lunedì 25 aprile 2022

Lunana: A Yak in the Classroom - Pawo Choyning Dorji

capita che miracolosamente un film che arriva da Lunana, nel Bhutan, arrivi ai premi Oscar, e che arrivi anche nei cinema italiani, addirittura in più di 40 sale.

spegnete i telefonini, tanto non c'è l'elettricità per ricaricare le batterie, e guardate solo il film.

è un film piccolo piccolo che tutto il mondo può capire, come quando il bambino era bambino.

è la storia di un maestro che viene mandato a insegnare a Lunana (non in Sardegna), e scopre che un altro mondo è possibile, più vero, più sincero, più umano, più rispettoso, dove c'è un posto per tutti, dove gli yak ritornano.

chi lo vede capisce che il premio Oscar se lo meritava Lunana, non privatevene, Lunana è un dono all'universo.

buona (yakkesca) visione - Ismaele



 

 

 

 

Affidandosi a pochissimi attori, ma soprattutto alla reale popolazione del villaggio di Lunana (ivi compresi i bambini, che interpretano se stessi) il regista Pawo Choyning Dorji confeziona con Lunana – Il villaggio alla fine del mondo un film piccolo ma tutt’altro che inconsistente, che schiva anche quel rischio di retorica che, con un soggetto del genere, risulta sempre in agguato. Non c’è enfasi, nella descrizione del rapporto tra il protagonista e i suoi piccoli allievi, ma solo una naturalezza che aderisce efficacemente (pur liricizzata dal mezzo) a tempi e modi della vita reale. Una vita reale i cui contorni, tra i monti della catena himalayana, ci vengono restituiti in tutti i rituali, evitando sia le tentazioni puramente documentaristiche – il carattere narrativo del film non è mai in discussione – sia qualsiasi tendenza elegiaca. Il tutto è all’insegna di una spontaneità narrativa e recitativa, e di un’”invisibilità” di un mezzo che tuttavia, proprio laddove riesce a riportare con efficacia il contatto con l’alterità, ribadisce con forza la sua presenza. I paesaggi, utilizzati in modo funzionale e senza strafare dalla regia, fanno il resto, insieme alla presenza di un saggio yak, silenziosa presenza aggiuntiva nella classe: un curioso attore in più per il film, vecchio testimone di un modello di vita di cui il cinema ci ha restituito, con disarmante naturalezza, un significativo frammento.

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Gradualmente il protagonista, e noi con lui, dimentica le sue abitudini per trovarne di nuove. A conquistarlo è l’umanità che incontra, un’attenzione alla sua persona e al suo ruolo di insegnante che probabilmente non ha mai avuto in modo così disinteressato e genuino. Anche i sentimenti sono trattati con molto pudore, come un bene prezioso che non ha bisogno di iperboli per poter essere compreso, ma che necessita di essere riconosciuto. 

Nessun lieto fine come potremmo essere indotti a credere, o, meglio, nessun lieto fine come siamo stati abituati a dover credere che sia un lieto fine. La vicenda non si conclude infatti, ma trova quella connessione karmica tra uomo e natura più volte evocata. Quale punto di arrivo migliore di una consapevolezza in grado di comprendere il valore della esperienza vissuta che diventerà per sempre, ovunque ci si troverà, una parte di sé a cui attingere?

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Lunana non è un luogo di finzione. È effettivamente un villaggio sul tetto del mondo situato lungo la catena dell'Himalaya al confine tra Bhutan e Tibet. Tutti gli abitanti sono stati coinvolti nelle riprese di una storia che potrebbe ad ogni sequenza precipitare nella retorica. Perché i bambini sono tutti simpatici e ubbidienti, perché Ugyen viene attratto dalla fanciulla più carina che ogni giorno si colloca su un'altura per offrire il suo canto all'ambiente che la circonda, perché la povertà del luogo è estrema. Il rischio viene però ampiamente superato grazie ad un elemento che si rivela fondamentale: la sincerità.

Non c'è nulla di artefatto in questo film che merita la candidatura all'Oscar perché evita il documentarismo etnografico pur calandosi con estrema naturalezza in una comunità e in uno spazio che non lasciano margini a dubbi.

A Lunana si vive davvero così e, nonostante la corrente elettrica quasi sempre in blackout e le stufe che prendono vita grazie allo sterco degli yak, la vita è possibile ed ha una qualità specifica che non si può trovare altrove. Senza facili ammiccamenti ma con uno sguardo che sembra essere depurato da qualsiasi volontà dimostrativa la camera si cala in quello spazio.

Per chi conosce il cinema di Khyenste Norbu sarà facile capire che Pawo è stato suo assistente e ne ha assorbito un modo di fare cinema in cui la naturalezza non è pura improvvisazione ma, al contempo, non si lascia sopraffare dalle esigenze delle riprese. Si osservi la presenza di Pen Zam, la piccola capoclasse che vive una vita non facile come quella del suo ruolo nel film. Basta guardarla negli occhi o vederla correre via con i suoi passettini per comprendere che non recita. Vive con semplicità il suo personaggio e vivendolo ce ne trasmette la purezza e la spontaneità.

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El relato enfatiza también en una tradicionalidad atípica en ciudades. Aunado a ello, resalta de manera sutil la amabilidad en tiempos en que predomina la indiferencia. Ugyen comienza a sentir respeto hacia los habitantes y el entorno de Lunana. El yak que acompaña al protagonista muestra atisbes espirituales relacionados con el destino, el descubrimiento espiritual y el linaje.

Con un aborde que irradia carisma y encanto, ahonda en la inevitabilidad de la existencia de las tradiciones y la modernidad en el mundo actual.

Lunana: A Yak in the Classroom maneja una narrativa convencional sobre el autodescubrimiento y las tradiciones. No obstante, es una película carismática y noble que reflexiona sobre la amabilidad y la enseñanza educativa sincera en medio de la adversidad y los ancestros.

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Pawo Choyning Dorji se las ingenia para trasladar lo local hacia lo universal, convirtiendo a los carismáticos habitantes de Lunana en protagonistas incidentales de una ficción-no-ficción amplia como la propia vida: la música, la vocación y los yaks como elemento catártico con el que conectar con la propia tierra adquieren una dimensión amplia pese a la constricción de estilo, y es gracias a esos rostros y ese modo de encuadrarlos, respetuoso y al que se le intuye una admiración sincera, que tiene la capacidad de transformar la simpleza en virtuosismo narrativo, sin medias tintas ni búsquedas subrepticias de mensaje. Lunana: A Yak in the Classroom es una película amable y cristalina, conmovedora y cándida, de inusitada embestida emocional y rodeada de un trasfondo de responsabilidad ecológica y humana de primer orden, de búsqueda de la médula del ser humano. Y eso es algo que nunca acabamos de aprender lo suficiente.

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