la swinging London degli anni '60, quando ancora gli omosessuali finivano in galera.
Diana è una (bellissima) donna libera, che non sa bene il suo posto nel mondo (o forse sì), indecisa spesso, una farfalla in un'eterna primavera, che crede che tutto le sia dovuto.
nel film soffia lo spirito dei tempi, vince tanti premi, anche se non è il miglior Schlesinger.
buona visione, comunque la pensiate - Ismaele
La solitudine e l'insoddisfazione emergono anche da Darling (1965), con Julie
Christie borghese irrequieta e amorale, e sex symbol della swinging London. Il
film, raccontato come un flashback ottenuto attraverso l'espediente di un
documentario sulla vita della modella, sembra, in effetti, un documentario
dell'epoca.
…«Darling» scruta nell’ambizione e
nell’insoddisfazione, nelle apparenze e nel vuoto interiore. Per «Blow Up»,
Antonioni deve averlo studiato a memoria. Diana Scott emerge con la forza del
caso e della necessità: di irresistibile fotogenia, viene scoperta nel corso di
un’intervista fatta sulla strada. Diventa modella, poi attrice, diva,
principessa, e a ogni gradino lascia qualche vittima. Sono anni cruciali per
l’emancipazione della donna, Diana non ha problemi a usare il proprio corpo, la
liberazione sessuale può avvenire anche strumentalizzando varie forme del
potere maschile. C’è pure la scelta dell’aborto, con le lacrime di circostanza.
Amo il Free
Cinema inglese per tanti motivi. Su tutti, le facce degli attori e il
particolare uso del bianco e nero: è un’estetica che sembra sottolineare la
natura fittizia della rappresentazione, nel quadro di un crudo realismo. Spesso
Julie Christie appare spettinata, Diana non è molto istruita, ma possiede il
fiuto “pop” per sfruttare ogni meccanismo di ascesa sociale.
Nessuna
ribellione, anzi. Andare in sposa al vecchio erede di una vecchissima casata –
dopo essersi concessa un’ultima notte con un giovane marinaio – è quanto di più
conformista si possa immaginare: consapevole di essere una bambola da esporre,
Diana si gode il primo piano che campeggia su enormi manifesti, ispirando
invidia in chissà quante donne.
…Diana
has lived an empty dream. She has been selected the "Happiness Girl",
and subsequently has married an Italian prince, and she is the stepmother of
seven children. But at the end of the film, she is totally alone. It is not
clear how we are to take her; the film's ironies are both too neat and too
uncertain. But at least the ending does not play upon sentimentality. Instead
of an emotional parting between Robert and Diana, the film focuses on an old
woman, with a half-belligerent, half-vacant stare, singing "Santa
Lucia" in Piccadilly Circus. It is typical of Schlesinger's fondness for
the social cameo; it has a detached, brittle effect, rather than a maudlin one,
and it is effective.
There are many good things in Darling,
even some brilliant moments. The scene where Diana is sunbathing with several
men, and the timer buzzes, and they all turn over leaving her alone on her
back, is a comment on several levels. Also, the stop-action modeling sequence
is a stunning one.
But although it is cleverly
conceived, the danger of Schlesinger's approach is that everything is so
contrived that the film becomes essentially a tour de force. The characters
become types. Everyone in the party scenes and street scenes is bizarre; and it
all becomes incredible. The viewer begins to stop caring. There is witty line
after witty line, clever shift after clever shift. Every bitter line draws a
guffaw; yet the laughter is unwholesome, because it is excessive. Such
wit, Darling proves, can become tiresome.
…Por
su brillante actuación, que va más allá de la superficie de un personaje por
naturaleza superficial y banal, la magnífica Julie ganó el Oscar de 1965 a la
mejor actriz y demostró, con creces, que era mucho más que una cara celestial.
Pronto seguirían algunas cintas que la coronaron como uno de los íconos más
importantes de la cinematografía de los 60 y 70.
No se dejen engañar por el título. Esta no es una historia de amor y está claro
desde las primeras escenas. Más bien se trata de un estudio frío y brutal, de
la "gente bonita", la que se esfuerza por que todo sea perfecto y de
buen gusto, pero que está atascada en la mengambrea de la hipocrecía y su
propia vanidad. El que la heroína sea una mujer fatua, manipuladora y
finalmente patética, da un cariz totalmente distinto a lo que uno esperaría
fuera una película ordinaria de su momento histórico.
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