinale 2021, Radu Jude ringrazia, tra
molti numi tutelari, anche Siegfried Kracauer. L’influsso di questo filosofo (e
critico cinematografico) tedesco nel cinema di Jude non può essere taciuto:
neanche il regista stesso lo tiene nascosto, al punto che, quando nella seconda
parte del film dedicata alle “definizioni” il termine da definire è “Cinema”, è
proprio una frase di Kracauer (da “Film: Ritorno alla realtà fisica”) a essere
citata, o meglio, incorporata:
“Abbiamo imparato a scuola la storia della Gorgone Medusa
dal volto così orribile, coi denti enormi e la lingua sporgente, che bastava la
sua vista per tramutare in pietre uomini e animali. Quando Atena istigò Perseo
a uccidere il mostro, lo avvertì di non guardarlo mai direttamente in faccia,
ma soltanto riflesso nello scudo lucente ch’ella gli aveva donato. Seguendo il
suo consiglio, Perseo tagliò la testa della Medusa con la falce, datagli da
Ermete. La morale del mito è naturalmente che noi non vediamo, e non possiamo
vedere le cose veramente orride perché la paura ci paralizza e ci rende ciechi;
potremo sapere che aspetto hanno soltanto guardando immagini che ne riproducono
fedelmente l’aspetto. Queste immagini non hanno nulla in comune con le
immaginose raffigurazioni che ci dà l’artista di un terrore non visto, ma
assomigliano al riflesso d’uno specchio. Ora, di tutti i mezzi esistenti, il
cinema soltanto rispecchia veramente la natura. Ecco perché ne dipendiamo per
vedervi riflesse cose che ci trasformerebbero in pietra se mai le incontrassimo
nella vita reale. Lo schermo cinematografico è il lucido scudo di Atena.”
È difficile pensare al cinema di Jude come qualcosa di
diverso dal lucido scudo di Atena grazie al quale cose incomprensibili possono
essere comprese tramite un riflesso che le rappresenta, una mediazione
riflessiva, un passaggio critico. Sempre di Kracauer è il luogo estetico del
cinema come specchio, ma specchio in qualità di oggetto distorcente che può
rappresentare la realtà, già di per sé distorta, solo perché veicolo di una
doppia negazione liberatrice: il mezzo distorcente compromette il disegno
compromesso e indecifrabile del mondo, ottenendo così, da una somma di
oscuramenti, un ritaglio di luce. Questa doppia distorsione è propria
dell’immagine di Jude, che, per quanto sempre molto firmata da un rigido
controllo formale (dalla satira al teatro brechtiano all’uso di materiale
d’archivio), genera meravigliose sensazioni di libertà e ampi spazi di pensiero
e possibilità, aperture di varchi per lo sguardo. Si prenda questo Bad
Luck Banging or Loony Porn, un lavoro dove il processo rappresentativo
della distorsione in cerca di verità è analizzato lungo tutto il suo sviluppo:
prima nascosta nella prima parte sotto immagini “deboli” e spunti narrativi in
continuità con il nostro contatto con il quotidiano – anche pandemico; poi
dichiarata nella seconda in forma di definizioni montate assieme tramite un
bricolage variopinto; infine ripensata nella terza, naturale sintesi di una
dialettica al lavoro per ottenere una rappresentazione in tensione. Emi
(interpretata da Katia Pascariu), una professoressa, gira un filmato porno
amatoriale con il proprio compagno e il video, sottratto al suo controllo,
rimbalza fino ai genitori della scuola dove insegna: la prima parte è il
pedinamento della professoressa lungo il paesaggio urbano della Romania
odierna, la seconda un catalogo di definizioni attinenti alla vicenda, e la
terza l’assurdo processo alle intenzioni della professoressa da parte dei
genitori e della preside della sua scuola. In questi tre momenti Jude scrive un
trattatello sulla funzione distorcente del cinema come specchio documentario
e/o finzionale, tenendo ben presente la forma assunta nel contemporaneo dai
mostruosi tentacoli della Medusa: la trasformazione, raccontata lucidamente
dalla scuola critica francofortese e dagli studi sul postmoderno, del mondo in
un complesso completamente mediatizzato, dominato dal capitale e dal digitale,
in cui le vite sono ormai sostituite dalla loro immagine, che è unità minima di
un mondo autonomo e automatizzato, in una visione che ha fatto slittare
l’essere sull’apparire…
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